La ballata di Leoluca Orlando

Battute. Sorrisi. Precisazioni. Sottolineature. Fughe in avanti e ritirate. Sì, è lui: è tornato Leoluca Orlando, l’eterno ‘Rieccolo’ della politica palermitana. Per sferrarre attacchi agli avversari (a cominciare dal presidente della Regione, Raffaele Lombardo, che Luca ha strapazzato abbondantemente). Ma anche, anzi soprattutto per annunciare la sua probabile – non sappiamo più se la terza o la quarta – campagna elettorale per l’elezione a sindaco. Si candiderà per davvero? Sì e no. La sua candidatura, insomma, è a ‘trasi e nesci’, in perfetto stile democristiano (di razza comunque).

Di sicuro c’è che Italia dei Valori ha abbandonato il ‘tavolo’ delle primarie. Da qui la conferenza stampa di ieri, naturalmente a Palermo. Per dire, quasi a mettere la mani avanti, che non sono stati certo i dipietristi siciliani a rompere il ‘tavolo’ dove Pd, Sel, Verdi, comitati Palermo più, Palermo è Ora, Arci, Un’Altra Storia di Rita Borsellino e, naturalmente, Italia dei Valori hanno tentato un’impossibile quadratura del cerchio.
Alla fine, tira di qua, tira di là, – l’ammette lo stesso Orlando – il ‘tavolo’ si è rotto. “Da solo”, chiosa Leoluca. Ma c’è chi giura che dietro la rottura ci possa essere stata una seduta spiritica promossa dai nuovi ‘medium’ del Pd, ovvero Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia, capaci di evocare in ogni momento e in ogni dove il fantasma del terzo polo. Ma come in un celebre racconto di Oscar Wilde – e scusateci se lo citiamo sempre, ma quando si parla delle incongruenze della sinistra di Palermo la sua ironia calza a pennello – lungi dal terrorizzare i presenti, il fantasma del terzo polo fa un po’ ridere, se non altro perché nessuno, a quanto pare, teme la sua ‘strabiliante’ forza elettorale in città (in effetti, qualche sigla di questa formazione neocentrista panormita è già protetta dagli ambientalisti perché in possibile estinzione…).
E oltre le battute? Un “no” secco al terzo polo perché alleato, per lunghi anni, di Diego Cammarata, il sindaco di Palermo in uscita che, tra una partita a tennis e una gita in barca (negli ultimi tempi, dopo i noti eventi, da solo, senza il ‘mozzo’), di bordelli amministrativi, a Palermo, ne ha davvero combinati tanti. Come dare torto a Orlando?
Poi, però, anche i dipietristi hanno le loro piccole o grandi incongruenze (più grandi che piccole, in questo caso). Come la sceneggiata sul Piano regolatore del porto di Palermo che la scorsa settimana, in una seduta notturna, è stato votato e approvato dal consiglio comunale. Con i voti favorevoli – udite! udite! – di Pdl, Pd, terzo polo e Italia dei Valori.
Ma come: il ‘tavolo’ delle primarie salta per il ‘no’ di tanti al terzo polo (e non soltanto della Borsellino e dei dipietristi di Orlando) e poi gli stessi partiti che si dividono sui ‘grandi valori’ si ritrovano insieme nei ‘grandi affari’? C’è sempre qualcosa di grande, a Palermo, quando il voto si intreccia con il potere ed il denaro. Grandi aree cittadine sulle quali gestire chissà quali operazioni. Grandi interessi (per ora celati). Grandi progetti. Grandi appalti. E grandi ‘sacerdoti’ degli affari a nove zeri. Come il re dei due mari – il mare di Palermo e il mare di Termini Imerese – al secolo Nino Bevilacqua, ingegnere tutto-appalti-tutto-io-tutto-mio, l’uomo dei mille misteri che non si incontra nelle ‘Vite dei Santi’, ma negli affari – ‘grandi’ anche questi – di Gianfranco Miccichè.
Che gli uomini del Pd siano infilati nei giochi a nove zeri del presidente dell’Autorità portuale di Palermo e Termini Imerese, beh, non è certo una novità, se è vero che Miccichè, Lumia e Bevilacqua, ormai da qualche anno, sono la vera ‘trinità appaltizia’ della Sicilia, dai porti alle strade alle autostrade (e, adesso, anche lungo i sentieri che portano dritti dritti ai 400 milioni e rotti di euro da gestire per il ‘rilancio’ dell’automobile a Termini Imerese, un grande affare da ‘metabolizzare’ con il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, e con Dr Motors, gruppo che in Molise non ha certo brillato: anzi).
Passi per la presenza della premiata ditta Cracolici & Lumia, ma che in queste ‘operazioni’ si infilino pure i dipietristi… Ragazzi, la cosa stupisce assai! Che dice Orlando di questa incongruenza? L’uomo è abile (non sarebbe sulla breccia dal 1985 se non lo fosse). Conosce il diritto, il rovescio e la raffinata arte dei sofisti. Così, con il piglio di Socrate nelle ‘Nuvole’ di Aristofane, ci spiega che il consiglio comunale si pronuncia sui confini dell’area portuale, mentre la pianificazione spetta all’autorità portuale. Qui il discorso si complica (e ti pareva!).
Il decreto ministeriale dal quale prende le mosse il Piano regolatore del porto di Palermo avrebbe origine da una delibera approvata dal consiglio comunale. Se non si dovesse trovare questa delibera i consiglieri comunali che – mischini! – hanno votato a favore di Bevilacqua, pardon, a favore del Piano regolatore del porto sarebbero stati raggirati. Se le cose dovessero stare così, promette Orlando, ci saranno risvolti penali. Sarà.
Noi intanto abbiamo scoperto che i consiglieri comunali di Palermo che hanno votato sì al Piano regolatore del porto sarebbero stati presi in giro su una delle operazioni economiche e immobiliari più grosse degli ultimi vent’anni… La cosa, ovviamente, non ci convince. Per niente.

E per il resto? Qualche battuta su Fabrizio Ferrandelli, reo di averli mandati tutti a quel paese e di avere annunciato la sua candidatura a sindaco di Palermo, peraltro proprio nelle file di Italia dei Valori. O su Davide Faraone, l’uomo del sindaco di Firenze, Matteo Renzi, colpevole d’essersi stancato di Cracolici, di Lumia e del segretario del Pd siciliano, Sergio D’Antoni, pardon, Giuseppe Lupo (il fatto è che tutti, spesso, abbiamo la sensazione che Lupo sia una matrioska con dentro Sergio D’Antoni: da qui la confusione…).
Seduti accanto a lui (dove ‘lui’, ovviamente, è Orlando) – quasi quasi ce ne stavamo dimenticando – ci sono i vertici di Italia dei Valori in Sicilia: il senatore Fabio Giambrone, il portavoce Pippo Russo, il responsabile del partito a Palermo, Fausto Torta. Così, dopo aver riscaldato l’ambiente, ecco qualche fiondata al presidente della Regione Lombardo. “Che – dice Orlando – incontra i mafiosi senza saperlo”. Con o senza auto sportive che poi non si trovano? Boh. Quindi una disquisizione sul reato di voto di scambio ‘schitto’ (semplice) e ‘condito’ con la mafia (articolo 416 ter del Codice penale). Un tiro a doppio bersaglio, insomma: a Lombardo, ma anche agli antimafiosi “puri e duri”, i soliti Cracolici & Lumia (è vero che ai due la e commerciale si addice di più della e semplice? secondo noi, sì) che ormai formano, con Lombardo, un ‘triangolo’ fisso (chissà, magari i tre potrebbero aggiornate la celebre canzone di Renato Zero: dal “triangolo no” al “triangolo sì, l’avevamo considerato” dove nella strofa, pensate che combinazione, c’è persino la parola “reato”…).
Segue l’annuncio di una grande assise il 20 e il 21 gennaio per decidere chissà quali ‘immancabili destini’. Quindi qualche ‘allisciata’ ‘pelosa’ a Rita Borsellino, sempre con il solito stile retorico: della serie, “Non mi vergognerei di avere Rita come sindaco, così come Rita non si vergognerebbe di avere sindaco me” (l’avrà già interpellata in proposito?).

E poi? E poi la sensazione che tutta questa sia una manfrina messa in piedi dai ‘capi’ dei partiti che hanno approvato il Piano Bevilacqua, pardon, il Piano regolatore del porto di Palermo (ma c’è differenza tra le due cose?) per cercare di bloccare la candidatura di Rita Borsellino, evidentemente distonica verso i grandi affari-portuali. E’ una sensazione, naturalmente. Sgradevole. Speriamo di sbagliarci.

Giulio Ambrosetti

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