La bici salverà il mondo (e noi stessi)

Provate a fermarvi a un semaforo rosso. Arrivano auto, moto; poi arriva anche un ciclista. Provate a osservare la frenesia del motociclista che è pronto a dare gas in attesa del verde. Provate a osservare il gesticolare delle mani dell’automobilista che smanetta sul telefonino per ingannare l’attesa prima che si illumini il verde. Poi soffermatevi a osservare il sorriso rilassato e l’espressione da bambino divertito che il ciclista lascia trasparire nel pertugio tra caschetto e occhiali, mentre appoggia il piede destro giù dal pedale sull’asfalto e sorseggia acqua dalla sua borraccia.

Ecco, questa è l’immagine da cui vorrei partire per raccontarci quanto fa stare bene praticare attività motoria, quanto le endorfine che produci pedalando (ma lo stesso possiamo dirlo per chi corre a piedi o gioca a pallone) ti rendano migliore: più ottimista, voglioso di fare, propositivo. Con un vantaggio per la bicicletta, che le fa staccare di diverse lunghezze gli altri sport: la puoi usare come mezzo di trasporto anche per andare a lavoro, anche quando il tuo posto in ufficio non è esattamente dietro la porta di casa, anche quando il traffico ingolfa il centro storico della città e per andare dall’altra parte, nella periferia est, devi transitare sul lungomare azzurro e soleggiato, percorrendo la pista ciclabile mentre superi colonne di auto ferme a quel famoso semaforo di prima. Il tutto con un impatto pari a zero sul costo del tuo carburante, sull’impatto nell’emissione di gas di scarico, di rumori di disturbo alla quiete pubblica.

La bicicletta sa rendere il nostro mondo migliore e, se guardiamo bene alla nostra realtà quotidiana, addirittura anche il lockdown ha saputo portare qualcosa di positivo, perché nel tanto disagio che ha creato e sta creando in tutti noi il maledetto Covid, lo stare per lungo tempo a casa ci ha prima avvicinati a una dimensione diversa e naturale dell’approccio di ognuno con il tempo, lo spazio, il piacere di prendersi un po’ di tempo in più per sé stessi ma poi soprattutto, dal 4 maggio, la grande voglia di tornare fuori all’aria aperta per respirare a pieni polmoni la natura, l’aria pulita e farlo in piena sicurezza senza contatto fisico. Da qui poi anche l’esigenza di trovare una via alternativa per raggiungere il lavoro senza ingolfare i mezzi di trasporto e via di questo passo, anche grazie all’incentivo governativo bici-bonus, le biciclette hanno invaso le nostre città.

Quindi tutto bello? Non esattamente. Perché noi ciclisti, insieme ai pedoni utenti più deboli della strada, abbiamo bisogno di più sicurezza. Le statistiche di ciclisti morti in strada (senza annoiarvi coi numeri) negli ultimi mesi purtroppo non si sono ridotte, anzi. Questo semplicemente perché, se aumentano gli utenti e l’atteggiamento delle auto lungo le strade, le normative che ne regolano la circolazione non mutano, non si adeguano, e pedalare nelle nostre strade diventa sempre più pericoloso.

E il pericolo maggiore è la distrazione di chi in auto riduce i propri livelli di attenzione alla guida perdendo la concentrazione necessaria nel momento in cui risponde a un messaggino, controlla una notifica social o formula un numero di telefono sul proprio smartphone: sappiamo bene, ognuno di noi, di cosa stiamo parlando. E in quel momento la mole imponente di un tir sa ancora richiamare l’attenzione subitanea del guidatore, non altrettanto (purtroppo) quella minuta del ciclista felice a bordo strada.

Magari prossimamente ci potremo dedicare a ragionare insieme sui rimedi passivi che il ciclista può proporre alla comunità, dall’implementazione dei chilometri delle piste ciclabili all’utilizzo di dispositivi di sicurezza nelle auto, alla decisiva promulgazione della legge sul rispetto della distanza del metro e mezzo tra automobilista e pedone-ciclista sulle strade. Ma partiamo anzitutto dai rimedi attivi, quelli che già da domani mattina, subito dopo avere letto questo articolo, potremo noi per primi prendere in considerazione.

Il ciclista sicuro pedala con una divisa dipinta di colori sgargianti, non indossa colori scuri o grigi, simili a quelli dell’asfalto: in città è utilissimo anche mettersi indosso il gilet arancione o giallo che il codice della strada prevede per gli automobilisti in panne. Il ciclista più sicuro indossa sempre un caschetto: nei negozi di articoli sportivi ne trovate di omologati anche al costo di poche decine di euro. Il ciclista smart addobba la propria bici anche con le luci di posizione, come fosse un albero di natale: da ex ciclista professionista e utente della strada in bici da quasi quarant’anni, mai avrei pensato col tempo di dovermi rendere visibile, per richiamare l’attenzione degli automobilisti telefonici con luci al led, ricaricabili e semplici da montare: ma costano pochi euro e col traffico di oggi salvano la vita.

Non spaventatevi, torniamo a sorridere, la bici è comunque sempre bella e, fidatevi, salverà il mondo.

Paolo Alberati, perugino di nascita e siciliano per scelta di cuore, è un ex ciclista professionista, oggi procuratore di atleti professionisti e dilettanti. La sua ultima scoperta? Il vincitore del Tour de France 2019 Egan Bernal. Quando non è in bici, scrive.

Paolo Alberati

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