Inchiesta/ Vi raccontiamo chi, in Italia (e in Sicilia), sta speculando sul dramma dei migranti

PREMESSO CHE L’EMIGRAZIONE, SOTTO IL PROFILO STORICO, E’ UN EFFETTO DEL COLONIALISMO – IN TESTA QUELLO EUROPEO – VA DETTO CHE OGGI, NEL NOSTRO PAESE, CON LA SCUSA DEL ‘TERZO SETTORE’, C’E’ CHI SI STA ARRICCHENDO. SFRUTTANDO AD ARTE LE ‘EMERGENZE. ELIMINANDO, AD ESEMPIO, LA CROCE ROSSA. E SPECULANDO – COME AVVIENE DALLE NOSTRA PARTI – SUL GRANDE AFFARE DEI MINORI NON ACCOMPAGNATI. IL RUOLO DI LEGACOOP E DEL MINISTRO ANGELINO ALFANO

Abbiamo trovato sul sito quieuropa un intervento sull’immigrazione clandestina che ci ha sorpreso. Non tanto per il suo contenuto che riporta dati di costo – in parte stimati e in parte ufficiali – che questo fenomeno migratorio comporta, ma per la superficialità dell’analisi e delle osservazioni conseguenti. Osservazioni che sanno parecchio di populismo a buon mercato. Tali osservazioni, purtroppo, fanno presa sull’opinione pubblica meno avvertita e quindi abbiamo ritenuto, a nostra volta, di fare di esse una lettura critica a ragion veduta.

Che i flussi migratori, provenienti da ogni latitudine e da tutte le longitudini, comportano per il nostro Paese costi economici rilevanti è un dato oggettivo e quindi nulla da criticare a coloro che ne mettono in evidenza la drammaticità. Quello che, però, risulta inaccettabile è il riferimento alla migrazione proveniente dal Continente africano e dai territori mediorientali. Cioè il riferimento alla cosiddetta ‘immigrazione clandestina’.

PERCHE’ CLANDESTINI? – Intanto perché non si capisce la ragione per la quale questa immigrazione viene definita “clandestina”. Quando gli immigrati arrivano con i barconi (le carrette del mare) non sono nascosti (e, perciò, clandestini), ma sono lì con le loro facce stanche e sofferte per i lunghi itinerari percorsi tra mille rischi ed altrettanti ricatti, sevizie e vessazioni. Percorsi faticosi, effettuati sotto minacce e soprusi, attraverso il deserto. Fate caso a coloro che vengono dalla Siria o dall’Eritrea, che attraversano il Mediterraneo partendo dalla Libia. Costoro hanno già attraversato tutto il Continente africano dall’Est all’Ovest.

Ecco, detto per inciso, questa immigrazione potrebbe al massimo definirsi amministrativamente ‘irregolare’ perché quelle persone sono prive di documenti di riconoscimento e magari dei passaporti, Ed è pure possibile che i documenti di riconoscimento siano stati loro tolti dai cosiddetti “scafisti” proprio per non farne rilevare la provenienza. Per questa semplice ragione (illecito amministrativo) costoro, talvolta, vengono imputati del reato di clandestinità, processati e messi in galera. Da qui i costi della giurisdizione e della detenzione. Cioè della stupidità della nostra legislazione razzista ed ‘occidentale’.

Perché questa gente si sottopone ad enormi sacrifici, finanche a rischio della propria vita?

Ecco questa domanda, che sarebbe ovvio proporsi per capire le ragioni di questo fenomeno, dai populisti di casa nostra non viene neppure presa in considerazione. I populisti della specie berlusconian-renziana si soffermano ad osservare i fenomeni sociali così come sono, senza esaminarne le origini e le cause, e per la loro soluzione hanno pronte le ricette più facili e populisticamente accettate.

IL COLONIALISMO DIMENTICATO – A costoro va ricordato che le cause di tali fenomeni risalgono al colonialismo ‘occidentale’. All’occupazione militare a fini di sfruttamento delle risorse presenti in quei territori da parte delle potenze europee, per oltre due secoli e sino alla metà del secolo scorso, e che continua con altri mezzi ed altri metodi anche ai nostri giorni.

Gli europei, anzi gli ‘occidentali’, che si ritengono depositari della civiltà, sono andati in quei continenti (Asia, Africa ed America Latina, America del Nord, Canada ed Australia) a portare la loro civiltà, cioè a sfruttare le risorse umane e materiali di quelle contrade, ad arricchirsi e a lasciare nell’ignoranza e nella povertà le popolazioni indigene. E quando sono state costrette ad andarsene hanno continuato il loro dominio per via indiretta. Cioè, continuando lo sfruttamento attraverso la corruzione e la dotazione di armi alle classi dirigenti locali, mantenute al loro servizio.

Tranne alcune eccezioni, che guarda caso sono i Paesi che costituiscono il Brics – Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa – le altre ex colonie delle potenze occidentali sono ancora oggetto di sfruttamento delle loro risorse da parte dell’occidente: Libia, Algeria, Nigeria, Iraq, Botswana, Congo. Egitto, Mali e l’elenco potrebbe prolungarsi oltremisura. Di questi ci piace ricordare il Botswana, perché in questo piccolo Paese, che comprende il deserto del Kalahari, una multinazionale statunitense detiene la concessione per lo sfruttamento diamantifero. Questa società mineraria, il cui slogan commerciale è “The Beers: un diamante è per sempre”, per non avere ingombri fastidiosi nel lavoro, ha deportato in altri territori una intera etnia stanziale, i pigmei, ometti piccoli e innocui, ma che a loro davano fastidio solo per il fatto di esistere.

Altre, invece, hanno trovato la forza di liberarsi da questa pesante ipoteca e per questa ragione le loro classi dirigenti vengono tacciate di filo terrorismo (Palestina ed Iran, per esempio). E in questi giorni anche le popolazioni filo russe dall’Ucraina dell’Est.

Una ‘strana’ coincidenza è rappresentata dai Paesi latino-americani – Cuba, Bolivia, Brasile e Venezuela in testa – che sono riusciti a cacciare le società multinazionali americane dai loro territori, trascinando quasi tutti i Paesi di quel continente sulla via dell’indipendenza e del riscatto internazionale, sfruttando nell’interesse delle loro popolazioni le risorse delle quali dispongono.

Premesse queste considerazioni, che apparentemente apparirebbero fuori contesto, leggiamo le cifre che il servizio di quieuropa ci propone.

UN AFFARE DA 80 MILIARDI DI EURO ALL’ANNO – La stima globale dei costi ammonta a circa 80 miliardi di euro l’anno. Secondo la Cgia di Mestre, sono anche superiori. Le voci più rilevanti riguardano le spese per il contrasto alla immigrazione ‘clandestina’ per il controllo delle frontiere (operazione Mare Nostrum compresa?), nonché il costo delle relazioni con i Paesi d’origine degli immigrati che ammonterebbero a 2 miliardi di euro l’anno.

Poi i costi del sistema giudiziario e penitenziario che, secondo il sindacato autonomo di Polizia giudiziaria, Osapp, sarebbero di 4 miliardi di euro l’anno.

Ogni immigrato costa al nostro Paese 45 euro al giorno; costo che, per i minori non accompagnati, sale a 74 euro giornalieri.

Si dice nel servizio che i detenuti per immigrazione clandestina rappresentano il 40 per cento della popolazione carceraria delle nostre affollatissime galere. Ma chi si è inventato il reato di “immigrazione clandestina”? Il dibattito sull’affollamento carcerario non considera tra le diverse soluzioni anche lo snellimento dei reati previsti dal codice penale. Ed invece se ne aggiungono altri magari cervellotici, qual è quello di cui si discute in questo servizio.

Di larga parte di questa spesa sono beneficiari le varie organizzazioni “buoniste”, così le definisce qui europa, tra le quali le associazioni che fanno capo a Comunione e Liberazione, alle cooperative di solidarietà, la Caritas e tante altre associazioni di volontariato onlus che pullulano nel nostro Paese che addirittura costituiscono il Terzo settore economico. Per costoro l’immigrazione è un vero e proprio business.

TRE CONSIDERAZIONI SUL FENOMENO IMMIGRAZIONE – Ci corre l’obbligo di fare tre considerazioni su quanto puntualmente denunciato da Chiara Comini su quieuropa. La prima riguarda il ruolo dell’Europa sulla questione Immigrazione, la seconda attiene al fenomeno che le spese di accoglienza stanno assumendo in Sicilia e la terza il ruolo del cosiddetto Terzo settore.

Sulla prima è presto detto: l’Europa che è storicamente la prima responsabile dei disastri economici, sociali, culturali ed ambientali arrecati nel Continente africano si guarda bene dall’affrontare l’argomento, fa lo gnorri, e scarica sull’Italia l’intera responsabilità dell’accoglienza, nonché dei relativi costi. E, se andrà bene, provvederà a sostenere parte delle spese che l’Italia affronta nella circostanza, lavandosi la coscienza con qualche mancia.

La seconda riguarda la Sicilia dove, all’insegna delle confusione e senza direttive precise, i Prefetti della nostra Isola e la Regione hanno affidato la gestione dell’ospitalità dei migranti ed in particolare dei minori – al costo di 74 euro/giornalieri/pro capite – a cooperative. Queste ultime hanno pensato bene di scaricare i costi sui Comuni siciliani.

Peccato che, in molti casi, legge alla mano, i Comuni non possono pagare il costo di questi minori non accompagnati arrivati con i barconi, perché nessuno, aprendo i centri e ricoverando i minori, ha avvertito gli stessi Comuni!

C’è, in questa storia, una grande speculazione in corso da parte di chi sta gestendo un servizio che, è inutile girarci attorno, è diventato un grande affare. C’è l’incredibile leggerezza di un Governo regionale, che invece di chiamare alle proprie responsabilità Governo nazionale e Unione europea, ha scaricato sui Comuni costi impropri. E c’è l’atteggiamento di un Governo nazionale – segnatamente del Ministero degli interni – che fino ad oggi non ha fatto nulla per evitare la confusione.

IL GRANDE BUSSINES DELLE COOPERATIVE ‘SOCIALI’ – In Sicilia, da un anno e mezzo a questa parte, sono sorti come i funghi circa 350 centri di accoglienza per minori non accompagnati che ospitano, nella stragrande maggioranza dei casi, bambini arrivati con i barconi. Ogni centro ospita, in media, da 12 a 13 minori non accompagnati. Si tratta di centri gestiti, nella stragrande maggioranza dei casi, da cooperative sociali. Stando a indiscrezioni, farebbero capo in parte alla Legacoop e in altri casi, sarebbero vicine a qualche Ministro. 

Quando si tratta di mettere in campo organizzazioni di servizi per drenare denaro pubblico, si sa, in Sicilia non temiamo concorrenza. Le difficoltà nascono quando devi dare vita ad imprese produttive e manifatturiere che devono competere nel mercato nazionale, europeo e globale. In quel caso sono più quelle che chiudono che quelle che aprono. Utile lordo doppio rispetto alla spesa per produrlo.

In Sicilia fare impresa per ospitare i giovani immigrati, al pari delle società di capitale per esercitare la formazione professionale, è una pacchia. 74 euro al giorno per ogni fanciullo ospitato è un investimento più che remunerativo. Ospitare un ragazzo può, sì e no, costare 25 euro al giorno (e assai sono). Con linguaggio tecnico, si può affermare che il margine operativo lordo è di ben 50 euro al giorno. Provate a trovare un altro comparto economico il quale con costi di 25 euro ti lasciano un utile lordo di 50 euro, soprattutto in Sicilia!

SETTE CENTRI PER PALMA DI MONTECHIARO – Si racconta che a Palma di Montechiaro, un Comune dell’Agrigentino, guarda caso la provincia che ha dato i natali al Ministro Angelino Alfano, di centri di accoglienza di immigrati minorenni se ne conterebbero addirittura 7 (diconsi sette). Si racconta che i titolari delle sette strutture si sono recati dal Sindaco per avere pagate le rette dei fanciulli da loro ospitati, avendo peraltro scoperture bancarie da saldare.

Il Sindaco di questo Comune, che da parte sua non ha nemmeno i soldi per le incombenze ordinarie, li avrebbe indirizzati verso il Ministro degli Interni. Il ministro, infatti, in forza della legge nazionale 328 e della circolare del 21 febbraio scorso, ha furbescamente attribuito ai Comuni il compito di curare l’ospitalità degli immigrati minori, ma ha trascurato il dettaglio di conferire unitamente all’incarico anche i soldi per svolgerlo…

Per non parlare delle conseguenze future che questo modo di fare impresa in Sicilia comporta per il personale selezionato dai privati per svolgere questo lavoro. Secondo la legge 328, gli enti che si candidano a svolgerlo debbono possedere alcuni requisiti e tra questi idonee professionalità. Immaginate questi lavoratori assunti dai privati, allorquando l’emergenza immigrazione di massa dovesse concludersi: li ritroveremo tutti davanti l’assessorato regionale alla Famiglia o davanti la Presidenza della Regione per avere assicurata la continuità degli stipendi o, comunque, di un altro lavoro più o meno identico al precedente. E i sindacati sarebbero immediatamente al loro fianco a rivendicare tale ‘diritto’, come hanno fatto – e stanno facendo – con gli assunti senza concorso dagli Ato rifiuti e dagli Ato idrici.

CHI PAGHERA’ ALLA FINE? – Per completezza d’informazione, i Sindaci siciliani si sono più volte incontrati con i rappresentanti del Governo regionale e del Governo nazionale per capire chi deve pagare le rette di questi centri per minori non accompagnati. Il cui numero, mentre scriviamo, aumenta, perché ogni giorno, in Sicilia, proseguono gli sbarchi e si aprono altri centri.

Il Governo nazionale di Matteo Renzi, quest’anno, ha scippato dal Bilancio della Regione un miliardo e 100 milioni circa (più altri 200 milioni di euro per pagare i ‘famigerati’ 80 euro). Ne ha restituiti 550 per consentire al Parlamento siciliano di approvare la recente legge di assestamento di Bilancio.

Con gli altri soldi dei siciliani che si è tenuto, il Governo nazionale dovrebbe pagare questi centri per minori. Ma adesso non li vuole più pagare. Tant’è vero che l’Ars, nella legge di assestamento di Bilancio di qualche settimana fa, ha stanziato 13 miliardi di euro per questi centri. Quindi, finora, siano noi siciliani a pagare per questi minori non accompagnati, e non lo Stato e l’Unione europea.

I 13 miliardi circa stanziati dal Parlamento siciliano per ‘anticipare’ i pagamenti a questi – sembra attraverso i Comuni – sta creando un precedente in base al quale i titolari di questi centri per minori non accompagnati potranno rivalersi sui Comuni. Non soltanto per farsi pagare le rette di quest’anno, ma anche l’arretrato dello scorso anno.

Per completezza d’informazione, il vice presidente dell’ANCI Sicilia, Paolo Amenta, sostiene che il costo di questi centri per minori non accompagnati, nella nostra Isola, sfiora gli 80 milioni di euro all’anno.

Volete vedere che Renzi e Alfano, con la compiacenza dell’Unione europea, troveranno il modo di farli pagare ai contribuenti siciliani attraverso nuove tasse comunali?     

LA ‘MANCIUGGHIA’ DEL TERZO SETTORE – La terza considerazione attiene al ruolo del Terzo settore che, con la scusa del volontariato, è lì pronto a drenare risorse pubbliche. Addirittura il movimento cooperativo si è inventato la formula delle cooperative sociali quale strumento di facile assorbimento della spesa pubblica. Denaro pubblico che viene speso con larghezza di vedute in occasione delle varie emergenze. Emergenze che, per fortuna loro, in Italia non mancano.

Anzi le emergenze sono ‘il sistema Italia’ e la spesa relativa è autorizzata a bypassare allegramente ogni procedura amministrativa di controllo preventivo e, naturalmente, ogni forma di evidenza pubblica.

Addirittura, per dare spazio ai privati del Terzo settore è stata soppressa una grande e storica organizzazione umanitaria, composta da volontari civili e militari – leggasi Croce Rossa Italiana – per fare spazio all’affarismo del Terzo settore, sia esso laico (cooperazione sociale), ecclesiale (Caritas) o paraecclesiale (Comunione e Liberazione).

E’ la classica formula neoliberista che teorizza il lucro su servizi pubblici gestiti da enti provati.

In conclusione, ci piace ricordare testualmente la presentazione che di sé fa quieuropa, a cui va il merito di avere sollevato la questione che ci ha convinto a prendere spunto per le riflessioni che abbiamo appena svolto. Questo sito, nel presentare il servizio del quale abbiamo riportato i dati quantitativi più rilevanti, premette: ”Siamo certi che i soliti stupidelli terzomondisti e buonisti ci accuseranno di razzismo, fascismo, leghismo e, magari, in ogni modo proveranno a darci dei falsi o dei bugiardi. Ormai ci siamo abituati, abbiamo capito che amano divertirsi così e li lasciamo fare. Anzi, più ci saranno di questi attacchi e più saremo felici perché significa che siamo dalla parte della giusta battaglia”.

Com’è di tutta evidenza, noi non siamo terzomondisti per la ragione che non riteniamo che vi sia un primo, un secondo, un terzo o un quarto mondo. Questa classificazione la lasciamo ai teorizzatori dell’Occidente primo mondo che sono quelli che l’hanno ideato per giustificare le loro scorribande imperialiste, allo scopo di portare in giro per il mondo la democrazia con le armi e con le guerre e potere controllare, attraverso l’occupazione militare, tutte le fonti di energia.

Costoro hanno dato vita ai vari G7, G8, G20 e via via di questo passo hanno creato l’aparthaid politico militare: le sanzioni contro la Russia di Putin rappresentano l’ultimo di questi ritrovati della civilizzazione occidentale, solo per fare un esempio che attiene all’attualità.

La nostra è semplicemente una lettura critica della filosofia che presiede alla natura delle considerazioni contenute nel servizio di quieuropa e che, purtroppo fanno facile presa sulla pubblica opinione più sprovveduta. Filosofia che è pienamente rappresentata nella chiusa della premessa al servizio esaminato nella nostra analisi.

Riccardo Gueci

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