Su richiesta dei lettori, ripubblichiamo l’articolo di C. Alessandro Mauceri del 10-11-2012
Solo pochi giorni fa LinkSicilia, unico a farlo, pubblicava un articolo nel quale veniva dato il giusto risalto a un fatto venuto a galla pochi giorni prima e piuttosto grave (per non dire gravissimo): ovvero che le conseguenze dellincendio avvenuto nella discarica di Bellolampo, alla fine di luglio scorso, non solo erano tuttaltro che trascurabili, ma che molti di coloro i quali avrebbero dovuto intervenire non avevano mosso un dito, anzi avevano cercato di tranquillizzare la popolazione dicendo che non era successo niente e che tutto era stato risolto.
La situazione era tanto ‘tranquilla’ che lanalisi dei campioni prelevati sul territorio aveva richiesto mesi per essere completata e che i risultati di tale analisi erano stati inseriti in un decreto che, vista la gravità della situazione e dei contenuti, aveva impiegato quasi un mese per essere reso pubblico (dal 9 ottobre al 2 novembre: incredibile!). E’ così che si tutela la salute pubblica?
Casualmente, invece, con solerzia sospetta (ma forse siamo noi che pensiamo male e ciò è stato necessario vista la gravità della situazione), ma comunque con grave ritardo (dal 18 ottobre al 9 novembre, quasi un altro mese!), il dirigente regionale del dipartimento delle attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico dellassessorato regionale alla Salute, Lucia Borsellino, ha pubblicato un decreto con il quale, in una zona che copre i Comuni di Borgetto, Carini, Giardinello e Montelepre, è stato emesso il divieto di pascolare e utilizzare i foraggi, di raccogliere funghi e lumache, di tenere i volatili in strutture chiuse, di spostare gli animali appartenenti alle specie bovina, ovina, caprina, suina, equina, avicoli e da cortile, allevati per la produzione di alimenti destinati al consumo umano e, udite udite, di consumare in proprio o di cedere a terzi carni e uova, prodotti dopo il 29 luglio 2012, derivanti da allevamenti avicoli ed animali da cortile rurali, a conduzione familiare.
Ancora una volta (come già avvenuto con il precedente decreto) si rischia di cadere nel ridicolo. Come mai ci si è accorti solo dopo quattro mesi dal fattaccio (solo così possiamo chiamarlo) che il consumo, ad esempio, di uova e pollame era potenzialmente pericoloso? Cosa dovrebbero fare le migliaia di persone hanno fatto uso di questi prodotti in questi mesi? E cosa dovrebbero fare con il consumo di ortaggi e frutta? È possibile mangiarli senza pericoli o sono anche questi contaminati da diossina?
E ancora: perché il divieto di carni e uova, prodotti dopo il 29 luglio 2012, derivanti da allevamenti avicoli ed animali da cortile rurali, a conduzione familiare? Se le uova e il pollame provengono da allevamenti allaperto gestiti da aziende non a conduzione familiare sono immuni alla diossina?
Desta ancora maggiore sorpresa che una comunicazione di tale importanza, il decreto con cui venivano definiti i potenziali rischi a cui era soggetta la popolazione, sia stata diffusa non con un immediato comunicato stampa da parte dell’assessorato – con riferimento sia all’assessore regionale, sia al dirigente regionale del dipartimento delle Attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico – trasmesso a tutti i media e mezzi di informazione, ma con la mera e semplice pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Regionale, peraltro in ritardo, rispetto al suddetto decreto, di diverse settimane (quattro, per essere precisi).
Come se non bastasse, poi, è stato necessario attendere quasi tre settimane per vedere pubblicato un nuovo decreto di tale importanza per la salute della popolazione come quello inserito ieri nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana.
Considerato ciò che sta avvenendo in questi giorni sotto i nostri occhi e sul nostro territorio, quanto tempo avrebbero impiegato le autorità competenti per comunicarci esattamente cosa era successo se si fosse verificata (speriamo mai) una nuova Chernobyl!
Che lItalia fosse un Paese in cui talvolta i media, per vari motivi, vedono la propria libertà un pochino limitata o, forse involontariamente, tardano a divulgare certe notizie o non le danno affatto, non è una novità. Forse è anche per questo che, nella classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa, occupiamo il 67° posto dopo Paesi come Niger, Lituania, Gana e Botswana, solo per citarne alcuni, con un peggioramento rispetto allo scorso anno di oltre 10 posizioni. Non sorprende, quindi, che di tutto ciò solo pochi hanno parlato, e solo dopo che la notizia, la cui gravità non poteva più essere nascosta, era stata resa pubblica.
E, anche quando si decide finalmente di informare i proprio lettori (ma, in caso di tale gravità, non si dovrebbero informare solo i lettori, ma tutta la popolazione, come abbiamo cercato di fare noi), cè chi concentra la propria attenzione sulle aziende, sottolineando che è necessario avviare immediatamente un provvedimento a sostegno delle aziende e delle attività economiche che verranno penalizzate dal blocco della produzione e della vendita dei prodotti” ed evitare che tutto questo possa determinare conseguenze negative per la produzione e per il commercio”, come ha asserito lonorevole Salvino Caputo, deputato regionale del Pdl appena rieletto.
Giusto, ma se le imprese dovessero scegliere se vendere i propri prodotti o vedere crescere la percentuale di tumori sui giovani, cosa sceglierebbero? Come mai sono stati necessari quattro mesi per accorgersi del problema e, invece, ora che la bomba (perché di ciò si tratta) è scoppiata, l’assessore regionale alle Risorse agricole, Francesco Aiello, ha già dichiarato che farà fronte con somme già stanziate in appositi capitoli alle richieste dei produttori?
Come mai la Coldiretti e l’Associazione regionale allevatori della Sicilia sono state così solerti nel mobilitarsi in tal senso e hanno chiesto l’attivazione immediata di un’unità di crisi (perché non lo hanno fatto a luglio?). E tutto questo senza che, ad oggi, sia stato individuato il responsabile di tutto ciò
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