Quote rosa sì, ma non troppo. La politica regionale nell’Isola torna a ragionare sul ruolo delle donne in politica e sui canali preferenziali per favorire la loro partecipazione alla vita pubblica. Ma, ancora una volta, l’accesso a quei canali rischia di subire un significativo stop. Non soltanto per via della bocciatura, a scrutinio rigorosamente segreto, della norma che avrebbe garantito il 40 per cento di presenza di genere nelle giunte comunali. Ma soprattutto perché tra i corridoi del palazzo si aggira lo spettro dell’abolizione della doppia preferenza di genere nelle elezioni comunali.
Tra i primi provvedimenti a essere presentati in Assemblea a inizio legislatura c’è stato il disegno di legge sull’abolizione della doppia preferenza alle amministrative, ma era stato accantonato la scorsa estate a seguito delle polemiche che aveva portato con sé. Tuttavia il primo firmatario della norma, nonché presidente della commissione Affari istituzionali, Stefano Pellegrino (deputato di Forza Italia recentemente indagato per corruzione elettorale nell’ultima inchiesta antimafia sui fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro), assicura che il ddl tornerà a essere discusso, «magari non adesso – precisa a MeridioNews – ma dopo le Europee, tra giugno e luglio». A un anno esatto, insomma, da quando l’Aula ha rispedito il ddl in Commissione.
«Io – aggiunge Pellegrino – credo che sarebbe corretto parlare piuttosto di quote celesti». Secondo il presidente della prima Commissione, infatti, si tratta di una legge, quella sulla doppia preferenza di genere, che «mortifica l’intelligenza e le capacità delle donne. Personalmente ne faccio una questione etica e morale, prima ancora che politica. Sono contrario perché sono proprio le donne a essere contrarie, a parte chi anacronisticamente si definisce ancora femminista. Ma eccezion fatta per chi in passato ha perorato questa causa, la maggior parte delle donne con cui mi sono confrontato è favorevole all’abolizione della doppia preferenza».
Sul tema sono arrivate le critiche dei Cinquestelle che «non perdono occasione – afferma Pellegrino – per evidenziare come la metà dei deputati del loro gruppo sia donna, dimostrando a tutti che si tratta di una questione interna ai partiti e ai movimenti e non di un argomento attorno a cui legiferare. Senza contare che – aggiunge – la norma, fatta in questo modo, consente il controllo del voto soprattutto nei piccoli Comuni».
Insomma, l’accesso alle donne in politica non deve passare, secondo la tesi dell’esponente forzista, da un intervento normativo, ma dalla discrezionalità delle forze politiche. Che a ben vedere, però, non hanno brillato per il coinvolgimento delle donne. I numeri dello stato delle giunte comunali siciliane sono stati messi nero su bianco da Sergio Lima, in uno studio condotto per il movimento I Centopassi, l’organizzazione politica guidata da Claudio Fava. Una ricerca condotta sui 51 maggiori centri nell’Isola che evidenzia come soltanto sei donne guidino altrettanti Comuni siciliani, mentre i restanti 45 sono tutti uomini.
Le cittadine a trazione rosa sono Sciacca, Comiso, Augusta, Misilmeri, Erice e Favara. Guardando invece alle presenze di genere in giunta, ecco che sulle 240 poltrone da assessore – nei 51 maggiori Comuni dell’Isola – soltanto 68 sono occupate da donne. In termini percentuali si parla di un 28 per cento, ben lontano dai 40 punti percentuali che la norma bocciata ieri in Assemblea avrebbe garantito. Percentuale che scende ulteriormente a 25 punti se si conta il totale delle poltrone disponibili nelle giunte in esame. Comprese anche quelle dei sindaci, su 288 poltrone appena 74 sono occupate da donne (il 26 per cento).
Gli unici Comuni con una presenza femminile in linea col 40 per cento previsto dalla norma sono Messina, Marsala, Trapani, Bagheria, Augusta, Comiso, Acicatena, Erice, Misilmeri, Scicli e Termini Imerese. Il record negativo in termini percentuali lo raggiunge Catania, con una sola donna su nove in giunta, compreso il sindaco. Una sola donna in giunta anche a Ragusa, Caltanissetta, Agrigento, Acireale, Paternò, Alcamo, Barcellona Pozzo di Gotto e Licata, giusto per citare alcuni esempi. La lista sarebbe molto più lunga.
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