La giudice per le indagini preliminari di Catania Simona Ragazzi ha disposto la sospensione dall’esercizio di pubblici uffici e servizi per un anno di sei indagati nell’ambito di un’inchiesta della procura etnea sulla sanità. Tra loro ci sono anche gli ex assessori della Regione Siciliana Ruggero Razza e Antonio Scavone. Tra i destinatari del provvedimento pure il presidente dell’ordine dei medici di Catania, Ignazio Igo La Mantia, e Filippo Di Piazza, Giuseppe Di Rosa e Rosalia Maria Leonardi. La stessa misura cautelare, ma della durata di otto mesi, è stata emessa nei confronti di Alberto Bianchi e Calogero Grillo. In particolare, Razza (FdI) e Scavone (Mpa) sono indagati per turbata libertà di scelta del contraente per la nomina di due professionisti per altrettanti progetti.
A La Mantia è contestata la turbata libertà degli incanti per avere favorito un candidato a un concorso a dirigente all’ordine etneo. Al centro dell’inchiesta un’indagine dei militari del nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Catania. Al centro delle indagini, incarichi nell’ambito di progetti finanziati e approvati dall’assessorato alla Salute della Regione attribuiti a «predestinati» o a dei congiunti attraverso bandi predisposti ad hoc ed esami pilotati nel concorso per la nomina a direttore amministrativo dell’ordine dei medici di Catania. Nell’ambito di questa inchiesta, il 29 aprile scorso i carabinieri del comando provinciale hanno posto agli arresti domiciliari quattro indagati: Giuseppe Arcidiacono, dirigente medico dell’Arnas Garibaldi di Catania ed ex assessore comunale di Cataniai, esponente di Fratelli d’Italia che si era candidato a sindaco di Catania, poi ritiratosi per appoggiare Enrico Trantino, l’aspirante primo cittadino etneo sostenuto da tutto il centrodestra. Oltre a lui anche Nunzio Ezio Campagna, Sebastiano Felice Agatino Ferlito, e un ex funzionario amministrativo dell’università di Catania, Gesualdo Antonino Missale. Tutti sono indagati per turbata libertà degli incanti e del procedimento di scelta del contraente e corruzione per atti contrari al proprio dovere.
«La decisione della gip di Catania di sospendermi dall’assunzione di pubblici uffici, ancorché io non ne rivesta – commenta l’ex assessore regionale alla Salute Ruggero Razza – e, quindi, nella eventualità che ciò possa accadere nel futuro, è coerente con le valutazioni che la stessa giudice ha compiuto, sul medesimo capo d’imputazione che mi riguarda, pochi giorni fa con riferimento alla posizione di altri indagati. In questo senso, per chi svolge la professione di avvocato penalista, la decisione non è inattesa». L’ex assessore del governo Musumeci aggiunge anche che la giudice per le indagini preliminari «pur rimarcando il proprio convincimento, evidenzia che si è di fronte a una valutazione che assume rilevanza sulla sussistenza dell’ipotesi di reato contestata “almeno in termini di gravità indiziaria” e, quindi, resta intatta la possibilità di ulteriormente chiarire ogni aspetto nel prosieguo: a tal fine, nei termini di legge presenterò l’appello al tribunale delle libertà».
«Tuttavia – osserva l’ex assessore regionale – va detto che devo difendermi dall’accusa di aver “turbato” la formazione del bando per una procedura di selezione che ha avuto quale unico requisito la laurea triennale, potenzialmente detenuto da migliaia e migliaia di persone. Una selezione che non ha tenuto in considerazione il curriculum del candidato, non prevedendo requisiti specifici che nello stesso erano rinvenibili. Una selezione che ha previsto una griglia di valutazione da parte della commissione, nella quale chiunque avesse partecipato con titoli più ampi avrebbe potuto correttamente prevalere. Non mi addentro in altro – sottolinea Razza – perché ho grande rispetto dell’attività giudiziaria e penso che non ci si debba difendere sui giornali, ma nelle sedi opportune. Dalla cessazione del mio incarico, lo scorso anno, mi sono dedicato esclusivamente all’attività professionale (sulla quale non incide la sospensione comminata, ndr) e mi ero persino dimesso il 30 marzo dall’ultimo impegno (a titolo gratuito) che avevo mantenuto. Ma, avendo ricoperto ruoli istituzionali – amministrando senza macchia decine di miliardi di euro – ritengo sia doveroso rendere conto di un’accusa: se per turbare una procedura serve prevedere requisiti stringenti che alterino la libera concorrenza, quella di cui vengo chiamato a rispondere non è stata una procedura limitativa della libertà di contrarre della pubblica amministrazione e calibrata sulla personalità di un partecipante. Il resto – chiosa Razza – come sempre, verrà con il tempo e non si deve mai avere timore della giustizia, ma affrontare con impegno i mesi che verranno, nel pieno rispetto del lavoro di tutti i magistrati impegnati in questa vicenda».
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