Intorno alla Piramide si riaccende la Fiumara di Presti «Ma sposterò il Rito della Luce fra l’Etna e l’Alcantara»

Una questione di comodità. Certe volte le cose sono più semplici di quanto sembrino: così a chi chiede ad Antonio Presti perché, in occasione del Rito della luce 2019 a Motta d’Affermo, sulla costa tirrenica, lui fosse l’unico vestito di arancione in mezzo a migliaia di persone in abito bianco  unica prescrizione da rispettare per esserci – il mecenate risponde ridendo: «Ero troppo stanco per cambiarmi le scarpe, queste sono fantastiche», dice, mostrando un paio di Crocs perfettamente intonate a pantaloni e camicia. Dopo un anno di pausa la manifestazione alla Piramide del 38esimo parallelo, opera emblematica della Fiumara d’Arte realizzata dal mecenate nella valle dell’Halaesa, riprende in grande stile. E guarda già al futuro: «Vorrei spostare il Rito sull’Etna, qui abbiamo già dato», ribadisce Presti al termine della giornata, seduto sul lungomare di Castel di Tusa, di fronte al suo albergo atelier pieno zeppo di installazioni.

In occasione del solstizio d’estate, ogni anno, la piramide viene aperta al pubblico. Un breve percorso in un claustrofobico e buio tunnel sotterraneo porta fino all’interno dell’opera dello scultore Mauro Staccioli, morto a Milano il primo giorno del 2018. Un lutto che Presti ha voluto mantenere saltando per un anno le celebrazioni. Nel 2019, invece, è stato il momento di ricominciare. Il nucleo concettuale dei tre giorni, promossi dalla Fondazione Fiumara d’Arte, diventa allora l’eresia. «Apriamoci alla ricerca del vero, del bene, del giusto senza timore di essere eretici».

Le navette del consorzio dei Comuni della vallata fanno avanti e indietro sulle ripide trazzere dei monti affacciati sul Tirreno. La via diretta per raggiungere la Piramide è chiusa al traffico per permettere ai piccoli bus turistici di trovare la strada sgombra; l’ingresso all’opera d’arte è regolato da un imponente servizio d’ordine che impedisce, anche a chi ci mette tutte le intenzioni, di creare una calca insostenibile all’interno del tunnel. Sulla collina a creare l’atmosfera ci pensano la luce del tramonto e voci, abiti e movimenti degli artisti. Oltre 300, chiamati da Presti in un angolo di Sicilia che se non fosse per la sua Fiumara forse molti non conoscerebbero. 

«Ma ora bisogna cambiare», spiega lui. L’obiettivo è aprire la fondazione al contributo della Regione, secondo modi e metodi da concordare con il presidente Nello Musumeci. E poi c’è da spostare tutto: se il rito della luce deve essere itinerante, allora bisogna che il primo dei luoghi nuovi sia l’Etna, assieme al vicino parco dell’Alcantara. Nel bosco di betulle dei monti Sartorius, sul vulcano, Presti ha già organizzato due anni fa il G37 della poesia. Un summit di artisti e poeti che ha avuto luogo negli stessi giorni del G7 di Taormina, diventando la risposta «eretica» alla «dilagante logica dell’avere» incarnata dai grandi della Terra. Stavolta, però, sembra che l’interesse si sia spostato sulla zona di Randazzo. La risposta arrivata dalla comunità etnea pare abbia convinto il mecenate di Tusa. La politica delle bellezza di Presti, dice lui stesso da anni, ha un senso solo se coinvolge il numero più ampio possibile di abitanti di un territorio, diventando di fatto una loro espressione. 

Se la montagna chiama, lo stesso però fa anche il quartiere. Antonio Presti non vuole neppure interrompere il suo impegno a Catania, nel rione satellite di Librino. Da poco è stata inaugurato il grande Cantico fotografico che ha cambiato il volto di un cavalcavia del quartiere, ma il fondatore della Fiumara sta già pensando ai progetti futuri. Come una nuova porta da abbellire dopo la Porta della Bellezza, parole illuminate sui tetti dei palazzoni popolari ed esibizioni musicali, a partire dalla lirica, nei bar del quartiere

Luisa Santangelo

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