«Maria Grazia Cutuli. Non una martire ma una donna che ha realizzato se stessa nel lavoro. Amava quello che faceva ed era felice di farlo: raccontare la guerra vivendola». Sono le parole di Giuseppe Galeani, autore – insieme a Paola Cannatella – del graphic novel, edito da Rizzoli, che ritrae la giornalista catanese, uccisa durante un attentato a Kabul il 19 novembre 2001. Maria Grazia Cutuli. Dove la terra brucia (la presentazione oggi a Catania – alla libreria Cavallotto, alle 18), insieme alle tavole dei fumetti e ad alcune fotografie della cronista in mostra fino a domenica 8 gennaio.
Un lavoro uscito in libreria lo scorso 26 ottobre, dieci anni dopo la scomparsa della cronista, proprio nel giorno del suo compleanno. «Il fumetto parla per immagini ma anche dialoghi. L’idea e la struttura narrativa sono miei, i disegni di Paola, ma è stato un lavoro quasi simbiotico – spiega Galeani – Io e Paola, catanesi d’origine, siamo compagni nella vita da otto anni. Viviamo in un piccolo appartamento a Pavia e lavorare a questo progetto insieme è stato quasi come fare un piccolo figlio».
Più di trenta interviste, tutte realizzate di presenza, in giro per l’Italia, con chi Maria Grazia la conosceva bene. Amici, parenti, colleghi e il prezioso aiuto della sorella Donata sono state le fonti – insieme agli scritti della stessa giornalista – che hanno portato alla stesura del racconto per immagini. «Non è stato facile – dice Galeani – Abbiamo iniziato a lavorare due anni fa. Il progetto è andato avanti con un iter lento e complicato ma inarrestabile. Perché più ci documentavamo su Maria Grazia, più ci innamoravamo di lei».
«Un autore di fumetto deve entrare completamente nel personaggio per poterlo disegnare fedelmente – aggiunge – Paola doveva sentire come Maria Grazia per riuscire a rappresentarla». Una ricerca lunga e dettagliata, non solo sulla vita della cronista, ma anche sulla sua personalità. Dai modi di dire alle abitudini quotidiane, ma anche gli atteggiamenti soliti: il passo, l’andatura, lo sguardo. Tutti elementi necessari per descriverla matita alla mano. «Fondamentale per la parte scritta è stata invece la ricerca storica e documentale sull’Afganistan e il mestiere di cronista», dice Giuseppe. Il risultato? «Chi legge questo libro può veramente sentirsi vicino a Maria Grazia. Ogni parola è stata scelta con cura e attenzione, nel rispetto della sua persona. E tutto questo grazie alla supervisione della sorella Donata».
Il romanzo ripercorre gli ultimi venti giorni della Cutuli, dal giorno del suo compleanno a quello della morte. Ma non segue un andamento cronologico. E’ intessuto su una struttura ciclica che fa luce su alcuni momenti importanti della sua vita. «Tre flashback: uno sulla permanenza a Milano, vissuta come una gabbia, l’altro sulla telefonata che le annuncia la corrispondenza per il Corriere e l’ultimo che descrive la partenza da Catania per Milano», spiega l’autore.
Il libro si conclude con una puntualizzazione sulla vicenda giudiziaria – spesso dimenticata – che tenta di chiarire chi siano i responsabili della morte della giornalista. Ma non distoglie l’attenzione dal fulcro del racconto. «Troppo spesso, con gli anni, le persone scomparse così tragicamente tendono a diventare dei miti nella nostra memoria – conclude l’autore – Questo racconto invece vuole essere un libro vivo di immagini e parole, quelle di Maria Grazia. Che la ritragga così com’era in carne ed ossa. Una donna che amava il suo lavoro e aveva realizzato il suo più grande desiderio: fare l’inviata di guerra».
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