I furti in villa su cui gli inquirenti ritengono di avere robusti elementi di prova sono due, realizzati ad Acireale e Viagrande poche settimane fa. Ma il sospetto è che la banda di catanesi tratta in arresto nella mattina di oggi si fosse resa protagonista di altre incursioni in zone isolate o comunque poco abitate della provincia. L’ordinanza di misura cautelare in carcere emessa dalla gip Giuliana Sammartino ha colpito Giuseppe Di Stefano, 35 anni, Antonino Pino, 26 anni, Salvatore Faro, 25 anni, e Davide Leanza, 40 anni. Per Umberto Minnella, 21 anni, sono invece stati disposti gli arresti domiciliari. Sono indagati per furto pluriaggravato, ricettazione e possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli. Hanno precedenti penali per reati contro il patrimonio. Nessuno di loro, secondo il dirigente del commissariato di Acireale Giovanni Marziano, sarebbe legato a organizzazioni criminali. Sono residenti nella zona di Cibali-Nesima, a quanto pare ognuno a poca distanza dall’altro.
La cronaca dell’operazione ribattezzata Flash è, per l’appunto, piuttosto veloce, come l’indagine su cui si fonda. I cinque erano stati denunciati dalla polizia acese lo scorso 1 aprile. Pochi giorni prima, il 28 marzo, un furto in villa era stato consumato in una zona tranquilla e appartata di Acireale, la frazione di Guardia Mangano. In quell’occasione erano stati rubati oggetti per migliaia di euro, tra cui orologi costosi, gioielli e giubbotti di marca. Nelle immagini di sorveglianza restano impressi cinque uomini a volto coperto che in un primo momento, forse per il timore di essere scoperti, abbozzano una fuga. Poi rientrano e portano via la refurtiva. La scarsa utilità delle riprese video convince gli agenti a intensificare il pattugliamento di quel quartiere, con uomini in borghese.
Ed è proprio qui che l’uno aprile, intorno alle 19, una volante intercetta e ferma una Mercedes presa a noleggio, con sopra cinque pregiudicati catanesi. Sull’auto vengono anche ritrovati, nascosti sotto i sedili anteriori, cappucci e guanti di colore nero, assieme a un cacciavite. Elementi che suggeriscono agli agenti di effettuare anche perquisizioni domiciliari. Negli appartamenti vengono infine recuperati la refurtiva del colpo di Acireale e alcuni computer che erano stati rubati a febbraio, nel corso di un altro furto perpetrato a Viagrande. Materiale d’indagine che, in tempi particolarmente brevi, è stato accolto dal pm Fabio Regolo. L’ordinanza del tribunale è del 15 aprile, ed è stata eseguita oggi dalla polizia. I cinque sono stati raggiunti a casa o nelle vicinanze. Alcuni di loro indossavano gli stessi abiti con i quali erano stati filmati il 28 marzo.
Adesso gli approfondimenti degli inquirenti si concentrano sulla possibilità che la banda, che Marziano ha definito «ben organizzata», avesse commesso altre azioni predatorie di questo tipo. La polizia sta vagliando le refurtive di casi simili per capire se esista un collegamento con i cinque, che infatti sono indagati anche per ricettazione. Nei loro appartamenti, secondo Marziano, sono stati ritrovati soltanto oggetti collegati ai due raid di Acireale e Viagrande, ma non è escluso che altri fossero stati rivenduti in precedenza. In questo senso si rivelerà fondamentale l’analisi dei contenuti dei telefoni cellulari.
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