Ingroia, le motivazioni della revoca della scorta «Nessuno studio legale a Milano né in provincia»

La «fantozziana revoca della mia scorta da parte del Ministero dell’Interno». Inizia così il lungo posto sui social a cui l’avvocato Antonio Ingroia, senza troppi giri di parole, ha spiegato i motivi che hanno spinto l’Ucis ad accogliere l’istanza di sospensione della scorta nei suoi confronti. Ignorando, a detta dell’ex magistrato, quanto era stato nei mesi scorsi deciso dal Consiglio di Stato che, con ordinanza urgente del 10 maggio, aveva sospeso l’efficacia del provvedimento di revoca della scorta deciso dallo stesso Ucis, ordinando comunque un’immediata rivalutazione della situazione di pericolo e il ripristino della misura di sicurezza revocata per effetto dell’accoglimento dell’istanza di sospensione. «Il Consiglio di Stato aveva scritto che risultava dagli stessi atti del Ministero dell’Intero che, in particolare, la prefettura di Milano aveva ritenuto “prudenziale” assicurare una misura di vigilanza e sorveglianza presso la sede del mio studio legale a Milano e che perciò il Consiglio di Stato riteneva “non escluso” che “un rischio per la sua incolumità, connesso alla sua pregressa attività di magistrato, tuttora possa sussistere per un soggetto che è stato a lungo impegnato nella lotta alla mafia”, ritenendo il mio caso – spiega ancora – uno di quelli nei quali “non possa escludersi il compimento di azioni criminose nei confronti della persona da tutelare».

«Ebbene – precisa più avanti l’avvocato Ingroia -, ben 20 giorni dopo (con comodo…), il 28 maggio 2019, l’Ucis si è riunito e solo nei giorni scorsi (con ancor più comodo…) mi ha comunicato che nel rivalutare la situazione ha confermato, contro la decisione del Consiglio di Stato, che non sussiste alcun pericolo per la mia incolumità. Prendo atto e non posso che esserne contento. Mi sorprende però leggere la motivazione del provvedimento: e cioè che tutto dipende dal fatto che sono cambiate le valutazioni sulla mia sicurezza per il semplice fatto che ho cambiato l’indirizzo del mio studio legale a Milano!
Infatti, tutto dipende dal fatto che la prefettura di Milano ha revocato ogni misura di vigilanza, in atto fino a qualche mese fa e tenuta in grande considerazione dal Consiglio, perché ora avrebbe “accertato che l’avvocato Ingroia non dispone (a Milano) di alcuno studio legale o di altro interesse nella provincia”», riporta citando le carte. Un dato a suo dire falso. E spiega che da cinque mesi ha trasferito il proprio studio a un altro indirizzo, sempre a Milano.

«Dicono anche che io non avrei “altro interesse nella provincia” di Milano, ignorando ciò che risulta dai pubblici registri, e cioè che da anni sono presidente dell’organo di vigilanza della IVRI spa, uno dei più grossi gruppi del Paese che si occupa di vigilanza privata. La cosa, nel contempo divertente e tristemente disarmante e preoccupante – continua -, è che nella nota della prefettura di Milano si legge che una pattuglia sarebbe andata a controllare “sul citofono condominiale” (del vecchio indirizzo…) ed avrebbe accertato che non è più “presente alcuna targhetta” del mio studio “presso lo stabile ove prima compariva” (e ci mancherebbe!). Questi sarebbero gli elementi “nuovi” sulla base dei quali il Ministero dell’Interno ha disapplicato la decisione del Consiglio di Stato. Mi chiedo: è affidato a questo tipo di accertamenti “fantozziani” e di valutazioni fondate su dati falsi le decisioni di un “autorevole” organo come l’Ucis, che avrebbe dovuto invece adeguarsi alla decisione del Consiglio di Stato che disponeva l’urgente ed immediato ripristino della scorta, decisione totalmente ignorata ed elusa?».

L’ex magistrato si mostra perplesso circa le modalità che emergerebbero, dal suo punto di vista, seguite da organi autorevoli come questo nel fare gli accertamenti sui pericoli cui i cittadini italiani sono esposti. «Poco mi interessa in sé la questione della revoca della mia scorta. Ne faccio però una questione di principio davanti ad un tale approccio “fantozziano” alla questione sicurezza – insiste l’avvocato -, quando tanti testimoni di giustizia e cittadini davvero a rischio restano abbandonati a se stessi, mentre troppi politicanti, che nulla rischiano, vanno in giro sulle auto blu a spese di tutti noi… Certo, se questi sono i metodi e i criteri di valutazione dei rischi per assegnare le scorte, capisco perché tanti vecchi politicanti di mestiere e nuovi mestieranti della politica hanno la scorta, anche se tutti sappiamo che non rischiano alcunché dalla criminalità organizzata ma tutt’al più da qualche cittadino giustamente inferocito verso quegli stessi politicanti che non fanno il loro dovere e non rispettano le loro promesse. E capisco cosi molto bene anche perché la scorta viene revocata a chi invece si è ribellato al Sistema per fare vera pulizia».

Silvia Buffa

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