Da un paio di mesi, ormai, non si fa altro che parlare di ciò che è accaduto al MPS, il Monte dei Paschi di Siena, e di elezioni e dei legami che esistono tra due cose: da un lato la gestione, a dir poco anomala (per voler usare un eufemismo), di una delle banche più antiche del mondo da parte degli amministratori e, dallaltra, la politica condotta prima dal Governo Berlusconi (PDL) e poi dal Governo Monti (sostenuto da PD e PDL) per aiutare la banca gestita da soggetti scelti, in maggioranza, dal PD, utilizzando una parte rilevante delle tasse imposte agli italiani.
A ben guardare la vicenda, però, emergono due aspetti di grande rilevanza, in un momento come quello attuale, in cui proprio chi ha gestito questa vicenda e chi ne ha beneficiato (rispettivamente il PDL, il gruppo Monti e il PD), cerca di convincere gli elettori che le proprie decisioni future serviranno a far uscire lItalia dalla crisi.
Il primo aspetto è che esiste una palese responsabilità di tutti i partiti che hanno votato a favore delle proposte fatte dagli ultimi due Governi, nella vicenda MPS. E, come dimostrato dai dati che sono emersi e che sono ormai di pubblico dominio, tutti, o quasi tutti, hanno in qualche modo beneficiato, direttamente o indirettamente, di queste decisioni (anche se molti hanno cercato di delegare le proprie responsabilità dicendo che serviva per salvare posti di lavoro, che non si sapeva niente di come stavano gestendo lazienda gli amministratori, oppure che la colpa ricade sulla sedi locali del partito e che le sedi nazionali erano alloscuro di ciò che stava accadendo). E mentre le piccole e medie imprese sono costrette dalle istituzioni europee e nazionali a rispettare parametri sempre più stringenti per poter accedere al credito concesso sempre più raramente dalle banche e dagli istituti di credito (si pensi agli accordi Basilea 2 e Basilea 3), le stesse banche hanno ricevuto aiuti, aggirando tutti i controlli e le procedure che loro stesse poi imponevano ai propri clienti.
Ma la cosa più importante che è emersa, è la decisione non solo italiana, ma estesa a tutta lUnione Europea, di utilizzare fondi pubblici per aiutare non le imprese che sono il cuore portante delleconomia (sia in termini teorici che in termini paratici, essendo le uniche a generare realmente valore aggiunto), o le amministrazioni locali per la soluzione dei problemi contingenti e lo sviluppo del territorio, come imposto e richiesto in base allapproccio bottom up tanto decantato, ma banche e istituti finanziari.
Prima che qualcuno possa pensare che quello di cui si parla sia solo il frutto di mere elucubrazioni, sarà bene fornire un paio di dati (e con i numeri cè poco da scherzare). Un trilione di euro equivale a mille miliardi di euro cioè 1.000.000.000.000,00 euro. Ebbene, tra il 1° ottobre 2008 e il 1° ottobre 2012, la Commissione Europea ha approvato aiuti al settore finanziario, cioè a banche e istituti finanziari, per un importo complessivo di 5,0589 trilioni di euro, vale a dire il 40,3% del Pil dell’intera UE! (RELAZIONE DELLA COMMISSIONE Aggiornamento 2012 del quadro di valutazione degli aiuti di Stato Relazione sugli aiuti di Stato concessi dagli Stati membri dell’UE).
La maggior parte degli aiuti, 3.394 miliardi di euro (27,7% del Pil dell’UE), è stata destinata a garanzie sulle obbligazioni bancarie e sui depositi. La restante parte, ovvero 1,6 trilioni di euro, sulla base di uno studio sugli aiuti di Stato della Commissione UE (European Commissions 2012 State Aid Scoreboard), è stata fornita alle banche sotto forma di sostegno di liquidità (1.174 miliardi di euro) e a sostegno della solvibilità delle banche stesse (442 miliardi di euro).
In altre parole, i soldi degli italiani e degli altri europei, per quasi la metà delle somme raccolte, sono serviti a risolvere i problemi delle banche!
Ovviamente, qualcuno, sulla base di quanto è avvenuto al MPS, penserà che la causa di tale mostruosità siano le banche italiane e la loro gestione che, come hanno dimostrato i fatti degli ultimi mesi, è stata a dir poco sbadata. E, invece, non è così. I dati mostrano, non senza una certa sorpresa, che il problema della gestione delle banche e degli istituti finanziari non è solo dovuto alla cattiva gestione dellMPS, anzi.
Infatti, i tre Stati con maggiori problemi bancari in Europa sono la Gran Bretagna (che pure non ha aderito alleuro), lIrlanda e la Germania (che vorrebbe fregiarsi del titolo di colonna portante delleconomia europea, ma non dice di farlo con i soldi di tutti i cittadini europei). Nelle casse degli istituti di credito di questi tre Paesi è finito il 60% dei 1.600 miliardi di euro imposti (sotto forma di tasse) ai contribuenti europei tra il 2008 e il 2011 (rispettivamente il 19%, il 16% e il 16%). La crisi degli istituti di credito inglesi ha visto mettere in liquidazione Bradford & Bingley e Dunfermline, e si stanno ristrutturando RBS, Lloyds Banking Group e Northern Rock; in Irlanda si sta liquidando Anglo Irish & INBS mentre si stanno ristrutturando Bank of Ireland e banca Quinn; in Germania si sta liquidando WestLB, mentre sono in corso le ristrutturazioni di Sachsen LB Restructuring, IKB, LBBW, HSH Nordbank, Hypo Real Estate, Sparkasse Köln-Bonn, BayernLB, NordLB e Commerzbank.
Come mai, fino ad ora, nessuno, tra i politici italiani o tra i media, ha sollevato il problema? Come mai nessuno, sino ad oggi, ha lamentato che i soldi pagati dagli italiani (e da tutti gli altri europei) non vengono usati per risolvere i problemi sociali, infrastrutturali e delle imprese, ma vengono dilapidati, per quasi la metà del totale, in aiuti alle banche?
Qualcuno penserà che, se somme così ingenti sono state concesse agli istituti di credito, altrettanto sarà stato utilizzato per agevolare la crescita delle imprese e del territorio. Ebbene, nel periodo 2009-2012, sono stati concessi aiuti alle imprese per 60,0 miliardi di euro, pari a un misero 0,48% del Pil dell’Unione Europea, (RELAZIONE DELLA COMMISSIONE – Aggiornamento 2012 del quadro di valutazione degli aiuti di Stato – Relazione sugli aiuti di Stato concessi dagli Stati membri dell’UE). In pratica, di ogni euro che i contribuenti europei (inclusi quelli italiani, ovviamente) hanno dato in gestione allUnione Europea, quasi 50 centesimi sono andati alle banche e solo mezzo centesimo è andato alle imprese.
E mentre le banche europee ricevono come aiuti e agevolazioni quasi la metà del Pil dellintera Unione Europea, mentre il Monte dei Paschi di Siena otteneva da due governi (e con lapprovazione del Parlamento), quasi 4 miliardi di euro, più di 364.972 imprese italiane, per parlare solo del 2012, hanno chiuso i battenti, vale a dire più di mille imprese al giorno. In pratica, in base ad un recente studio della CGIA di Mestre, le famiglie italiane, dall’avvento dell’euro ad oggi, hanno visto crescere l’indebitamento di quasi il 140%.
Cè da chiedersi: cosa hanno fatto tutti gli esemplari (nessuno escluso) di HOMO POLITICUS per cambiare questo stato di cose e far sì che i fondi comunitari, che vengono gestiti dallUnione Europea, ma che sono parte dei soldi che i cittadini europei pagano con le proprie tasse, non venissero destinati, per la maggior parte, alle banche, ma piuttosto alle famiglie e potessero essere utilizzati per risolvere realmente i problemi delle imprese? E in quanti programmi elettorali presentati in questi giorni dai vari esemplari di HOMO POLITICUS CANDIDATUS si parla di proposte e iniziative per risolvere questo problema?
Sarebbe bello se ciascun elettore, dopo aver ricevuto la propria scheda elettorale e la propria matita, prima di entrare nel seggio e fare la propria scelta, ripensasse a tutto ciò e decidesse, per una volta, di votare, non sulla base di parole sparse al vento sentite in televisione e sui media e nemmeno di ideali che, purtroppo, sembrano essere definitivamente estinti, ma che, almeno per una volta, pensasse ai propri interessi e non agli interessi che dovrà pagare in prestiti e mutui se permetterà a certe persone di continuare a governare come hanno fatto fino ad oggi dando i soldi degli elettori alle banche .
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