La bomba atomica degli Aytollah

Questo articolo vene pubblicato contemporaneamente su Oggi 7 di America Oggi

A fine gennaio l’attacco era stato programmato per il 5 maggio, a un mese dal 45esimo anniversario della ‘Guerra dei sei giorni’. Ma la caduta nei primi di marzo del regime di Assad e la guerra civile scatenata in Siria ed estesa anche in Libano, aveva congelato i piani. Sicuramente l’attacco sarebbe comunque avvenuto prima del voto americano di novembre.
Intanto anche in Egitto la situazione rimaneva caotica, il nuovo governo uscito dal Parlamento eletto democraticamente non riusciva a districarsi dalla tutela dei militari che esercitavano i loro poteri di veto e col pugno di ferro avevano imbavagliato la ‘Primavera araba’. Inoltre il viaggio “segreto” a metà marzo di alti ufficiali egiziani a Mosca, subito dopo la rielezione alla presidenza di Putin, aveva messo in grave allarme Washington che almeno aveva saputo grazie ai servizi israeliani.
In Giordania intanto la crisi dell’ondata di profughi dalla Siria aveva scosso il regno hashemita, ma un intervento del Consiglio di Sicurezza con l’invio di una missione Onu al confine tra i due Paesi aveva salvato il re Abdullah II che restava comunque in bilico.
In Iraq era ormai scontro aperto tra shiiti e sunniti, dal ritiro americano i morti erano giá oltre diecimila e il governo di Nouri Al Maliki si era del tutto consegnato ai protettori di Teheran. Persino in Libia la situazione era tornata bollente, molte città erano ricadute sotto la bandiera verde delle tribù lealiste all’ex regime di Gheddafi mentre arrivavano da Tripoli rapporti su addestratori russi e cinesi nel deserto libico.
Il nervosismo tra i Paesi del Golfo era schizzato più in alto del prezzo del petrolio, ed era vistosa la schizzofrenia dell’Arabia Saudita e degli altri emirati che spingevano per l’attacco e allo stesso tempo erano terrorizzati dalla reazione iraniana scatenata anche contro di loro. In Yemen poi, dopo neanche una settimana dalle elezioni presidenziali del 21 febbraio, una strage kamikaze di Al Qaeda aveva ucciso il neo presidente Abd al-Rab Mansur al-Hadi, facendo riprecipitare il paese nel caos.
Ma ecco che, nella notte del 17 giugno, con il Primo Ministro Bibi Netanyahu e quello della Difesa Ehud Barak, riuniti giá da cinque ore con gli altri membri del cabinet israeliano per la decisione finale, arrivare l’ultimo scioccante rapporto del Mossad: “Confermato: l’Iran ha ricevuto dalla Corea del Nord, via Pakistan…”.

Questi foschi pensieri di pura fantasia così terribili quanto possibili, mi frullavano in testa sabato mattina, dopo che aprendo i siti internet dei due più grandi quotidiani italiani e scendendoli fino in basso, ho notato che non c’era neanche una notizia sul Medio Oriente sempre più incandescente. Anzi, sugli esteri non c’era proprio nulla. Eppure in Siria si spara ancora di più e continuano ad esplodere bombe a Baghdad, ma è come se per l’Italia in questo momento nel mondo non succedesse nulla di così rilevante. Tutti a tenere gli italiani concentrati solo sui patemi della propria crisi economica, come se questi fossero miracolosamente staccati dalle miccie accese a due passi dalla Penisola.
Su via, sul web lo spazio non è così limitato, un titolo e foto visibile su certe notizie sarebbe proprio facile per un grande quotidiano (noto che almeno “La Stampa” di Mario Calabresi sabato mattina, a differenza di “Repubblica” e “Corriere”, aveva in evidenza ampi servizi dal Medio Oriente). Infatti bastava quella stessa mattina andare sui siti dei maggiori quotidiani Usa, ma anche francesi o inglesi, e certe notizie erano in primo piano.
Lo scenario sul futuro possibile dei prossimi sei mesi che avete letto sopra l’ho immaginato mentre scorrevo quelle notizie, e presumo che un conflitto armato che potrebbe scoppiare nei prossimi mesi tra l’Iran e Israele, una guerra che potrebbe tirarsi dentro non solo gli Stati Uniti, potrebbe avere imprevedibili e apocalittici scenari.
Già, tutto quello che potrà accadere entro la fine del 2012 in Medio Oriente ha delle potenzialità molto più devastanti di una seppur gravissima crisi economica. Ma per avere qualche chance che gli scenari più terribili non si avverino, l’opinione pubblica dei Paesi che contano dovrebbe restare informata e dovrebbe conoscere il più possibile delle ragioni (o follie) dei contendenti.
Soprattutto il giorno seguente quello della memoria, riesco meglio a comprendere le ragioni di Israele e cosa la spinge ad impedire a tutti i costi che un regime come quello iraniano, che ha più volte professato la negazione dell’Olocausto e dichiarato che il “sionismo” (leggi Israele) debba essere cancellato dalla faccia della terra, possegga l’arma nucleare.
Sia chiaro: un Paese importante come l’Iran, se continuerà a volerla, quella bomba prima o poi l’avrà. Ma quello che per Israele resta giustamente inaccettabile è che ci possa arrivare con l’attuale regime.
Sembra che oltre agli Usa di Barack Obama, finalmente anche l’Ue di Merkel e Sarkozy (e l’Italia di Monti-Terzi) voglia far sul serio con le sanzioni per l’ultimo tentativo di convincere Teheran a desistere. Ma se quello che dicono certi rapporti, non solo israeliani, dovesse essere confermato, e cioè che il regime degli Aytollah sarebbe ormai a pochi mesi dalle capacità di lanciare la bomba, allora è troppo tardi. Bisognerà tutti quanti informarci e preparci alle conseguenze di quello che potrebbe accadere.

 

 

 

 

Stefano Vaccara

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