In viaggio con N’Guyen Le

Ritmi etnici uniti all’occidentale e inconfondibile suono di una chitarra elettrica è lo straordinario sound di N’Guyen Le, artista franco vietnamita, e del suo trio. “Sayuki”, che tradotto dal giapponese significa “Viaggio in occidente”, è l’ultimo lavoro del N’Guyen Le Saiyuki Trio presentato giovedì 8 aprile al Teatro Brancati per la rassegna concertistica Catania Jazz.

Un intreccio di tradizione e modernità, un viaggio di suoni che, partendo dal Vietnam passa per il Giappone, arriva all’India e sfocia in Occidente, tracciando un’unica linea culturale. Un esibizione, quella del N’Guyen Le Saiyuki Trio, che apre le porte a suoni e sensazioni nuove confondendo ritmi e melodie occidentali a suoni dell’Est. Un unicum interculturale viaggiando attraverso sapori, colori e suoni di culture diverse.

Accompagnato da due artisti di grande maestria quali Mieko Miyazaki, virtuosa del koto, strumento a corde della tradizione giapponese, e Prabhu Edouard, percussionista,  N’Guyen Le arriva dritto all’essenza dei suoni aiutato anche da una grande presenza scenica. Uno spettacolo vero e proprio il suo che, oltre a vestirsi di melodie e ritmi diversi, vede Miyazaki ed Edouard indossare i loro abiti tradizionali. La performance del gruppo cresce d’intensità passando una un brano all’altro. Dopo le melodie leggere e le atmosfere soft dei primi pezzi si avverte sempre maggiore velocità e ritmo nelle esecuzioni che raggiungono l’apice in conclusione di concerto con una grandissima vastità, potremmo dire “cosmopolita”, di suoni. Il linguaggio dell’artista è sicuramente il jazz ma è inevitabile notare come la sua formazione musicale  sia nutrita anche da altre affascinanti generi, frutto del suo vorticoso spaziare di cultura in cultura.

Parte importante nel concerto ha l’improvvisazione con la quale i musicisti si divertono, sfidandosi quasi attraverso un botta e risposta musicale ed istaurando un vero e proprio dialogo tra ascoltatori e strumenti, strumenti e musicisti. Pezzo degno di nota è sicuramente “Sangam” dall’indiano “musica”. Scritto da Prabhu Edouard, è un brano che parla della musica così come “Sanghidam” che significa“unità”. Un percorso di ascensione che porta alla felicità e all’esaltazione dei sensi risuona poi in “Sandoshan”, brano dal ritmo inconfondibile e coinvolgente tanto da portare il pubblico a cantare rispondendo alle veloci percussioni di Edouard. Dai vorticosi passaggi musicali alle frequenti improvvisazioni del gruppo, il concerto sembra quasi assumere le sembianze di un viaggio oltre i confini culturali, attraverso nuove sperimentazioni che intrecciano e fondono identità diverse per un’unica armonia.
 

 

Daniele Palumbo

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