Inizia il processo al chirurgo per omicidio colposo «Non c’è vendetta, ma mia madre si poteva salvare»

È entrato nel vivo il processo per omicidio colposo nei confronti Diego Piazza. Il primario di Chirurgia oncologica dell’ospedale Garibaldi Nesima di Catania ed ex presidente dell’ordine dei medici è imputato per la morte della 78enne Agata Fazzio. La donna è deceduta l’11 dicembre del 2018, dopo diciotto giorni passati nel reparto di Terapia intensiva nel nosocomio dove era stata ricoverata per un intervento in laparoscopia al colon. A pochi giorni dal decesso, a dare l’input alle indagini era stato un esposto presentato dai figli della vittima. E sono stati loro, Marco e Vincenzo Marcello Piso, i primi due testimoni a essere ascoltati durante la prima udienza del dibattimento. «Il giudice ha voluto sentire la nostra narrazione dei fatti», spiega a MeridioNews Marco Piso, assistito dal legale Enrico Forgi, è anche lui un avvocato e insieme al fratello medico – assistito dall’avvocato Arduino La Porta – ha dovuto ripercorrere tutta la vicenda in aula. Assente l’imputato: «Non ho ritenuto fosse necessaria la sua presenza», chiarisce al nostro giornale il suo difensore Carmelo Peluso

È il 21 novembre del 2018 quando la donna viene ricoverata in ospedale; l’indomani viene sottoposta all’operazione programmata e, dopo una notte passata in Rianimazione, la signora torna in reparto per la degenza. Secondo quanto ricostruito delle parenti che sono state con lei per assisterla – una figlia e una nipote che saranno ascoltate nella prossima udienza già fissata per il 10 gennaio del 2023 – la donna avrebbe cominciato ad «accusare forti dolori addominali, a sudare freddo, ad avere la febbre». Una situazione di cui, nonostante le segnalazioni che le familiari dicono di avere fatto al personale sanitario, non ci sarebbe traccia nella cartella clinica. Dopo due giorni, la situazione peggiora e la signora Fazzio viene sottoposta a una tac all’addome che evidenzia una peritonite e uno shock settico. Così si arriva a una seconda operazione, questa volta d’urgenza, in cui il primo operatore è sempre Diego Piazza. La donna finisce in Rianimazione dove resta fino al momento della morte. «Che viene ipotizzato – spiega il figlio Marco – sia dovuta a una perforazione intestinale durante l’operazione in laparoscopia e alla successiva peritonite fino ad arrivare alla sepsi. In ogni caso – aggiunge – di approfondire le questioni tecniche si occuperanno i consulenti». Quelli nominati sia dalla procura che dalle parti.

Dopo la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, i familiari si erano opposti ed era stata la giudice per le indagini preliminari a formulare una imputazione coatta per Piazza. «Non abbiamo sete di vendetta e nemmeno un accanimento personale – ci tiene a sottolineare il figlio della vittima – Vogliamo solo che vengano accertati i fatti perché non possiamo accettare che una persona entrata in ospedale per una operazione di routine ne esca senza vita». Adesso, di questa morte è chiamato a rispondere il medico responsabile degli interventi. «Durante la mia testimonianza, ho voluto fare riflettere anche sul fatto che, al di là dell’ipotesi di un errore tecnico – aggiunge Piso – noi temiamo che ci sia stata anche della superficialità nel post-operatorio e che, se qualcuno fosse intervenuto in tempo, mia madre forse si sarebbe potuta salvare».  

Marta Silvestre

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