«Aggrappatevi tutti insieme alla corda di Allah, non dividetevi». Recita così il manifesto sotto al tavolo dei relatori che oggi hanno inaugurato la nuova moschea di Catania. Un monito non casuale, rivolto a una comunità, quella islamica etnea, composta da fedeli di una ventina di diversi Paesi del mondo: un gruppo indistinto per chi guarda da fuori, diversi usi e concezioni della cultura e della religione per chi invece lo vive. Ma da oggi tutti riuniti nella nuova struttura di piazza Cutelli, costruita con i soldi dei credenti musulmani di tutto il mondo. «Dialogo» è la parola più ricorrente nei discorsi di tutte le autorità, locali e internazionali, intervenute all’inaugurazione. Un confronto interno ma soprattutto con la comunità cristiana locale. «Noi possiamo pregare anche a casa nostra o qui in piazza, per terra – spiega Mohamed Nour Dachan, presidente onorario della comunità islamica in Sicilia – Ma la moschea è un centro di dialogo e stabilità».
«Grazie per non averci espulsi, per non averci relegati in un capannone alla zona industriale – dice Hamza Piccardo, membro del direttivo della comunità islamica in Italia – Siamo al centro della città, vicino all’università e al cuore pulsante di Catania». Come lui, guardano tutti con soddisfazione la nuova moschea: due piani – il primo dedicato alla preghiera degli uomini, il secondo alle donne e ai bambini -, un sottotetto dedicato agli uffici, 400 metri quadri in tutto. Fuori, sulla facciata, una targa: moschea della misericordia. Uno dei nomi di Allah. Il luogo di culto musulmano più grande del Sud Italia. «Al piano di sopra le donne e i bambini potranno seguire le indicazioni dell’imam tramite un televisore collegato al piano inferiore con una telecamera», spiega con l’entusiasmo dei bambini il figlio dell’imam al sindaco Raffaele Stancanelli. «Inshallah, se Dio vuole, possiamo iniziare questa bellissima giornata», dà il via la stessa autorità religiosa, il più emozionato di tutti, Keith Abdelhafid.
Al microfono si succedono veloci gli interventi. Ci sono il viceprefetto di Catania Rosaria Giuffrè, monsignore Gateano Zito in rappresentanza della diocesi, più tardi arriva anche «il sindaco di tutti i cittadini», come si definisce lui stesso, Raffaele Stancanelli. Che annuncia il cimitero musulmano tra i progetti inseriti nel piano urbanistico della città. «Affinché Catania diventi modelli di dialogo», spiega Zito, vicario del vescovo per la Cultura, che cita in scioltezza e in lingua originale riferimenti alla cultura e alla religione islamiche. Tra il pubblico, in prima fila, anche due ex autorità locali: il dimissionario presidente della provincia di Catania Giuseppe Castiglione e l’ex capo della Procura etnea Vincenzo D’Agata.
Tra le congratulazioni e le speranze di collaborazione futura, c’è anche chi richiama i nodi forti di quella che la comunità musulmana preferisce chiamare interazione e non integrazione. «Adesso i musulmani sono cittadini italiani di fatto e di sangue. Pensano in italiano, desiderano in italiano. Su questo dobbiamo investire e credo che, dopo la primavera araba, sia un obbligo internazionale», ricorda Nezha El Ouagi, parlamentare del Marocco all’estero. A portare la loro testimonianza dall’estero sono anche, tra gli altri, il ministro degli Affari religiosi della Tunisia Khademi Noureddin e il vice presidente del partito tunisino Alnahda Abdelfattah Mourou.
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