Informazione verde, semaforo rosso

Raccontare il dietro le quinte di Copenaghen e fare il punto sul business verde sono stati i temi caldi affrontati giovedì nel giorno dell’Earth Day, durante l’appuntamento “Ambiente e nuova ecologia” al Festival internazionale del giornalismo. A Marco Gisotti di Modus Vivendi il compito coordinare gli ospiti intervenuti all’incontro: Alice Audin di Havas Media, Antonio Cianciullo giornalista di Repubblica e Fabio Tamburini del Tg5. Mancavano Leo Hickman del The Guardian e Fred Pearce del New Scientist, assenti a causa dei disagi causati negli ultimi giorni dalle ceneri vulcaniche islandesi.
 
«La vicenda del summit sull’ambiente di Copenaghen sta tutta nei due soprannomi che sono stati dati al vertice: “Copenaghen” prima, e “Flopenaghen” dopo», dice Antonio Cianciullo. «Tra gli obiettivi indicati come perseguibili c’era quello di arrivare ad un trattato, ma era evidente che a causa delle posizioni di partenza dei grandi blocchi politici non era un obiettivo realistico. È eccessivo anche parlare di Flopenaghen perché per la prima volta ad un summit sull’ambiente si è vista una manifestazione con tante migliaia di persone che hanno rappresentato l’espressione dell’opinione pubblica mondiale, è questo non è poco» afferma il giornalista di Repubblica.

Antonio Cianciullo: “Copenaghen o Flopenaghen?”

Se alla conferenza di Copenaghen sono state dedicate solo le primissime battute dell’incontro, da subito si è imposto il problema del rapporto tra ambiente e informazione sui media italiani e francesi. «In Italia negli ultimi due anni è cresciuta la sensibilità dei media e del pubblico nei confronti delle tematiche ambientali» dichiara infatti Marco Gisotti che, citando il libro “Confessioni di un eco-peccatore” di Fred Pearce, aggiunge: «”Il mondo è molto più bizzarro è sorprendente e spesso più felice e positivo di quanto si immaginerebbe leggendo e guardando i notiziari”. Le buone notizie è più facile trovarle su un libro che non su un quotidiano. E’ pensabile che un domani si riesca a rappresentare anche le buone pratiche. Forse le persone hanno bisogno di sapere che non c’è soltanto la catastrofe ma c’è anche la soluzione».

Marco Gisotti su “Confessioni di un eco-peccatore”



Di parere diverso Fabio Tamburino, che non crede che la tv possa essere il mezzo più adatto a diffondere e creare una coscienza ambientale. «Secondo me, la televisione può fare molto ma la gente che oggi la guarda non è quella che si impegna per migliorare la situazione. Sono scettico da questo punto di vista. Inoltre, nei telegiornali non c’è lo spazio per dedicarsi sempre con costanza a questo genere di notizie».

Fabio Tamburino: “Tv e informazione ambientale”.

 
 
L’affermazione di Tamburino fa discutere e dal pubblico uno studente si alza per replicare al giornalista: «quello che lei dice sui tg è una baggianata. Il Tg5 fa servizi sulla cucina e sulla pasta al pomodoro. Siamo in Italia e tutti sanno come si cucina la pasta. Se si vuole fare informazione lo spazio lo si può trovare».

Uno studente critica le posizioni di Tamburino.

Alle parole di Tamburino risponde indispettita anche Alice Audouin: «Trovo sbagliato dire che in tv non c’è abbastanza tempo per i temi ambientali. Credo che ognuno di noi non abbia abbastanza tempo per fare tutto ciò che vorrebbe. Spetta a noi decidere per cosa avere tempo, stabilire modi e priorità. Il problema dell’ecologia sui media sta nel modo di rappresentarla. Ecologia non è solo catastrofi e cattive notizie, si deve parlare di ecologia con libertà e con leggerezza».
 
Alice Audouin: “ambiente e nuova ecologia”



Insomma, pare chiaro che in Italia i temi ambientali abbiano ancora poco spazio sui giornali, peggio ancora sulla televisione che spesso si limita a raccontare catastrofi e nulla più. E pensando all’informazione verde, forse non ci resta che fare nostro il pensiero di Paolo Pietrangeli: «smetti di guardare quel televisore, non ti darà notizie di un mondo migliore».
 

Roberto Sammito

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