Incognita Lingue

Il consiglio di facoltà di Lingue, convocato lunedì 21 giugno, inizia puntualmente alle 16, poche ore dopo la firma del nuovo “accordo con transazione” con gli enti locali e il consorzio universitario di Ragusa. Presenti la stragrande maggioranza dei docenti, ma anche i rappresentanti degli studenti e quasi tutti i membri del personale amministrativo, molti dei quali hanno posto sulle loro magliette un foglio di carta con una grossa P stampata in grassetto, il marchio del personale precario sulla cui sorte non si sa nulla. Dietro il lungo tavolo dell’Auditorium “De Carlo”, accanto al preside di Lingue Nunzio Famoso, siedono il rettore Antonino Recca, i delegati Giuseppe Cozzo e Giacomo Pignataro e il presidente della provincia regionale di Ragusa, Giovanni Antoci, ospite della seduta “per un saluto”.

Ma il clima è teso. E’ infatti la prima volta, dopo due mesi di confusione sulla sorte della facoltà, che il rettore, più volte invitato dal Consiglio di Facoltà, accetta di confrontarsi coi docenti. Dopo i saluti del preside si capisce che nessuno terrà una relazione. Poiché nessuno vuole introdurre, il consiglio ha inizio con gli interventi degli unici due docenti che hanno alzato la mano per iscriversi a parlare. Si tratta di due italianisti: il professor Sichera, docente presso la sede di Ragusa, e il professor Felice Rappazzo, docente a Catania. «Sono necessari dei chiarimenti» – esordisce Sichera – «Il decentramento in questi anni ha portato con sé meriti e limiti. Nonostante ciò c’è stata in questi anni molta passione e l’impegno di tutti, studenti e docenti. La soluzione adottata rispetto alla formazione del quarto polo è portatrice di ambiguità. Non è chiaro neppure l’impegno economico del Ministero per quanto riguarda il finanziamento. Perciò è importante chiarire come si realizzerà la nuova facoltà a Ragusa. Mediante quale processo?».

Rappazzo spiega, per chi non l’avesse notato, che non ha scelto a caso la maglietta che indossa. E’ tutta nera, con in rosso il logo “Emergency”. Parla a lungo, chiosando la bozza di un documento che vorrebbe proporre all’approvazione del Consiglio di Facoltà. Il suo intervento non ha nulla di interlocutorio. «Gli esponenti del consorzio ragusano hanno lottato per la loro posizione, ma il rettore ha giocato a favore della controparte, non a tutela dell’ateneo. E il senato accademico ha supinamente votato a favore. Si è fatto valere un falso: che Lingue avesse fin dall’origine sede esclusiva a Ragusa. Come mai, allora, il consorzio non ha richiesto l’esclusiva da subito? Forse perché non aveva le risorse? Non è stato certamente il Consorzio a pagare gli stipendi dei docenti della Facoltà». La conclusione è perentoria: «L’accordo garantisce una facoltà di lingue a Ragusa, ma non gli studi a Catania».

Il presidente della Provincia di Ragusa ha fretta di lasciare la seduta. Chiede di poter anticipare i propri saluti, prende la parola e dichiara: «Provo grande soddisfazione per la chiusura dell’accordo. Rispetto le tesi e le esigenze della facoltà di Catania, ma anche quelle del nostro Ente vanno rispettate. L’accordo salvaguarda i docenti e gli studenti ed è in linea con quanto suggerito dal Rettore. Abbiamo delle eccellenti strutture, laboratori, tutto il necessario. Mi auguro che questo accordo verrà onorato e rispettato e che le tensioni possano acquietarsi dopo un’attenta lettura». Dopodiché l’onorevole si congeda. Nonostante l’esplicito richiamo del preside ai doveri di cortesia collegati all’ospitalità, l’applauso è freddissimo, non più di quattro o cinque persone.

A questo punto interviene finalmente il rettore. Spiega le motivazioni che hanno portato all’accordo con Ragusa. «Le decisioni prese sono legate a molteplici fattori. Da un lato hanno pesato le richieste del territorio. Non siamo infatti riusciti a convincere i nostri interlocutori, neppure in sede ministeriale, che sarebbe stata più opportuna la presenza di una facoltà di Agraria, perché Lingue non ha il numero di docenti sufficiente per coprire i corsi sia a Ragusa che a Catania. Ho provato in tutti i modi a dissuaderli dal concentrarsi su Lingue, ma non ci sono riuscito. Dall’altro c’è il fatto che la facoltà di Lingue ha sforato i propri limiti di bilancio e tutte le altre facoltà si son dovute addossare questo debito. Quello che è stato fatto, piaccia o non piaccia, è ormai fatto. Siete abbastanza adulti per capire. Il senato ha votato all’unanimità, tranne il preside Famoso ed altri quattro senatori accademici. Prima sembravano anche loro d’accordo e poi hanno repentinamente cambiato idea. Ho dato la possibilità di parlare a tutti i presidi e tutti, all’unanimità, hanno dato il loro consenso. Abbiamo risanato il debito, garantito la permanenza di tutti i corsi di laurea in Lingue programmati a Catania, concesso ai docenti di optare liberamente per la sede nella quale vogliono insegnare». E conclude: «Il lavoro di questi due mesi è ormai concluso e può solo essere democraticamente criticato. La vostra libertà finisce dove inizia il lavoro degli organi di governo». A sostegno delle sue parole il rettore fa distribuire un dossier di documenti, compreso un articolo di Step1.

Viene data la parola a un rappresentante dei lavoratori precari: «Siamo preoccupati per il futuro. La prospettiva dei contratti a tempo determinato è quanto mai nebulosa. Come si ridarà dignità al nostro lavoro? Quali sono le prospettive dell’A.A. 2011-2012 per i Co.Co.Co.? Esiste la possibilità che i cinque contratti a tempo determinato deliberati nello scorso consiglio vengano banditi?».

Interviene poi il docente di Storia contemporanea Luciano Granozzi. Strappa un applauso osservando che la battuta del rettore “La vostra libertà finisce dove inizia…” gli sembra completamente fuori luogo perché il rettore non sta parlando a un’assemblea autoconvocata ma a un consiglio di facoltà: «Non c’è un altro posto per esercitare un confronto di libere opinioni se non qui dentro». Aggiunge: «Non condivido la prospettiva del collega Rappazzo. La deliberazione del Senato accademico è a mio parere positiva per due motivi: primo perché si è messa la parola fine a un decentramento che ha avuto un pessimo sviluppo, secondo perché l’integrazione tra Lettere e Lingue consentirà finalmente di lavorare insieme, anche per recuperare dentro un quadro più ampio molti degli elementi che hanno caratterizzato la funzione culturale della Facoltà e che sono stati parzialmente smarriti per le difficoltà degli ultimi anni». Ma pone al rettore numerose domande. Osserva che la bozza di accordo portata a conoscenza del Senato conteneva il pericolo di protrarre ancora per anni il tira e molla per i corsi di Agraria e Giurisprudenza in caso di mancata costituzione del quarto polo, chiede quali garanzie finanziarie potrà offrire il consorzio, si augura che la fusione delle due facoltà sia portata a termine prima dell’elezione del nuovo preside, torna sulla questione dei lettori e del personale precario: «Stiamo parlando di persone fornite di un’eccellente qualificazione professionale. La facoltà si è basata sul loro apporto ma nessuno adesso si preoccupa di loro. Rischiamo di far pagare i più deboli».

Interviene nuovamente il professor Recca, prendendo atto che «finalmente si stanno ponendo delle domande costruttive». Risponde garantendo che il testo definitivo dell’accordo mette in chiaro che le facoltà di Agraria e di Giurisprudenza rientreranno a Catania dal 2011-2012 e asserendo che il termine ultimo per l’adesione alla nuova facoltà è stato fissato al 28 febbraio 2011 proprio per garantire un processo unitario anche in vista della scelta del nuovo preside. Aggiunge: «Se riusciremo a portare avanti un progetto di razionalizzazione non tutti i mali verranno per nuocere. L’importante è vedere le bottiglie mezze piene. Non è un dramma se, invece di avere due presidi che litigano continuamente, ne avrete uno solo eletto da voi. Comunque sia i corsi previsti a Catania per il 2010-2011 sono stati mantenuti. Cosa succederà nei prossimi anni? Non lo so neppure io! Se il quarto polo avrà l’autonomia, le risorse non verranno sottratte a Catania perché verranno dagli enti locali e dalla Regione. Se si fa il quarto polo, sarà un problema loro. Il nome della facoltà è un falso problema: lo sceglierete assieme». In risposta al quesito sui precari il rettore ha allargato le braccia: «I precari? Mi dispiace moltissimo. I bandi di co.co.co. sono bloccati, secondo una nuova normativa, il numero dei precari deve essere dimezzato rispetto al 2009. Non posso dire cose non vere».

Il dibattito è proseguito con gli interventi del prof. Giuseppe Cozzo, delegato alla didattica, che ha ribadito che l’università di Catania non ha rinunciato ai propri corsi di Lingue, e del professor Pignatato, nelle vesti di consigliere di amministrazione, che ha dato conto del risanamento finanziario attuato a favore della facoltà di Lingue. Sono intervenuti anche il professor Scuderi, il past preside Pioletti e altri docenti. Attilio Scuderi ha asserito che il rettore non può dare risposte perché ha obbedito a ben precise pressioni della sua parte politica. E ha concluso: «Perché era cosi difficile immaginare la facoltà di Lingue sia a Catania che a Ragusa? La verità è che l’ateneo, e soprattutto il rettore, si sono dovuti inchinare alla politica». Il professor Pioletti ha difeso il modello di decentramento originariamente proposto a Ragusa e ha ribadito la necessità di riportare al centro della discussione gli orientamenti culturali della facoltà e l’insopprimibile necessità dell’internazionalizzazione e del valore aggiunto fornito dagli insegnamenti umanistici.

Il preside Famoso ha svolto un lunghissimo intervento conclusivo: «Sulla base della discussione che si è appena avviata, e che verrà ulteriormente approfondita, deriva la convinzione che questa facoltà non può essere, a parere di molti, chiusa in questo modo. Serve una soluzione che non sia umiliante per l’asse formativo delle lingue straniere. Ho votato contro perché si è aperta una prospettiva differente rispetto a quindici giorni prima, solo perché qualcuno premeva, anche in sedi ministeriali, per avere la facoltà di Lingue a Ragusa. Adesso ci troviamo a favore del quarto polo! Non ci aspettavamo l’altra soluzione di inglobamento a lettere. Di certo non mi annullerò. Porterò comunque avanti le mie idee, e questo che lo sappia anche il preside Iachello. Personalmente penso che questa riorganizzazione porterà al declino. Per il futuro la prospettiva è nebulosa. Il quarto polo lo è pure. Nascerà come università statale o dovrà diventare tale? Se i colleghi vogliono rimanere a Catania, dobbiamo riuscire a proporre una piattaforma che garantisca l’offerta formativa. Chi ci garantisce che, dopo aver concesso l’esclusiva a Ragusa, la presenza di corsi di Lingue qui a Catania non diventerà fastidiosa? Quale sarà il futuro del personale? Non può pagare solo la facoltà di Lingue. Bisogna tutelare il personale. Cosa accadrà al budget previsto per Lingue a Catania? Dove andrà a finire? Deve essere garantito per Lingue. Dobbiamo aprire un varco a trattative».

E’ previsto per il 30 giugno un nuovo consiglio di facoltà. Alcuni docenti, in vista della scadenza fissta dal Senato accademico per il 15 luglio, hanno già presentato domanda di opzione per la nuova facoltà da costituire a Catania. «Chiedo ai colleghi – conclude il preside – di astenersi dalle domande di opzione. Ovviamente nessuno è privo di scegliere dove andare, solo vi chiedo di aspettare».

Fabio Panebianco

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