«È come mettere in autostrada il limite di velocità a 450 chilometri orari. Completamente inutile». È questo il parallelismo fatto da Ennio Bonfanti, referente fauna Wwf Sicilia e membro del Comitato regionale faunistico-venatorio dell’assessorato all’Agricoltura, con le limitazioni previste dal calendario venatorio 2018-2019 presentato dall’assessorato regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo rurale e della Pesca mediterranea che si apre oggi per concludersi il 10 febbraio 2019. «Ben undici giorni di caccia in più e senza alcuna valutazione ecologica complessiva sui delicati equilibri fra le specie», criticano dalla sezione catanese della Lega italiana protezione uccelli (Lipu). Il punto che ha sollevato le maggiori critiche è stato l’aver disatteso il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), a cui spetta la valutazione tecnica della sostenibilità, delle modalità e dei tempi della caccia su tutto il territorio nazionale.
Sull’Isola la caccia è consentita «da un’ora prima del sorgere del sole fino al tramonto», si legge nel documento. Cinque giorni a settimana: il lunedì, il mercoledì, il giovedì, il sabato e la domenica per circa cinque mesi. «Il cacciatore può abbattere complessivamente per ogni giornata di caccia 15 capi di fauna» anche se le diverse specie hanno particolari limitazioni giornaliere e stagionali. Nello specifico, il coniglio selvatico, la tortora e il merlo possono essere cacciati dall’1 settembre al 16 dicembre; la quaglia dal 16 settembre al 31 dicembre; il colombaccio, la gazza, la ghiandaia e la volpe dall’1 settembre al 6 gennaio e poi ancora dal 2 al 10 febbraio; la cesena, il tordo bottaccio, il tordo sassello, il germano reale, la folaga, la gallinella d’acqua, l’alzavola, la canapiglia, il porciglione, il fischione, il codone, il mestolone, il moriglione, il beccaccino, la beccaccia e la pavoncella dal 16 settembre al 31 gennaio; per il cinghiale e l’allodola il periodo previsto va dall’1 novembre al 31 gennaio.
«Da oggi, quando si sente uno sparo nelle campagne, chi controllerà che il colpo partito dall’arma del cacciatore fosse rivolto a una specie piuttosto che a un’altra? – si chiede Bonfanti – Dovrebbe spettare al corpo forestale, le cui pattuglie però fino al 15 ottobre saranno impegnate con gli allarmi incendi, oppure anche a tutte le altre forze dell’ordine che sono spesso gravate da altri impegni». Altra novità di quest’anno per la pre-apertura (anticipazione dal 16 all’1 settembre) della stagione venatoria regionale riguarda la mancanza di date fisse prestabilite per queste due settimane, sostituite da una sorta di segno sul tesserino che il cacciatore dovrà apporre prima di uscire per la battuta di caccia nel quale dovrà indicare anche le specie che intende cacciare per quella giornata. «È una cosa ridicola e di una ipocrisia colossale – lamenta il referente del Wwf -, un chiaro messaggio di apertura totale nei confronti dei cacciatori. Chi ci assicura che pur avendo indicato un certo tipo di animale sul tesserino, il cacciatore poi ritrovandosene davanti un altro decida di non sparare?».
La Regione, dunque, non ha tenuto conto delle indicazioni dell’Ispra su apertura e chiusura della caccia perché «non rispecchiano la realtà territoriale siciliana le preoccupazioni evidenziate nel parere secondo il quale la caccia all’avifauna dovrebbe aprirsi il primo di ottobre per consentire un completo sviluppo dei piccoli nati, per evitare il rischio di confusione, per ridurre il disturbo generato da un numero elevato di cacciatori». Le osservazioni arrivate su tutti e tre i punti da parte dell’assessorato regionale competente fanno riferimento al fatto che «già al primo di settembre la fauna è completamente matura e pronta al prelievo. Il rischio di confusione con altre specie – precisa il documento – circoscritto alla moretta e all’alzavola può essere eliminato vietando la caccia a queste specie. Il disturbo dovuto alla presenza di un elevato numero di cacciatori – continua – riguarderebbe esclusivamente le specie acquatiche ed è insussistente, stante che tali specie godono nell’Isola di una protezione territoriale praticamente assoluta; che – si conclude – la presenza in Sicilia di un elevato numero di cacciatori non rispecchia assolutamente la realtà dell’Isola essendo l’indice medio di densità venatoria tra i più bassi d’Italia». Le stesse considerazioni sono state utilizzate per non accogliere la proposta di data di chiusura della caccia che, secondo l’Ispra, dovrebbe essere anticipata al 20 gennaio.
«È vero che il parere dell’Ispra non è giuridicamente vincolante ma – sottolinea a MeridioNews il referente del Wwf – rappresenta delle indicazioni tecnico-scientifiche autorevoli. Il punto è che le osservazioni della Regione arrivano senza censimenti o studi a supporto. Si è perso di vista – aggiunge Bonfanti – che la fauna è un patrimonio che non si può limitare ai confini geografici: quindi, ammesso e non concesso che in Sicilia ci fosse un numero elevatissimo di una determinata specie sarebbe comunque un danno enorme, a livello globale, ucciderne gli esemplari in tempi sbagliati. Noi – conclude – non pretendiamo che la caccia venga abolita del tutto ma auspichiamo almeno che vengano evitati stravolgimenti ambientali».
Preoccupazioni sono state espresse anche dalla Lipu. «Viene consentita la caccia di preapertura alla tortora che sta scomparendo a livello mondiale; al coniglio selvatico in fortissima diminuzione e scomparso da molte aree della Sicilia; al colombaccio che è ancora in nidificazione e abbattere anche un componente della coppia equivale a far morire i piccoli. Addirittura – continuano – in Sicilia la caccia verrà prolungata anche a febbraio, in piena migrazione, e questo anche se studi scientifici e monitoraggi a livello europeo dicono che molte specie di uccelli sono in forte diminuzione». Quello che sottolinea l’associazione ambientalista è che manca un monitoraggio scientifico per valutare se una specie è cacciabile. «Il coniglio selvatico che lo scorso anno era considerato in forte diminuzione – notano dalla Lipu – quest’anno è considerato in aumento malgrado abbia subito una stagione di caccia, e ciò viene dichiarato senza aver effettuato alcun monitoraggio per determinare la consistenza delle popolazioni siciliane sopravvissute. Peraltro – concludono – il coniglio selvatico sta alla base delle piramidi alimentari di aquila reale, di aquila di Bonelli, gatto selvatico e martora per cui la sua scomparsa metterebbe a rischio anche le specie predatrici».
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