Un fiume nero, color pece. Non è un afflato poetico, l’effetto di un filtro Instagram o un particolare abbaglio dovuto al sole ma è ciò con cui deve fare i conti da tempo chi si avventura tra le sponde del fiume Nocella. Anche il 2 novembre, il giorno dedicato ai defunti, gli attivisti dell’associazione San Cataldo baia della legalità hanno documentato con l’ennesimo video ciò che accade sul corso d’acqua che nasce sulle pendici del Monte Platti, a pochi chilometri da Palermo e sfocia, dopo un percorso di circa 19 chilometri, nel golfo di Castellammare.
«Continueremo a raccontarvi del fiume nero – si legge nel post dell’associazione – del vero nemico di questa terra, dello sperpero di denaro in sanzioni europee per la mancata depurazione, della tassa sulla depurazione che ogni cittadino paga senza che il sevizio sia realmente erogato, del mancato sviluppo di questo territorio causato dalle nuove forme di speculazione sullo smaltimento di reflui, tutti fattori che saziano le tasche di un branco di sciacalli. Agiscono nella notte, nei giorni festivi, dove i controlli sono dimezzati o totalmente assenti, sono sicuri di farla franca protetti chissà da quale dio. Le immagini video di oggi mostrano la foce del fiume Nocella ribollire, sacche gassose sganciano dal fondo pezzi di fanghi neri, un’aria pungente e maleodorante infesta questi luoghi, il mare è una fogna».
I numerosi sversamenti sul fiume sono stati oggetto negli anni di interrogazioni parlamentari, dossier redatti da chi ha a cuore questo angolo di Sicilia ancora contaminata, e il tentativo di farlo diventare un luogo del cuore Fai. Eppure poco sembra essere cambiato. Ora, su spinta del circolo Legambiente di Partinico, si sta provando a tracciare un nuovo percorso che potrebbe ridare nuova vita al fiume martoriato dalle attività dell’uomo che incontra lungo il suo percorso. L’idea è di istituire un contratto di fiume che, attraverso la spinta dal basso, metta insieme attivisti e istituzioni.
«Come associazione lo chiediamo da tempo – spiega Maria Teresa Noto, presidente del circolo Gino Scasso di Partinico – Abbiamo cercato di stimolare i Comuni coinvolti a mettersi insieme. Finalmente, dopo anni di riunioni e dibattiti anche con le associazioni a tutela del territorio che sono state coinvolte, abbiamo formalizzato un manifesto d’intenti. Si tratta della prima fase delle totali otto, descritte dalla linee guida del ministero dell’Ambiente. Fino al 6 novembre c’è la possibilità di aderire, e poi il documento verrà inoltrato a tutti i Comuni coinvolti. Da quel momento in poi ci sarà un’ulteriore fase, ovvero l’istituzione di un tavolo tecnico all’interno del quale faranno parte i rappresentanti del comitato promotore di questo manifesto e gli enti coinvolti: stiamo parlando degli undici Comuni che ricadono all’interno del bacino del Nocella, anche se poi in realtà chi genera inquinamento non sono tutti e undici».
Il contratto di fiume è uno strumento giuridico istituito e riconosciuto da tempo: nato in Francia nei primi anni ’80 e diffusosi poi anche in Italia (ad esempio sul Tevere), è un protocollo che mira alla rigenerazione ambientale del bacino idrografico di un corso d’acqua. Proprio quello di cui il fiume Nocella avrebbe bisogno. Il ministero dell’Ambiente definisce esattamente i contratti di fiume come «strumenti di programmazione strategica e negoziata ad adesione volontaria, ideati con la volontà di perseguire la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali congiuntamente alla protezione dai rischi idraulici, contribuendo quindi allo sviluppo locale».
L’obiettivo, per Noto, è di creare «un continuum territoriale per dare delle linee di azione affinché si possa disinquinare e creare strumenti di pianificazione e controllo per risollevare la zona. Anche perché ricordiamo che il Nocella sfocia nel golfo di Castellammare, da dove parte la prima riserva naturalistica in Sicilia che è quella dello Zingaro mentre mentre a nord est c’è l’altra riserva di Caporama. Dunque continuare a distruggere questo splendore e non recuperarlo è una follia. Ecco perché – conclude la presidente di Legambiente Partinico – dobbiamo fare di tutto».
C’è chi però resta critico, non tanto sullo strumento di tutela in sè quanto sulle modalità di coinvolgimento e su chi poi dovrebbe firmare il contratto di fiume. «Il Nocella ha delle particolarità rispetto, ad esempio, all’Oreto o all’Eleuterio di Palermo – afferma Francesco Loria, dell’associazione San Cataldo baia della legalità – Nel tratto fluviale che ha maggiori problematicità insistono industrie, come ad esempio la distilleria Bertolino, e i depuratori gestiti da Amap che spesso hanno riscontrato notevoli difficoltà. Quando ci siamo schierati contro il resort che si voleva realizzare sul fiume Nocella siamo stati lasciati soli. Se è questo lo scenario allora mi chiedo sotto quale luna sta nascendo questo contratto. Anni di lotta non hanno mai portato a un risultato, il rischio è di diventare la spalla per qualche politico. Noi già l’anno scorso, con la collaborazione dell’università di Palermo, avevamo avviato le discussioni per il contratto di fiume. Poi è venuta fuori Legambiente. Ma il contratto di fiume non va mai intestato, se lo si fa si parte già con un handicap. Ecco perché la partenza non ci convince. All’ultimo evento sul tema si è detto che vanno messi da parte i protagonismi. Una volta chi ci metteva la faccia era definito coraggioso, oggi per sminuirlo lo si taccia di protagonismo».
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