Io non ho paura

 

Erano anni che Catania non viveva una giornata come questa; qualcuno che supera gli “anta” giura che  proprio non c’è mai stata. Quando, verso le undici, la testa del corteo raggiungeva piazza Stesicoro, la coda era appena partita da piazza Roma e costeggiava la villa Bellini lungo via Tomaselli. Nel mezzo bambini, mamme, maestre delle scuola primaria, studenti medi da tutti gli istituti di Catania e provincia, insegnanti precari, ricercatori, studenti e docenti universitari. Dalla stessa parte, per una volta.

Nessuna bandiera di partito. Tanti striscioni, fischietti, slogan. Aprono il corteo i ricercatori e gli insegnanti con i bambini, poi il camion del Movimento Studentesco a ritmo di musica (da Bob Marley a De André), poco più indietro quello dell’UDU (unico sindacato studentesco che ha portato in piazza le proprie bandiere), migliaia di studenti. Chiude il serpentone, scortato dalla polizia, un  gruppo di Forza Nuova e Alleanza Universitaria con bandiere tricolori, tenuto a distanza di sicurezza dagli studenti di sinistra.  

Per molti la giornata è iniziata presto: treni pieni di studenti fin dalle otto del mattino, da Giarre, Fiumefreddo, Acireale. Durante il viaggio, ragazzi nelle carrozze cercano di spiegare le loro ragioni ai lavoratori pendolari: nessuna propaganda politica, ma finalmente tanta informazione. Tutti sanno perché si va a Catania a manifestare, giurano che questa volta non è solo un giorno di scuola in meno. Si forma una lunga processione che parte dalla stazione, e che, attraversati Corso Sicilia e via Etnea, si unisce al corteo vero e proprio in Piazza Roma. Davanti alle facoltà, invece, si è cominciato a fare volantinaggio sin dalle otto del mattino: «Ragazzi, oggi c’è il corteo. Perché non venite?» 

Neanche la pioggia ferma il popolo della scuola e dell’università che, attraversando le strade di Catania, chiama a raccolta chiunque passi. “Ehi tu alla finestra, scendi giù e manifesta” si urla col naso all’insù. Ogni scuola ha il proprio striscione colorato e il proprio slogan; la creatività dei ragazzi degli istituti medi sembra ravvivare l’assopita fantasia degli universitari: ‘La Gelmini la cuciniamo’ (ist. Alberghiero), ‘Il sonno della scuola genera mostri’, “L’istruzione costa… e l’ignoranza? Egida o egìda? (Liceo classico Cutelli)”. Prendono in prestito le parole della pubblicità, sovvertendone i fini: “Toglietimi tutto, ma non il futuro”.

Il corteo ha attraversato via Tomaselli, la discesa dei Cappuccini, via Sant’Euplio, via Etnea fino a Piazza Università e Piazza Duomo, entrambe gioiosamente invase. Sul portone del rettorato in tanti appiccicano i volantini raccolti durante il corteo: c’è quello firmato dal Coordinamento Precari della Ricerca dal titolo ‘Salviamo la ricerca’, quello del movimento studentesco: ‘Noi la crisi non la paghiamo’, quello del partito marxista-leninista italiano (esiste? Pare di sì): ‘Contro la restaurazione della scuola di Mussolini e l’affossamento della scuola pubblica’.

Attorno al ‘Liotru’ i camion del Movimento Studentesco e dell’UDU si sono trasformati in palchi per gli interventi finali, creando due assemblee contemporanee per poi unirsi. Parlano tutti: studenti liceali e universitari, ricercatori, professori precari, insegnanti di sostegno. Uno di loro, Paolo, urla: «Ci hanno promesso di mandare la polizia nelle scuole occupate, ma nel quartiere della scuola dove lavoro io la polizia non ci entra proprio. Lì ci sono le scuole pubbliche, l’ultimo avamposto delle istituzioni.» Sale sul palco anche la mamma di un bambino disabile: «Io, come tante altre mamme nella mia stessa situazione, ho dovuto ricorrere alla magistratura per far valere il diritto allo studio di mio figlio, un diritto che è sancito dalla nostra Costituzione. Che democrazia è?» Si cita il best-seller di Niccolo Ammaniti ‘Io non ho paura‘ “contro il clima di pessimismo, diffidenza e sfiducia che questo governo ha alimentato”.

È vero. Guardando la Catania di oggi non si può più avere paura.

Video di Marco Pirrello, Carmen Valisano, Federica Motta, Desirée Miranda, Olivia Calà.

Salvo Catalano

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