In Italia ci sono carceri o luoghi di tortura?

LA DOMANDA E’ LEGITTIMA PERCHE’ QUELLO CHE SUCCEDE IN QUESTI LUOGHI E’ ORMAI INCREDIBILE. SIAMO BEN OLTRE I LIMITI DI SOPPORTABITA’ UMANA, COME POTETE LEGGERE IN QUESTO SERVIZIO. E IL DRAMMA E CHE NON CI SONO SOLUZIONI. L’UNICA SAREBBE DI NON PROCESSARE PIU’ NESSUNO PER UNA DECINA DI ANNI. MA NON SEMBRA UNA STRADA PERCORRIBILE…

In Italia non si finisce mai di sorprendersi. A volte anche quando sembrerebbe che non resta più niente da scoprire, quando si pensa che il fondo è stato toccato, ebbene proprio allora che si scopre che non è ancora finita, che chi gestisce la cosa comune ha un’innata abilità per rendere se stesso e tutto il Paese ridicolo agli occhi del mondo.

Il problema del sovraffollamento delle carceri in Italia non è nuovo. Da decenni si parla di troppi detenuti ammassati nelle carceri e di condizioni di vita disumane in cui sono costretti a vivere i detenuti.

Alcuni di loro sono costretti a vivere in celle con spazi estremamente ristretti in una cella concepita per un detenuto ce ne stanno quattro o sei o otto (più si scende in Italia più questo numero aumenta), con letti a castello, un piccolo tavolo e due sgabelli nello stesso spazio. Un bagno comune posto a poche decine di centimetri da dove si mangia. Si sta chiusi in spazi angusti al di sopra ogni immaginazione per 22 ore al giorno. L’unica distrazione è la televisione. Sono concesse solo due ore a giorno di “aria”, da passare nel cubicolo o nella stanza della “socialità”. E la situazione peggiora nel caso di detenuti extracomunitari. Si racconta di vere e proprie bande all’interno delle carceri e di risse continue.

Oggi l’Italia è il Paese europeo con il maggior sovraffollamento nelle carceri (preceduta solo da Serbia e Grecia). Per ogni 100 “posti” ci sono 147 detenuti.

Parole come “rieducazione” o “reinserimento” in una simile situazione sono assolutamente improponibili.

E questa situazione nelle carceri nel Bel Paese va avanti da anni. Già la Costituzione ne parla (art. 27, “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”). E le norme attuative lo confermano, così la Legge 26 luglio 1975, n. 354 e il D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, nonché le regole penitenziarie europee Raccomandazione 11 gennaio 2006, n. R/2006/2.

Ma, come sempre più spesso accade in Italia, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Un mare di inefficienze e di sprechi di denaro pubblico in appalti mai ultimati o ultimati molti anni dopo i termini previsti.

Eppure, a guardare i numeri, il personale non manca. In Italia nel 2011, c’erano 35.458 guardie carcerarie per 67.104 detenuti, ossia una guardia carceraria ogni 1,9 detenuti. Un rapporto più favorevole, e non di poco di quello di Francia, Germania, Inghilterra e Galles.

Anche sotto il profilo dei costi pare che i soldi non siano mancati. l’Italia nel 2010 ha speso, escludendo le spese mediche, 116,68 euro al giorno per ogni detenuto. Altri Paesi come Francia o Germania (che comprendono pure le spese mediche) ne hanno spesi molti meno, rispettivamente 96,12 e 109,38.

Eppure, già nel 2012, Napolitano aveva fatto un duro richiamo sulla realtà degli istituti di pena: “Ferisce la nostra credibilità internazionale”. E aveva rinnovato “l’auspicio che proposte volte a incidere anche e soprattutto sulle cause strutturali della degenerazione dello stato delle carceri in Italia trovino sollecita approvazione in Parlamento”.

In realtà, pare che anche sotto il profilo strutturale l’Italia non sia messa tanto male, dato che sparse sul territorio nazionale ci sarebbero non una, ma una quarantina di sedi penitenziarie già pronte e inaugurate, ma, non si sa per quale motivo, non utilizzate oppure aperte e sfruttate solo in parte o, ancora, dismesse.

Ma se le strutture ci sono, il personale anche, le risorse finanziarie pure, allora cos’è che manca? Sì perché qualcosa manca. Tanto che, proprio a causa della cattiva qualità del servizio, il Consiglio d’Europa ha aperto una procedura di infrazione nei confronti del Bel Paese. Troppa violenza, sovraffollamento e condizioni igieniche al limite della tollerabilità, maltrattamenti fisici, scarse condizioni igienico – sanitarie, aggressioni da parte del personale penitenziario, spazi ristretti in cui vengono confinate decine e decine di persone.

Sarebbero queste solo alcune delle lamentele provenienti dai detenuti delle carceri italiane e giunte all’attenzione del Consiglio d’Europa. Nel 2012, 500 detenuti (su 581) del carcere catanese di piazza Lanza hanno presentato un ricorso al Magistrato di Sorveglianza, chiedendo condizioni di permanenza in carcere meno umilianti e degradanti e un trattamento consono alla dignità umana.

“Non è una denuncia contro la polizia penitenziaria o il personale amministrativo – hanno spiegato i difensori dei detenuti – poiché essi svolgono il loro lavoro coi mezzi di cui dispongono, ma è l’attuale sistema carcerario che deve cambiare il più alla svelta possibile. Lo Stato viola la Legge e ha il dovere di correre ai ripari”. In realtà esisteva già un’ordinanza emessa dal Magistrato di sorveglianza di Catania qualche tempo prima, con la quale veniva accolta l’istanza di un detenuto. Da un’indagine era venuto fuori che la situazione non era diversa nelle carceri di Messina e di Palermo. Cosa che non sorprende visto che in Sicilia, a fronte di 4500 posti disponibili, i reclusi sono 7500.

Non è la prima volta, quindi, che l’Italia finisce sul banco degli imputati a causa delle pessime condizioni in cui vertono le nostre carceri. Anche la Commissione per la Prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa ha reso noto un rapporto particolarmente severo con riferimento ad alcuni centri penitenziari e psichiatrici italiani visitati nel maggio 2012. E forse proprio sulla base di queste prove l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Ma il governo del nuovo (non il “nuovo” governo dato che in realtà pare che di nuovo ci sia ben poco) non si è dato per vinto. Invece di utilizzare la grande quantità di centri utilizzabili e in stato di totale abbandono (alcuni già destinati ad essere demoliti), invece di ridistribuire i detenuti in modo da evitare il sovraffollamento delle carceri, invece di riorganizzare il personale per evitare sanzioni, e soprattutto per evitare una valanga di processi contro il modo in cui vengono trattati i detenuti, il governo “del fare” ha pensato di fare qualcosa di nuovo, di trovare una soluzione “strategica”. Così mentre il ministro della Giustizia, Orlando, volava a Strasburgo per convincere i giudici della Cedu che il Paese rispetterà la scadenza fissata per il 28 maggio per adeguarsi agli standard europei, il governo pensava di risolvere il problema “offrendo” venti Euro al giorno ai detenuti che si trovano in celle con meno di tre metri quadrati di spazio vitale. Oppure in alternativa di fare loro uno sconto di pena fino a un massimo del 20%.

Il tutto, associato ad un notevole aumento delle “misure alternative” al carcere, che nel 2009 riguardavano 12.455 detenuti, e oggi sono rivolte a 29.233 soggetti. Questo dovrebbe consentire di liberare circa mille cinquecento posti nelle carceri del Bel Paese. Posti che non serviranno, però, a migliorare le condizioni di vita dei detenuti (almeno di quelli “qualunque”, visto che gli altri o non vanno proprio in cella o hanno condizioni di vita decisamente migliori). Serviranno solo a fare posto a nuovi detenuti. Sì, perché quello che Orlando si è guardato bene dal dire a Strasburgo è che i posti che potrebbero liberarsi grazie a questa sorta di “amnistia” potrebbero non bastare. Anzi la situazione, nel breve periodo, potrebbe addirittura peggiorare.

L’Italia, infatti, è il Paese in Europa con più persone in attesa di giudizio, 14.140 su un totale di 67.104 carcerati, cioè il 21,1% (il dato peggiore dato dopo Ucraina e Turchia). Quindi, a breve, i mille e cinquecento posti resi vacanti grazie alle misure del governo Renzi potrebbero non bastare più. E allora cosa farà il governo del fare? Smetterà di processare i delinquenti (del resto sono già molti i criminali che la fanno franca con la prescrizione)? Oppure si offrirà di pagare loro una somma di denaro prima che commettano un reato (in questo modo si eviterebbe anche il processo con vantaggi su due fronti)? Non si sa.

Di sicuro c’è da sperare che il governo del fare e il Parlamento dei partiti (non degli italiani) trovino soluzioni eticamente e praticamente migliori rispetto a quelle adottate sino ad oggi.

 

 

 

 

 

C.Alessandro Mauceri

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