Imprese, in Sicilia poche donne manager ma più giovani «Maternità è ancora vissuta come rallentatore sociale»

Quasi la totalità dei dirigenti siciliani (86 per cento) è di sesso maschile, con un’età che in due casi su tre (65 per cento) supera i 50 anni, mentre alle poche donne (14 per cento del totale) va la palma della giovinezza: più della metà (il 56 per cento) ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni. «Le donne in Sicilia hanno ruoli di responsabilità soprattutto nella nascita di star-up con nuove idee progettuali», commenta a MeridioNews Ornella Laneri, presidente della delegazione siciliana dell’associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda (Aidda). 

Da un’analisi di Das, compagnia di Generali Italia specializzata nella tutela legale, emerge in particolare il dato legato alle differenti età rispetto al genere. «È vero che, ancora oggi, le possibilità date alle donne di rivestire ruoli di responsabilità sono inferiori rispetto ai loro colleghi – spiega Laneri – Ci arrivano però prima, quando sono più giovani, perché devono anticipare il periodo che poi coincide con la maternità vissuta dalla società come un rallentatore che crea disparità». Prima, insomma, che le donne si trovino di fronte al bivio che vede da una parte la famiglia e dall’altra la carriera. È in questa fase che si crea il cosiddetto gender gap, il divario legato alle questioni di genere, che pare avere ancora una certa ampiezza in Italia e, in particolare, sull’Isola. Dove, però, non mancano anche belle eccezioni. 

È il caso di Orange Fiber, azienda catanese che produce il primo tessuto sostenibile al mondo a partire dalla lavorazione degli agrumi utilizzando le centinaia di migliaia di tonnellate di sottoprodotto dell’industria di trasformazione agrumicola. Una realtà, diventata azienda nel 2014, nata dall’idea sviluppata nella tesi di laurea di Adriana Santanocito – che oggi è la Ceo di Orange Fiber – condivisa con Enrica Arena che nell’azienda si occupa di marketing, comunicazione e raccolta fondi. «Nella mia esperienza – racconta Santanocito, che da giugno ha anche fondato Terziario donna confcommercio a Catania, insieme ad altre sei imprenditrici del territorio – l’essere donna non ha mai inciso: fossi stata un uomo, sarebbe stata la stessa identica cosa». 

Nessuna distinzione di genere anche nella scelta della squadra per portare avanti il brand. «Non abbiamo mai pensato di preferire un uomo a una donna, o viceversa – spiega la Ceo di Orange Fiber -. Altre aziende lo fanno di continuo guidate dallo stereotipo che penalizza le donne perché avrebbero meno tempo da dedicare al lavoro per non sottrarlo alla famiglia». Come se gli uomini non fosse padri, mariti, compagni, figli. «Il punto su cui focalizzarsi – aggiunge Santanocito – è ripensare una flessibilità nel lavoro che vada oltre i concetti di femminismo e maschilismo che dovrebbero oramai essere superati». 

Tuttavia, stando anche all’ultimo Global gender gap report stilato dal World economic forum per calcolare la disparità di genere, l‘uguaglianza tra le condizioni sociali, economiche e culturali di uomini e donne sono ancora lontane. «Me ne accorgo da episodi di vita quotidiana – ammette Santanocito -. Capita, per esempio, che collaboratori o fornitori più grandi di età e con più esperienza professionale, nel vederci donne, abbiano qualche titubanza. La differenza con i nostri colleghi uomini – continua – è che veniamo ascoltate con più facilità, ma veniamo prese sul serio solo se dimostriamo credibilità, professionalità e competenze». Si parte, quindi, da differenze di genere che poi devono essere annullate. «Per avvicinarsi a una parità che sembra essere ancora lontana – sostiene Laneri, imprenditrice da oltre 30 anni e membro dell’Aidda da circa 12 – bisogna lavorare concretamente sulle pari opportunità, a partire dalla creazione di asili nido direttamente all’interno delle strutture delle aziende. Ci sono ancora troppe donne costrette dalle circostanze a dovere scegliere tra maternità e carriera».

Marta Silvestre

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