Capita spesso, sentendo e leggendo pareri e opinioni, di pensare che l’autore di turno parli per sentito dire. A volte sembra quasi una moda di questi tempi, e pretendere spiegazioni o chiarimenti diventa una sconvenienza, una maleducazione. Queste considerazioni e l’effetto negativo che hanno avuto su di me hanno sicuramente avuto un ruolo importante nella decisione di iniziare a scrivere qualcosa sulla mobilità nelle nostre città in una maniera diversa dal solito.
Un passo indietro: in tanti si ritrovano a parlare, con amici e conoscenti, di traffico, di autobus che non passano e della ricerca del posto auto perduto; uno di questi “discorsi a perdere” con amici di opinioni assai divergenti mi ha fatto venire voglia di scrivere come la penso sull’argomento; da lì in poi il problema è stato, come sempre, saperne un po’ di più.
E allora decidere di mettersi a scrivere solitamente equivale ad espletare una serie di operazioni preliminari, ovvero sedersi al computer e leggere, leggere tutto quello che si riesce a trovare sull’argomento in questione, guardando foto, a volte filmati, a volte addirittura grafici a torta. È il bello della rete.
Questa volta invece no. Sono bastati l’invito di un’amica, e, perché negarlo, un po’ di sole, e mi sono ritrovata in strada con una bici, sorpresa più di me del fatto che mi fossi ricordata di lei. E via. Quale modo migliore di farsi un’idea sulla bici come mezzo di spostamento oltre che di svago se non andarci a fare un giro? Cominciamo a vederlo da vicino questo traffico – quella che sbuffa cambiando stazione all’autoradio, quello che attraversa la strada con l’occhio al semaforo – ferma in sella tra i motorini.
Destinazione Teatro di Tor Bella Monaca (Roma), partendo dalla casa/base. Che c’è di strano?, direte voi. Seguitemi bene perché la prima notizia è questa: che ci ho messo molto meno di quanto pensassi, un’ora e un quarto ad andare e, stranamente, un ora e un quarto a tornare, senza ‘correre’ assolutamente, con un andatura più che blanda, vista anche la temperatura; fermandomi lì un oretta a vedere i quadri molto belli di Jessica (la mia amica). L’altra cosa, la seconda, forse ancora più interessante, soprattutto per chi non conosce bene Roma (e devo ammettere che neanch’io sapevo dove fosse Tor Bella Monaca oggi alle 12), è che casa (vicino la stazione Balduina, lungo la linea ferroviaria regionale che va a Viterbo) si trova a nord ovest rispetto al centro della città, a poco più di 17 chilometri dal Teatro in questione, che sta nella periferia orientale della capitale. Diciassette chilometri, e in linea d’aria.
Ma, la vera cosa interessante, il dato essenziale del problema, alla fine qual è? È che io non sono una ciclista, assolutamente. Non ho fisico o resistenza o muscoli particolari, passo il tempo al computer, tanto per capirci. E l’avere attraversato la città, così, da un giorno all’altro, senza avere cominciato con il giro del palazzo, poi del quartiere, allontanandomi piano piano, non mi ha causato sudorazioni incontenibili durante né indicibili dolori muscolari dopo. Non male come quadro generale, direi che l’esperimento si possa considerare tutt’altro che inutile, da un certo punto di vista riuscito.
Questo non significa che tutti debbano comprarsi la bici e fare 40 chilometri al giorno, assolutamente. L’episodio dimostra solamente che il modo migliore, per tutti, di girare in qualsiasi città, è la bicicletta.
Fine. Non replicate. Ci ho pensato bene. Non c’è niente da replicare.
Cercate solo di farlo capire e provare a tutti.
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