«Il giudice del lavoro di Palermo ha emesso una ordinanza falsa perché fondata su prove false». È l’accusa con la quale i legali di Rosario Basile, il patron della Ksm finito a settembre agli arresti domiciliari, chiedono la trasmissione degli atti alla Procura di Caltanissetta. La domanda è stata avanzata oggi durante l’interrogatorio di garanzia di Basile davanti al gip Filippo Serio. Nei giorni scorsi il gip ha disposto, con una nuova misura cautelare, il divieto temporaneo a Basile, accusato di falso ideologico in atto pubblico e frode processuale, di ricoprire uffici direttivi all’interno delle società Ksm s.p.a e Ksm service s.r.l. per dodici mesi. Simile misura cautelare per il figlio Filippo, al quale è stato inoltre notificato il divieto di dimora nel Comune di Palermo.
Misure contestate immediatamente dagli avvocati difensori dei due imprenditori, Antonio Ingroia e Nino Caleca.«In ogni caso – ha detto Ingroia – sarebbe tutt’al più un falso in scrittura privata, reato che non giustifica una misura cautelare, in danno di un imprenditore e di un’impresa, con cui si mettono di fatto a rischio migliaia di posti di lavoro. La magistratura non può ignorare l’impatto che un provvedimento del genere può avere su una realtà imprenditoriale sana ed importante nel panorama economico siciliano».
Alla fine dell’interrogatorio i due legali hanno ribadito la linea difensiva: «A nostro avviso l’autorità giudiziaria di Palermo non ha competenze, è competente Caltanissetta. Ecco perché abbiamo chiesto la trasmissione degli atti in quella sede». I legali fanno riferimento a una sentenza emessa da un giudice del lavoro sul licenziamento di un ex dipendente della Ksm, sulla base dei presunti tabulati falsi Mentre l’avvocato Nino Caleca ha aggiunto: «Abbiamo ribadito oggi il carattere esclusivamente privato di tutta questa vicenda per evitare che la stessa abbia ripercussioni negative sulle società del dottor Basile, sia sotto il profilo imprenditoriale che occupazionale».
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