Istituite le ferrovie turistiche, quattro su 18 in Sicilia Sogno di farne greenway ma nessun fondo stanziato

La legge sull’istituzione delle ferrovie turistiche, votata martedì all’unanimità dalla Camera dei deputati, rischia di rimanere un contenitore vuoto. Il testo fissa delle norme basilari che riguardano l’infrastruttura, i mezzi e le modalità di accesso e valorizzazione dei centri attraversati dalle linee ferrate di rilevanza storica. Non si parla, dunque, di fondi: al momento lo Stato non ha, infatti, previsto nessuna copertura finanziaria per le regioni intenzionate a valorizzare le proprie linee in disuso o in corso di dismissione che attraversano aree di particolare pregio naturalistico o archeologico.

«Attualmente – spiega il deputato del Movimento 5 stelle Diego De Lorenzis, membro della commissione Trasporti alla Camera – è stato colmato un vuoto normativo. Se le singole regioni non hanno già previsto investimenti per la riqualificazione delle linee turistiche, lo Stato può fare poco o nulla. Non ci sono fondi a sufficienza e un nostro emendamento, che introduceva una voce di finanziamento di oltre 2,5 miliardi di euro per la Mobilità sostenibile, è stato bocciato. Abbiamo votato favorevolmente la legge, ma è soltanto un punto di partenza».

E di finanziamenti la Sicilia ne avrebbe davvero bisogno. Delle 18 ferrovie turistiche presenti in Italia, quattro si trovano nell’Isola. Si tratta della Noto-Pachino, Alcantara-Randazzo, Castelvetrano-Porto Empedocle e Agrigento Bassa-Porto Empedocle. Di queste, solo le ultime due sono state finora in parte recuperate, seppur per finalità diverse. La Agrigento-Porto Empedocle è periodicamente percorsa dai treni storici al servizio dei turisti, organizzati dalla Fondazione FS. Il tratto della Castelvetrano-Porto Empedocle che unisce Portopalo di Menfi a Menfi è stato invece convertito in greenway.

Al momento soltanto le Regioni più virtuose ed economicamente solide possono permettersi di mettere in cantiere progetti di recupero delle linee dismesse. Diverso è il caso della Sicilia che ha finora firmato il primo contratto di servizio con Trenitalia di durata biennale, ritenuto propedeutico per quello decennale che dovrebbe partire quest’anno e concludersi nel 2026. E dal dipartimento Trasporti, vista la penuria di risorse, l’ipotesi di investire sulle ferrovie turistiche è vista ancora con scetticismo.

Restano comunque alla finestra le associazioni di categoria, da anni sul campo per tutelare e promuovere l’utilizzo del treno in Sicilia. Giovanni Russo, presidente di Ferrovie Siciliane, accende i riflettori sulle condizioni della linea Alcantara-Randazzo, chiusa nel 1995. «La tratta – spiega Russo – si trova giustamente nell’elenco delle ferrovie di interesse storico e turistico. Attraversa, infatti, il Parco dell’Alcantara e costituisce un collegamento alternativo tra Taormina e l’Etna. Tuttavia servirebbero diversi milioni di euro per poterla recuperare. Sarebbe necessario sostituire i binari, ristrutturare i fabbricati e ripulire il percorso dalla folta vegetazione. In termini di sicurezza, una linea turistica deve comunque adeguarsi ai rigidi protocolli previsti per le ferrovie tradizionali ad uso commerciale e ciò potrebbe rappresentare un ostacolo».

Discorso analogo per la Noto-Pachino dismessa nel lontano 1986. In alcuni tratti della linea, nota come Ferrovia del Vino, i binari sono stati coperti dall’asfalto e la maggioranza degli edifici, che una volta fungevano da stazione, sono ormai dei ruderi. Nel 2015 l’amministrazione comunale di Pachino ha ottenuto la concessione in comodato d’uso dell’intera tratta che, secondo gli intenti della politica locale, dovrebbe essere riconvertita in greenway

Andrea Castorina

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