Voti comprati a 50 euro, per una spesa complessiva quantificata in diverse migliaia, di certo più di cinquemila. Il cuore dell’inchiesta sul consigliere comunale di Catania Riccardo Pellegrino ruota attorno ai soldi che sarebbero stati sborsati, a quanto pare in cinque occasioni, alle ultime elezioni regionali. Quando l’azzurro, che oggi ambisce a diventare sindaco del capoluogo etneo come espressione di una lista civica, era in corsa per uno scranno a palazzo dei Normanni. L’indagine della procura di Catania, affidata alla Direzione investigativa antimafia dai magistrati Marco Bisogni e Barbara Tiziana Laudani, ruota attorno ad alcuni indagati eccellenti, tutti inseriti nel mondo della politica. Volti noti anche delle cronache giudiziarie. Perché Pellegrino, insieme al padre agricoltore Filippo – anch’egli indagato per concorso in voto di scambio – avrebbe beneficiato del supporto degli ex sindaci di Aci Catena e Mascali: Ascenzio Maesano e Biagio Susinni. Con loro si sarebbero mossi anche alcuni fedelissimi, come Orazio Cutuli.
Nell’elenco delle persone a cui è stato notificato l’avviso di conclusione indagine, come risulta a MeridioNews, figurano in totale 12 nomi. Tra loro c’è anche Salvatore Di Benedetto, consigliere comunale a Ramacca. Il politico, che attualmente si trova al gruppo misto, è coinvolto insieme al padre Antonio, conosciuto in paese come Nino. Oltre alla politica i due sono impegnati nel settore dei carciofi. All’entourage di Maesano apparterrebbero invece Nino Castorina, ex candidato in consiglio ad Acireale e rappresentante di un’associazione attiva nella frazione acese di Guardia Mangano, e Giuseppe Panebianco. Il nome di quest’ultimo emerse nelle carte dell’inchiesta che portò in manette proprio Maesano. In un dialogo l’uomo – ex dipendente del Comune – avvertiva il politico di mantenersi cauto, perché su di lui si sarebbero concentrate le attenzioni dell’autorità giudiziaria. Secondo l’accusa, gli uomini utilizzati come referenti sul territorio, compreso Ivan Andrea Guarrera detto Castagnaro, sarebbero stati in contatto con Pellegrino tramite Maesano e Susinni, per poi essere i beneficiari delle dazioni di denaro in cambio di voti.
Il reato ipotizzato dai magistrati sarebbe stato commesso tra Ramacca, Vizzini, Aci Catena e Acireale. L’arco temporale, finito sotto la lente d’ingrandimento, parte dalla primavera 2017 e si estende fino alle Regionali di novembre. L’ex sindaco Maesano quindi, stando alla ricostruzione della procura, potrebbe avere commesso il reato di cui è accusato mentre si trovava ristretto agli arresti domiciliari. Il politico catenoto era finito in carcere per corruzione per le tangenti prese dall’Halley consulting, per poi essere coinvolto anche in una seconda inchiesta denominata Gorgoni, riguardante l’intricata storia dell’appalto dei rifiuti ad Aci Catena. Affare su cui avrebbero messo le mani non solo le imprese Senesi ed Ef Servizi Ecologici, ma anche i clan mafiosi Laudani e Cappello. Per Maesano, già condannato in primo grado e in attesa della sentenza d’Appello, è la terza grana giudiziaria in pochi mesi.
Pellegrino alle Regionali 2017 era stato bollato come impresentabile, a causa dei problemi con la giustizia del fratello Gaetano. Arrestato, poi scarcerato, e attualmente sotto processo per associazione mafiosa. Il parente del politico, nato e cresciuto a San Cristoforo, secondo la procura di Catania, sarebbe stato uno dei fedelissimi del capomafia Sebastiano Mazzei, indiscusso capo del clan etneo dei Carcagnusi. Nei giorni scorsi, per lui la magistrata Laudani ha chiesto la condanna a dieci anni di reclusione nel processo di primo grado. Pellegrino, dal canto suo, ha sempre respinto ogni genere di sospetto nei suo confronti. Passando anche per un’archiviazione in un’indagine, sempre coordinata dagli uffici di piazza Giovanni Verga, in cui era sospettato di voto di scambio politico-mafioso insieme al figlio incensurato del boss Mazzei.
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