A sette mesi di distanza dal ciclone giudiziario che ha travolto le isole Egadi portando all’arresto dell’ex sindaco di Favignana Giuseppe Pagoto, è arrivato l’avviso di conclusione delle indagini per tutti i 26 indagati coinvolti nell’operazione Aegades. L’inchiesta messa a segno dai militari della guardia di finanza ha portato alla luce un sistema corruttivo politico-affaristico consolidato da tempo. Tutti sono accusati a vario titolo di corruzione, peculato, falso ideologico in atti pubblici, frode in pubbliche forniture, turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione elettorale, abuso d’ufficio, smaltimento illecito di rifiuti pericolosi.
Sono diversi gli episodi contestati, cristallizzati nelle sedici pagine dell’avviso di conclusione delle indagini firmato dai sostituti procuratori Rossana Penna e Matteo Delfini: dalla gestione delle risorse e degli approvvigionamenti idrici, agli affidamenti di lavori e servizi pubblici dell’Area marina protetta delle Isole Egadi, alle attività ispettive di competenza della polizia municipale fino alle trattazioni di pertinenza del settore finanziario e dell’ufficio tecnico. Per gli investigatori, l’ex primo cittadino avrebbe instaurato un patto di ferro con l’allora comandante della polizia municipale Filippo Oliveri.
Secondo quanto emerso dalle intercettazioni, prima della tornata elettorale del 2018 l’obiettivo sarebbe stato quello di evitare di effettuare i controlli presso le attività commerciali per «non inimicarsi gli isolani elettori». In cambio Oliveri avrebbe ottenuto la nomina a responsabile dell’Area marina protetta e un contratto a tempo indeterminato. Scoperta anche una maxi frode sull’approvvigionamento idrico delle isole affidato alla società di navigazione Marnavi. Le navi avrebbero scaricato una quantità inferiore di acqua potabile rispetto a quella segnata nei documenti ufficiali. In cambio dei mancati controlli, il sindaco e altri esponenti politici avrebbero ottenuto soldi o assunzioni di favore.
Le contestazioni riguardano anche la gestione dell’Area marina protetta: l’ex direttore Stefano Donati è accusato di corruzione, in concorso con il sindaco, per l’assegnazione di alcuni servizi a due cooperative sociali di Favignana. Il primo cittadino avrebbe garantito la stabilizzazione del personale, in cambio dell’assunzione di persone che lo avevano sostenuto nel corso della campagna elettorale per le Amministrative del 2018. Tra i destinatari dell’avviso di conclusione delle indagini: l’ex assessore Giovanni Sammartano; il dipendente comunale Giovanni Febbraio; il dipendente dell’Eas Gaetano Surano; i comandanti delle navi che portano l’acqua a Favignana Francesco Martorana, Angelo Ribaudo e Emiliano Vitiello; Antonia Vittozzi, dipendente della Marnavi e il predecessore di Pagoto, Gaspare Ernandez che per l’accusa si sarebbe accorto degli illeciti all’interno del Comune. Stando a quanto emerso dalle indagini, il suo silenzio sarebbe stato comprato con l’elezione della figlia Kim alla carica di presidente della Commissione consiliare di vigilanza dell’Area marina protetta.
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