«Noi attori viviamo una continua follia e per questo sentiamo di essere un po superiori agli altri». Se a dirlo è un attore del calibro di Massimo Dapporto, non si può non crederci.
Lattore è stato ospite questa mattina allex monastero dei Benedettini, per un incontro inserito nel cartellone di Doppia Scena. Introdotto dal Preside Famoso, dal direttore del Teatro Stabile Orazio Torrisi e dalla prof.ssa Puleio, e rispondendo alle domande degli ospiti, Massimo Dapporto ha parlato di sé e della sua professione: «Questanno sono trentacinque anni che faccio questo mestiere, variando a trecentosessanta gradi dal cabaret alla commedia, ai classici , e adesso sono un po stanco. dice Ogni anno, a fine tournèe, decido di smettere e ogni anno decido anche di ricominciare con qualcosa di nuovo. E come sposarsi, divorziare e risposarsi di nuovo ». Usa la metafora del matrimonio, come a chiarire che per un attore il teatro coincide pienamente con la vita.
Una vita fatta di sacrifici e di costruzione quotidiana del personaggio che si porta sera dopo sera sulla scena: «Credevo che interpretare Argante fosse più semplice. Invece il personaggio di Molière è pieno di sfaccettature che ho imparato a cogliere e a rendere sul palcoscenico solo col tempo». Argante è un ipocondriaco, che ha mille manie: «Non mi somiglia, non mi viene naturale rappresentarlo e devo recitare molto». Poi aggiunge: «Quando interpretavo Zeno, due anni fa, cera tutto un altro rapporto col personaggio». Sì, perché un ruolo non si interpreta asetticamente, non è un vestito preconfezionato che semplicemente si indossa, ma si studia. Si approfondisce il testo «fino a che non è lo stesso personaggio ad entrare nellattore e attraverso di lui a trovare il modo per esprimersi totalmente e completarsi». E in tutto questo, il pubblico costituisce «lattore aggiunto. I suoi feedback ci aiutano a migliorare la rappresentazione».
La professoressa Puleio mette in risalto la capacità che ha Dapporto di rendere le diverse sfumature di Argante attraverso delle variazioni che aiutano a rendere esplicito ciò che nella scrittura di Molière restava implicito. «Ho seguito listinto, provando e riprovando mi sono reso conto che non riuscivo a mantenere sempre lo stesso tono e la stessa intensità» risponde lattore, lieto che «qualcuno si sia accorto di questo».Cè anche spazio per qualche critica al nuovo Neorealismo televisivo di questi anni: «La televisione ha messo in essere un politica che deve fare addormentare le menti. Ha creato un nuovo neorealismo che consiste nel prendere la gente normale, illuderla, usarla per un annetto e poi buttarla». La strada per diventare veri attori non è fatta di queste scorciatoie.
La parola poi va anche agli altri componenti della compagnia che, interrogati da studenti, da curiosi e dagli allievi della scuola darte drammatica Umberto Spataro, parlano di gavetta, delle difficoltà del mestiere ma anche della sua bellezza. In questi mesi girano i maggiori teatri italiani mettendo in scena, come si è anticipato sopra, Il malato immaginario di Molière. Lo spettacolo è adesso di scena a Catania, inserito nel cartellone del Teatro Stabile. Lincontro introdotto con orgoglio dal Preside della Facoltà di lingue, Nunzio Famoso, fa parte della rassegna Doppia Scena, «liniziativa preponderante e qualitativamente migliore del complesso dellofferta della Facoltà, dice il preside segno che la cultura, al di là delle difficoltà di dialogo tra le facoltà, rimare un terreno di sinergie». La collaborazione tra il Teatro Stabile e le facoltà di Lettere e Lingue proseguirà anche nelle prossime settimane secondo il calendario già stabilito di Doppia Scena.
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