La bicicletta di Leonardo, dubbi sulla mostra a piazza Pretoria «La più grande presa in giro». «Una polemica molto stupida»

«La più grande presa in giro su Leonardo da Vinci». Leggenda vuole che sia stato proprio lui, il talento più noto del Rinascimento italiano, ad aver inventato la bicicletta. O almeno ad aver disegnato il suo primo prototipo. E in realtà quello schizzo da più di due secoli è fonte di dibattito. Il modello della bicicletta è esposta anche a palazzo Bonocore, all’interno della mostra su Leonardo intitolata La Ragione dei Sentimenti. Secondo i curatori della mostra «da un disegno di Leonardo nel 1493, nasce l’idea che anticipa la bicicletta moderna». Una ricostruzione che viene smentita da Mario Taddei: storico della scienza e ingegnere industriale, sul genio italiano ha scritto otto libri ed è curatore del museo privato Leonardo 3, a Milano. Come può avvenire un episodio del genere?

«Mettiamola così – dice l’esperto – Io studio Leonardo da Vinci da 25 anni, e quando ero giovane credevo a tutto quello che vedevo nei musei e nelle mostre. Perché si pensa che quella cosa sia stata fatta in modo serio, scientifico. Nessuna persona che ha studiato l’argomento della mostra in questione ha poi gli strumenti per capire se quello che gli stanno propinando è vero o no. Anche io, dunque, per un periodo della mia vita ho creduto alla favola per cui Leonardo ha inventato la bicicletta. Almeno nove mostre su dieci in tutto il mondo diffondono questa storia. La verità però è tutt’altra cosa». 

La contestazione di Taddei viene respinta dal professore Giorgio Cegna, rettore dell’università Pusa di Assisi che ha realizzato le macchine di Leonardo in mostra a piazza Pretoria. Anche lui un esperto dell’artista rinascimentale, anche lui con una manciata di libri scritti sulle sue opere. «Da 200 anni tutti i testi di storia e d’arte attribuiscono a Leonardo il progetto della bicicletta – afferma – Se fosse vero quel che sostiene Taddei dovremmo denunciare tutti gli editori che hanno sostenuto e sostengono questa cosa. Noi non c’entriamo niente. Ma se anche non l’avesse fatta, la bicicletta, noi abbiamo comunque fatto un omaggio a Leonardo, rispettando lo spirito dell’artista. Ci sono molte invenzioni attribuite erroneamente a lui. Si dice ad esempio che ci siano tre Gioconde, tanto per dire».

E mentre il mito della bicicletta di Leonardo si diffonde sempre più, con un merchandising sempre più presente tra magliette e giocattoli, diventa sempre più difficile distinguere tra verità e finzione. Ma come nasce questa leggenda, tra l’altro presa a pretesto dallo scrittore messicano Paco Ignacio Taibo II per uno dei suoi più celebri noir? «A pagina 133 del Codice Atlantico (la più ampia raccolta di disegni e scritti di Leonardo da Vinci, custodita presso la biblioteca ambrosiana di Milano, ndr) c’è un classico suo disegno che riguarda una questione di architettura – spiega Taddei – Se si gira questo foglio ci sono dei disegni strani, a scopo sessuale. Io ho effettuato un restauro digitale per mettere insieme in modo corretto, filologicamente parlando, i vari disegni. Così da poterli confrontare. Questo lavoro multimediale, in alta definizione, è in mostra a Milano presso il museo Leonardo3 in piazza Scala e dunque si può vedere con i propri occhi. Guardando nella sua interezza il foglio si capisce benissimo che l’immagine del presunto prototipo di bicicletta non è nello stile di Leonardo, non è assolutamente un suo disegno».

E allora chi avrebbe realizzato ciò? «Gli allievi di Leonardo – sostiene Taddei – che si sono divertiti a copiare il suo stile, facendo anche disegni sconci così come farebbe qualsiasi bambino. La cosa più interessante è che il foglio fu lasciato vuoto dallo stesso Leonardo, non ci sono i suoi abituali segni. Nell’Ottocento i manoscritti vengono rimaneggiati, rubati, strappati e un sacco di persone cominciano a farci degli schizzi sopra. Uno degli studiosi più famosi del maestro fiorentino, Carlo Pedretti, afferma che fu un certo Canestrini a effettuare il disegno della bicicletta. E comunque, ripeto, basta confrontare questo schizzo con quelli di Leonardo per capire che non sono della stessa mano. La bicicletta di Leonardo è la più grande presa in giro su di lui, aggiunta 300 anni dopo. Nato come uno scherzo e poi purtroppo esposto come modello».

Lo scontro tra i due esperti, intanto, continua. «Si tratta di una polemica molto stupida, nata in una città di cultura come Palermo, alla quale però rispondo con il sorriso – dice Cegna – Se molta pubblicistica su Leonardo fosse errata, allora perché dovremmo credere a Taddei, che non ha neanche i titoli? D’altra parte il genio di Leonardo, che ha copiato tanto come tutti, è una grande invenzione risalente all’epoca fascista. Così come il pugile Primo Carnera, ad esempio. Perché serviva a vendere l’italianità. La bicicletta comunque raccoglie i principi che sono anche di Leonardo». Osservazioni alle quali l’ingegnere milanese si mostra pronto a ribattere. 

«Invece di andare a studiare dagli originali, dunque in questo caso dallo stesso Leonardo da Vinci, o  chiamare uno studioso (che costa e ha i suoi tempi), si preferisce copiare – afferma Taddei – Nel copiare mostre di altri si copiano anche gli errori. L’esempio della bicicletta è quello estremo. Secondo me, se in un museo si vede esposta questo prototipo si dovrebbero chiedere indietro i soldi del biglietto». E c’è un’altra complicazione, a livello tecnico. «Ci sono alcuni musei che, dopo aver speso soldi, non solo mantengono la storiella della bicicletta di Leonardo ma ne hanno inventata un’altra per dare forza alla prima. Questa ulteriore balla riguarda la catena della bicicletta. Sono stati tirati fuori degli altri disegni di Leonardo, che vengono dal Codice Madrid1. Si tratta sì di catene, ma girate di 90 gradi rispetto all’originale. Praticamente quella che era una catenaria che serviva a Leonardo per far muovere una pompa sott’acqua, in verticale, è diventata una catena di bicicletta. Tutto ciò l’ho dimostrato più volte con documenti alla mano». Come se il genio di Leonardo da Vinci avesse bisogno dell’invenzione della bicicletta per poter essere ulteriormente apprezzato. «Così come la bicicletta – conclude Taddei – la gente non si rende conto di quante bufale e falsità gli vengono raccontate ogni giorno da chi vuole fare i soldi. Così si fa invece un enorme danno alla storia e alla scienza. Perché in questo modo tante generazioni di ragazzi crederanno a determinate bugie, e si dovrà fare molta fatica per convincerli del contrario. Ognuno si inventa una cosa e la fa diventare verità». 

Andrea Turco

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