Irsap, immobilismo e fallimento della politica industriale: l’esempio dell’Ennese

AFFOGATO DA POLEMICHE E INCIUCI, L’ENTE PUBBLICO NON ECONOMICO E’ L’ESEMPIO DELL’INDUSTRIA CHE IN SICILIA NON C’E’. E CHE, QUANDO C’E’ NON VIENE SOSTENUTA. IL SOGNO “DITTAINO” E IL POLO TESSILE DI VALGUARNERA POLVERIZZATI DALL’INCAPACITA’ DEL GOVERNO CROCETTA/CONFINDUSTRIA

A quasi due anni dalla nascita, fermo al palo l’Istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive (Irsap) in Sicilia. L’impulso che avrebbe dovuto dare il Governo regionale attraverso l’assessore alle attività produttive, Linda Vancheri, non si è visto, ed è quasi assente nelle previsioni per il 2014 oggetto di discussione in Assemblea regionale siciliana, in questi giorni in occasione dell’approvazione della legge di stabilità. E pensare che proprio la Vancheri è la punta avanzata del sistema confindustriale siciliano ed è a capo della delega di governo che promuove, indirizza e vigila sulle iniziative industriali e produttive, attraverso il controllo sull’Istituto. Ente pubblico non economico, l’Irsap, è stato costituito con legge regionale 12 gennaio 2012, n.8, sulle macerie dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale (Asi), regolate dalla legge regionale 4 gennaio 1984, n.1.
L’industria in Sicilia, quel poco che è rimasto, è destinata a morire, quindi. Al Governo regionale, impegnato nella politica dei tagli e del rigore, non interessa con ogni probabilità il rilancio della politica industriale siciliana. E quel che è peggio l’esecutivo Crocetta si mostra incapace di difendere quel poco di insediamenti industriali che ancora oggi resistono in maniera epica.
Allo stato attuale la politica industriale del Governo Crocetta a sostegno delle imprese e dei territori, è assente, dicevamo. Tutto è fermo, mentre il compito dell’Irsap avrebbe dovuto essere quello di rappresentare il motore dello sviluppo industriale.
L’istituto, nelle mani di Confindustria Sicilia, attraverso l’assessore Vancheri e Alfonso Cicero, avrebbe dovuto rappresentare il trampolino per il rilancio di queste aree, con un sistema di strumenti ed incentivi necessari per cercare di renderle appetibili agli imprenditori italiani e stranieri. Quale politica di sostegno è stata attuata in dodici mesi da Crocetta & C. per aiutare le imprese che si sono insediate da tempo a crescere nella produzione? Per sostenere le imprese che hanno manifestato interesse ad insediarsi nel territorio senza costi eccessivi, quali strumenti l’assessore Vancheri ha messo in campo per accompagnarli nella politica di sviluppo produttivo?
Di tutto questo non si è fatto niente, eppure le associazioni datoriali degli industriali sono in prima fila nel criticare questa o quell’attività pur di ritagliarsi un ruolo di visibilità. Emblematico l’esempio della Formazione professionale dove i vertici industriali siciliani e romani più volte hanno manifestato insofferenza sulle modalità di spesa delle risorse comunitarie per sostenere l’erogazione della formazione professionale in Sicilia.
Nel luglio scorso il presidente degli industriali siciliani, Antonello Montante, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano online, ha dichiarato con schiettezza che il sistema della formazione va riformato con urgenza. Lo stesso ha proposto “di utilizzare una minima parte dei 300 milioni di euro che ogni anno si spendono per consentire ai giovani di studiare e di formarsi all’estero. Un sistema già usato in varie parti del mondo con l’obbligo di farli rientrare in Sicilia”.
Una visione, quella di Montante, che però cozza con l’emergenza industriale. In Sicilia le industrie chiudono, i giovani laureati e super istruiti all’estero tornando a casa cosa dovrebbero fare in assenza di imprese? Forse dovrebbero fare i docenti ai corsi di formazione organizzati dalle associazioni datoriali?
Intanto, mentre si chiacchiera, spesso a sproposito, le industrie in Sicilia muoiono per l’incapacità di Governo regionale e associazioni datoriali di inventarsi percorsi attraenti per nuove iniziative imprenditoriali. La verità è che l’Irsap, che avrebbe dovuto proporsi come ‘motore’ di sviluppo nel territorio, si è rivelato uno scandaloso freno, imbavagliato nei giochi politici e nel braccio di ferro su chi e come deve “comandare”.
Con l’inizio del nuovo anno, intanto, emergono vari nodi al pettine, primo fra tutti quello dell’emergenza sociale.
Un esempio per tutti. Il 2014 è iniziato con una richiesta d’aiuto a Stato e Regione per salvare ciò che rimane del polo tessile di Valguarnera, in provincia di Enna, e magari rilanciare un settore che per decenni è stato uno dei più floridi dell’Isola. Con un documento congiunto, l’amministrazione comunale di Valguarnera, il Consiglio comunale, i sindacati e il Comitato cittadino hanno denunciato lo stato di crisi della Giudice Spa, ultimo baluardo degli opifici tessili valguarneresi e delle piccole aziende ad essa collegate.
Una crisi determinata, come riportato dal blog Valguarnera.com, dalla congiuntura economica internazionale che per la mancanza di commesse ha fatto sì che nell’ultimo anno la forza lavoro si sia ridotta a 40 unità con 76 nuovi cassintegrati. Un’emorragia continua che negli ultimi 10 anni ha fatto perdere a Valguarnera ben 200 posti di lavoro, sotto i colpi dell’elevata tassazione per gli imprenditori ed una spietata concorrenza nei costi della manodopera, notevolmente più bassa in Nord Africa, nell’Est europeo e in Asia.
Le forze istituzionali, sindacali e civiche del territorio hanno fatto quadrato per sensibilizzare un Governo sordo e insensibile all’emergenza economica e sociale che vive la Sicilia, bruciata da crisi e incapacità politica di tirare fuori dal cilindro soluzioni efficaci.
In un appello alla Regione ed all’esecutivo Crocetta è stato chiesto di individuare, nella legge di stabilità, risorse a supporto della riqualificazione del personale licenziato e fondi per sostenere imprenditori e operai ad avviare ricerche per nuovi sbocchi della produzione tessile nel territorio. Una politica che dovrebbe spingere e orientare verso la realizzazione di infrastrutture atte ad attrarre nuovi imprenditori del tessile nel territorio valguarnerese e che invece si mostra strafottente.
Che dire della zona industriale di Dittaino? Sul futuro si sa poco o nulla. Non una sola riunione con le forze produttive è stata realizzata dall’Irsap, da quanto è nato. Un incontro che potesse far emergere il programma industriale dell’ente pubblico per migliorare la situazione, per venire incontro alle esigenze delle aziende insediate nella citata zona industriale non si è tenuto. Eppure sono una trentina le aziende operanti nell’area industriale di Dittaino e costituiscono per certi aspetti occasioni di occupazione ed anche di sviluppo visto che parecchie sono proiettate in campo regionale e nazionale per la qualità dei loro prodotti.
Tutte abbandonate al loro destino comunque da un Governo “sparato” verso una politica di rigore e tassazione, ingredienti utili solo a chiudere le aziende più che rilanciare il tessuto produttivo in Sicilia.
Cos’ha fatto il Governo regionale per tentare di salvare l’Ipra, industria farmaceutica che ha chiuso l’opificio insediato a Dittaino? È notizia di qualche giorno fa che i circa 70 operai dall’1 gennaio 2014, sono stati posti in mobilità. Soltanto un anno addietro l’appello delle istituzioni ennesi aveva fatto sì che all’Ipra venisse concesso un altro periodo di cassa integrazione in deroga, dietro la promessa, però, che i 12 mesi di proroga servissero per rilanciare l’azienda con la vecchia o con una nuova proprietà. Ma visto che nulla è cambiato e che la mobilità, si è sostituita al lavoro, il territorio sarà penalizzato dall’ennesima emorragia di posti di lavoro.
Senza un cambio di rotta nella politica regionale la zona industriale del Dittaino, dove persistono solo poche imprese artigiane e tanti capannoni costruiti anche con una pioggia di investimenti pubblici, rischia di trasformarsi in un agglomerato di fredde e silenziose cattedrali nel deserto, uno scenario di sprechi e occasioni industriali e lavorative perdute.

 

 

Giuseppe Messina

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