Gremite, affollate, quasi rinate. Così ieri si presentavano villa Bellini e la via Etnea che la costeggia. Tanta la gente a Catania in occasione della Giornata della Mobilitazione Nazionale delle Donne, “Se non ora quando?”, organizzata dalla Cgil, a cui hanno aderito anche Città Insieme, Popolo Viola, Comunità Santi Pietro e Paolo. “Con me ci sono anche i miei figli, ci sono i vostri figli, il nostro futuro” urla al megafono una manifestante. Sui marciapiedi, davanti ai bar, in strada, davanti al banchetto adibito per consentire ai nuovi arrivati di firmare la richiesta di dimissioni del Presidente del Consiglio. I manifestanti erano ovunque. C’erano donne di tutte le età. Bambini e bambine. Ma c’erano soprattutto gli uomini. Padri che tenevano per mano le loro piccole. Gli stessi uomini che l’attuale società del Bunga Bunga e dei festini di Arcore vedrebbe volentieri schierati in difesa “dell’uomo potente e ricco, corruttore di giovani ragazzine” come cita il volantino della manifestazione. E forse ieri la differenza l’hanno fatta proprio loro. Oltre che la presenza di una folla cospicua quasi come la metà di quella della festa della patrona. Mariti, figli, fidanzati, e non, accanto alle donne per manifestare contro il degrado della condizione femminile. E per dire “no” a una “regressione culturale del nostro Paese”. Protagonisti indiscussi sono stati anche i cartelloni che i manifestanti indossavano al collo o reggevano nelle mani. “La conquista di un diritto non passa per il letto”. “Né puttane, né madonne, solo donne”. E ancora: “L’Italia non è un bordello”. Una mobilitazione che ha coinvolto duecentocinquanta piazze italiane, avvenuta alla stessa ora, per lo stesso motivo e con lo stesso scopo: difendere la dignità delle donne. Ma soprattutto quella del proprio Paese. Una Catania affollata da donne e uomini dunque, tutti insieme, uniti dal silenzio, interrotto dallo slogan della manifestazione “se non ora quando”, dalla villa Bellini, luogo in cui si sono riuniti, sino a piazza Università. Un silenzio accompagnato anche di tanto in tanto da altri slogan urlati al megafono con rabbia e indignazione. E a tratti apparentemente desueti:“Tremate tremate, le streghe son tornate”. Ma necessari. E quanto mai attuali. Un corteo di streghe, forse, che, abbandonate le scope a casa, negli uffici e nelle scuole, hanno deciso di dar corpo e voce alla loro dignità. Ma questa volta non da sole!
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