«Ci sono ancora dei focolai dentro l’impianto, soprattutto nelle balle di cartone che è più difficile spegnere, ma la nube nera si è dispersa e il cielo è limpido sulla città». L’assessore ai Rifiuti del Comune di Alcamo, Roberto Russo, dà gli ultimi aggiornamenti sull’incendio che ieri pomeriggio è divampato nel centro di stoccaggio gestito dalla ditta dell’imprenditore Vincenzo D’Angelo. L’esponente della giunta pentastellata parla dalla centrale operativa della protezione civile comunale, da dove sta monitorando la situazione. «Stamattina sono intervenuti due elicotteri – spiega – e alle 13 è arrivato un canadair che ha già fatto il primo lancio, per spegnere tutti i focolai serve ancora tempo ma l’emergenza è superata. Adesso dobbiamo aspettare i risultati dell’analisi dell’Arpa».
Sulle origini del rogo ancora non si hanno certezze. «Stanno indagando le forze dell’ordine», precisa l’assessore. Quello che risulta all’amministrazione, perché riferito dai titolari dell’impianto, è il materiale che si trovava stoccato al momento dell’incendio. «Materie plastiche, carta, cartone e legno. La nube nera – continua Russo – si è alzata nella prima fase dell’incendio, quando è bruciata la plastica, ma si è esaurita prima di mezzanotte. Dalle 23 circa in poi le fiamme hanno avvolto anche le sostanze meno pericolose, cioè le balle di carta e cartone, che però sono più difficili da spegnere». Il cartone era infatti pressato e l’acqua fa fatica a penetrare. «Stamattina sono entrate in azione le pale meccaniche per aprirle e procedere allo spegnimento con lancio diretto di acqua».
Il sindaco Domenico Surdi stamattina ha emanato un’ordinanza che invita i cittadini a rimanere chiusi in casa, vieta di avvicinarsi all’impianto bruciato in un raggio di 500 metri e chiede di evitare l’uso di prodotti agricoli prodotti sul territorio di Alcamo. A preoccupare molti cittadini sono le conseguenze della nuvola nera e la possibile presenza di diossina. Come detto, i risultati dell’Arpa saranno disponibili domani, ma intanto la Prefettura di Trapani fa sapere «da una prima sommaria analisi, non sono stati evidenziati livelli preoccupanti. Per monitorare la situazione – si legge nella nota diffusa – ed i valori definitivi sono state posizionate apposite centraline da parte dell’Arpa».
Il chimico Gioacchino Genchi, ex dirigente della Regione Sicilia (che pomeriggio terrà una conferenza stampa insieme a Massimo Fundarò, referente di Sinistra Italiana), spiega: «È andata in fumo molta plastica, in un impianto che trattava sia l’indifferenziata che il differenziato. La plastica produce diossina, furani (sostanze tossiche molto resistenti alla decomposizione ndr) e sostanze ancora più tossiche come gli idrocarburi policiclici aromatici. Il problema nell’immediato – sottolinea – è quello della respirazione, ma altrettanto importante è la deposizione, considerando che le sostanze più pesanti e più nocive si depositano sul suolo, sul mangime degli animale e sugli ortaggi. C’è da stare attenti a questi tre livelli, cominciando a lavare molto accuratamente gli ortaggi e pensare ai derivati animali, come latte e formaggi».
L’impianto bruciato è gestito dalla Vincenzo D’Angelo srl, che fa parte del consorzio Piattaforme Riunite. Nel centro di contrada Sasi Vallone Monaco conferiscono moltissimi Comuni della zona. Si tratta di un impianto di stoccaggio e di separazione dei rifiuti che successivamente vengono trasferiti in strutture di secondo livello che li trasformano. Il Comune di Alcamo, ad esempio, porta in questo centro la carta e il cartone. Motivo per cui l’amministrazione ha annunciato che oggi la raccolta di questi materiale in città non verrà effettuata. «Bisogna vedere se l’impianto era in regola con l’autorizzazione data dal dipartimento rifiuti e quanto materiale era stoccato – spiega Genchi -. È importante saperlo: su un chilo di bottiglie di plastica si può calcolare quante sostanze inquinanti scaturiscono. I dati al momento non ci sono e dunque si possono fare previsioni, prendendo spunto su caso analogo avvenuto a Pomezia tre mesi fa o quello più vicino a noi di Bellolampo di cinque anni fa». Secondo quanto riferisce l’assessore Russo, al Comune di Alcamo l’impianto risulta in regola con tutte le autorizzazioni necessarie.
D’Angelo, imprenditore alcamese, negli anni scorsi è finito più volte al centro della cronache. Arrestato nel 2011 perché indagato dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce su un presunto traffico internazionale di rifiuti verso il Sud-Est asiatico, è stato poi prosciolto dalle accuse. Due anni dopo, nel 2013, è direttamente il presidente della Regione Rosario Crocetta a citare la sua ditta come una di quelle a cui la Regione avrebbe ritirato le autorizzazioni a operare, per carenze nella certificazione antimafia. Ma agli annunci non seguirono i fatti perché la Prefettura di Trapani non avrebbe ravvisato gli estremi per l’interdittiva. D’Angelo è ancora il protagonista dell’operazione che portò in Sicilia, nel 2011, i rifiuti di Napoli nella discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, che verrà sequestrata dalla Procura nel 2014, e chiusa. Su quell’operazione la Dda di Messina ha chiuso nel 2016 le indagini (che non coinvolgono D’Angelo, ma solo chi ha spedito quei rifiuti e chi gestiva allora la discarica) che hanno fatto luce su presunti illeciti: i rifiuti, di origine urbana e non derivanti dalla raccolta differenziata, erano sottoposti soltanto a operazioni di triturazione e vagliatura meccanica, ma non anche alla necessaria biostabilizzazione aerobica, procedura finalizzata ad assicurare la stabilità biologica dei rifiuti per il successivo stoccaggio a lungo termine.
Come affrontare adesso la situazione? «Nell’immediato – spiega il chimico Genchi – bisogna adottare una serie di accorgimenti: monitorare il luogo dell’incendio e da lì il centro abitato, appurando fino a dove si sono depositate le sostanze nocive seguendo l’andamento dei venti e la dispersione, per circoscrivere l’area potenzialmente inquinata. Ci sono composti che sono analizzabili in tempi celeri, e sarà compito delle misurazioni dell’Arpa dare i primi risultati attendibili, poi quelli più pericolosi si potranno stabilire in 24-48 ore e inoltre si dovrà coinvolgere l’istituto di zooprofilattica per determinare gli effetti sulla catena alimentare».
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