La storia della cementeria di Isola delle Femmine e dei lunghi iter per ottenere le autorizzazioni ambientali riparte nel pieno di una pandemia. A distanza di sei anni dalla scadenza dell’ultima, discussa Aia, si terrà questa mattina – rigorosamente tramite Skype – la prima riunione della Conferenza dei servizi convocata per esaminare l’istanza presentata dalla Italcementi, il colosso bergamasco che da 63 anni opera nel Palermitano. Una presenza che, a metà anni Duemila, portò a una serie di frizioni quando dalla Regione partì una diffida nei confronti della società dopo che nello stabilimento arrivarono i carabinieri appurando, tra le altre cose, l’utilizzo del petcoke. Scarto derivante dalla lavorazione del petrolio e mai dichiarato dall’impresa.
Da quel momento seguì un lungo confronto che, nel 2008, con Gianfranco Cannova responsabile del procedimento, portò al rilascio di un’autorizzazione integrata ambientale condizionata dal rispetto di alcune prescrizioni. Interventi che Italcementi era chiamata a effettuare nell’arco dei due anni, ma che – specialmente a detta del comitato Isola Pulita, che da vent’anni denuncia i rischi ambientali connessi a un’attività industriale che si svolge a ridosso del centro abitato – non sarebbero mai stati realmente effettuati. Nonostante ciò, l’Aia è rimasta in vigore fino al 2014, ovvero l’anno della sua naturale scadenza. Da allora, l’impianto ha proseguito nelle attività di fatto senza avere l’autorizzazione prevista dalla normativa, anche se il carteggio tra Regione e Italcementi non si è mai interrotto.
Di esso si trova traccia nelle oltre quaranta pagine di parere rilasciato dalla commissione tecnico-specialistica dell’assessorato Territorio e Ambiente, presieduta da Aurelio Angelini. Il documento, che sarà la base di partenza della riunione di oggi, contiene una serie di osservazioni da cui si evince che allo stato attuale l’istanza di Italcementi è carente degli elementi necessari per potere consentire un esame approfondito. «Dalla documentazione in possesso non è possibile accertare il rispetto e i tempi di adempimento delle prescrizioni», scrive la commissione richiamando i contenuti del decreto con cui la Regione rilasciò l’Aia 12 anni fa. A mancare, inoltre, è anche la documentazione relativa a una nuova autorizzazione che Italcementi dovrebbe ottenere per potere continuare a usare la cava di Pian dell’Aia, la cui ultima proroga scadrebbe a marzo dell’anno prossimo.
Tra i rilievi che saranno al centro della riunione ci sono anche quelli riguardante l’assenza di riferimenti nella documentazione presentata della «potenziale incidenza generabile sui siti della Rete Natura 2000 prossimi al cantiere e alle vie di comunicazione e trasporto», ma anche dell’autorizzazione paesaggistica di competenza della Soprintendenza, nonostante la stessa Italcementi in passato aveva annunciato che la relativa istanza sarebbe stata presentata entro maggio 2016. Infine, la commissione fa notare che i limiti proposti dall’impresa per i fattori inquinanti superano i limiti indicati dal Piano regionale di tutela della qualità dell’aria.
Sul tema dell’inquinamento atmosferico, negli anni scorsi era stato disposto l’acquisto di due centraline da affidare all’Arpa. Il progetto però registrò alcuni rallentamenti nella fase di installazione e avvio. Nel 2015 l’agenzia regionale per l’ambiente comunicava alla Regione che nell’attesa della stipula di una convenzione con l’impresa, la gestione delle due centraline era stata affidata alla stessa Italcementi. Alla quale spettava controllare se stessa.
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