Indagine Girlando, parla l’uomo che ha denunciato «Noi generosi con Comune ma ci hanno affondati»

Gianluca Chirieleison, ex direttore della Simei spala società che ha gestito per anni l’appalto della pubblica illuminazione per il Comune di Catania, conferma tutte le notizie sull’indagine a carico di Giuseppe Girlando. L’ex assessore al Bilancio della giunta del sindaco Enzo Bianco avrebbe «ritardato il più possibile la transazione in giunta provocando il fallimento dell’azienda». Un declino lento e corrosivo, provocato da un pesante stato di crisi causato dalle presunte inadempienze dell’amministrazione che, nonostante una specifica delibera di giunta del 2013, «non ha pagato le bollette dell’energia elettrica» lasciando l’onere dei costi in capo al privato. Che, secondo Chirieleison, «ha versato i soldi per non lasciare la città al buio, ma ha fatto la fine di chi è troppo buono e generoso». Finendo sostanzialmente sul lastrico, nonostante «avesse dei crediti che non solo le avrebbero consentito di gestire le situazioni passate ma, addirittura, di chiudere nuovi lavori». 

È questo il contesto in cui avviene il famoso dialogo tra l’imprenditore e l’allora titolare del Bilancio che, registrato, avrebbe chiesto l’intercessione di Chirieleison nei confronti del consigliere d’opposizione Manlio Messina, che in aula stava dando battaglia alla cosiddetta delibera Sostare, in cambio dello sblocco della transazione che avrebbe consentito a Simei di porre fine ai suoi problemi di cassa. Sono le intercettazioni ambientali di questo episodio che hanno dato vita alle indagini culminate nella richiesta di rinvio a giudizio per Girlando, accusato di tentata concussione dal sostituto procuratore Fabio Regolo. Chirieleison quel dialogo lo racconta direttamente a MeridioNews, spiegando i dettagli del credito, dalla sua genesi fino al momento del crac che ha condotto alla chiusura di Simei

Secondo quanto lei dice Girlando avrebbe provato a fermare Manlio Messina tramite il suo intervento. Ma perché sceglie proprio lei? 
«Forse perché il consigliere Messina è stato tra quelli che maggiormente si è interessato della nostra vicenda da un punto di vista politico, portando in aula la situazione dei lavoratori e delle loro famiglie. È stata forse questa vicinanza a spingere l’assessore a parlare con me, per convincere Messina a non ostacolare l’iter di approvazione della delibera sulla partecipata dei parcheggi. Cosa che però, come si è visto, non si è verificata». 

Come nasce l’indagine? È stato lei a sporgere denuncia? 
«Tutto è partito da una registrazione di una conversazione faccia a faccia avvenuta tra me e Giuseppe Girlando. Non l’ho registrata io volontariamente, ma credo si tratti di un’intercettazione ambientale avvenuta tramite i nostri cellulari. La situazione era ormai alla luce di tutti, non era una sciocchezzuola, si parlava di grosse cifre e di crediti che provenivano dalle casse comunali, evidentemente qualcuno si era già allertato e forse ci ha registrato». 

E il credito di quasi quattro milioni di euro da dove viene fuori? 
«Nasceva da un appalto di nove anni, scaduto cinque anni fa. Per nove anni la Ati in cui era inserita Simei ha gestito la pubblica illuminazione, occupandosi della manutenzione e di tutti i servizi collegati. Intorno al 2012 però, vista la situazione non proprio felice delle finanze comunali, sono stati fatti alcuni pagamenti da Simei per conto del Comune per pagare il consumo di elettricità. In soldoni, la Simei per un anno ha pagato le bollette della luce del Comune. Come d’accordo con la Ati, Simei aveva l’onere di pagare i consumi del Comune e in questo senso siamo sempre stati generosi. Proprio per evitare che l’ente restasse senza luce, abbiamo avanzato del denaro che però non è mai stato restituito. Per questo motivo si è pattuita una cifra di circa quattro milioni di euro, che sarebbe dovuta arrivare a Simei attraverso la delibera di giunta di cui abbiamo detto prima».

Quando ha chiesto di onorare questo debito, com’è stato il dialogo? Come si è dimostrato l’assessore? 
«Queste cose non sono mai rilassate, non sono dialoghi tra amici. Io dico solo che non si fanno certi tipi di discorsi, soprattutto quando sai della situazione drastica di una società. Stiamo parlando di un fallimento di una ditta che manteneva 70 persone e che, fino a qualche anno fa, ne aveva 465 a libro paga. Ognuno è libero di agire come meglio crede, ma io non avrei agito cosi. Io al posto suo non avrei fatto di tutto per affondare Simei ma, al contrario, avrei provato a salvarla, soprattutto per ciò che ha fatto per la città di Catania». 

Pensa che le dimissioni di Girlando siano in qualche modo collegate con questa vicenda?
«Questo non lo posso sapere. Non ho le prove, per natura non credo alle coincidenze. Ma a noi è stato ufficializzata da tre giorni la chiusura delle indagini, quindi non so cosa sia successo prima».

Come pensa che finirà? 
«Mi sono sempre augurato di non arrivare alla chiusura della ditta, che è stata un danno per tutti, soprattutto per i dipendenti, ma è successo. Mi auguro ora che la giustizia faccia il suo corso. Certamente se la Simei avesse incassato quello che le spettava non avremmo parlato di difesa in caso di fallimento ma di un’azienda che avrebbe continuato a fornire il servizio pubblico di illuminazione come ha fatto da moltissimi anni. Spero che attraverso questo procedimento venga restituita dignità all’azienda». 

Mattia S. Gangi

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