Accogliendo praticamente tutti i punti sollevati dall’amministrazione comunale di Terrasini e dai cittadini, solo tre mesi fa il Tar accoglieva il ricorso presentato contro l’impianto di stoccaggio e compostaggio di rifiuti da realizzare in contrada Paterna. Annullando di fatto l’autorizzazione unica rilasciata a luglio 2018 dall’assessorato dell’Energia, con cui la Regione dava l’ok al progetto definitivo dell’impianto. Ma il tribunale amministrativo, a sorpresa, a giugno si schierava invece a favore dei residenti, da sempre contrari alla realizzazione del progetto. Parere contro il quale adesso sia la Regione che la Edil Ambiente – la ditta titolare della realizzazione dell’impianto – hanno presentato appello alla sede del Cga Sicilia. Il caso verrà discusso il prossimo 5 febbraio. Si dovrà attendere, quindi, altri cinque mesi per conoscere un altro fondamentale tassello di una vicenda che si trascina ormai da diversi anni.
La vicenda parte infatti già nel 2013, dopo l’assenso dato dall’ex capo area Girolamo Aldo Carano non alla ditta ora coinvolta nella realizzazione del centro, ma all’amministratore delegato Francesco Cusumano. A una persona fisica, insomma. E nemmeno per un sito di compostaggio ma soltanto, almeno in origine, per un sito di stoccaggio rifiuti. Ambiguità che hanno viziato sul nascere un progetto caratterizzato da non poche anomalie e incongruenze. Quelle che a marzo 2014 avevano portato lo stesso assessorato regionale che adesso approva il progetto a bocciarlo in via definitiva perché incompatibile con la vocazione turistica del paese e per le criticità emerse in fase di discussione durante le diverse conferenze di servizi convocate negli anni.
A mancare all’appello sarebbero stati i necessari riferimenti al piano industriale, a quello economico-finanziario e alle relative garanzie, ai mezzi che saranno impiegati nell’impianto e all’approvvigionamento dei materiali. Senza contare che il centro dovrebbe sorgere in contrada Paterna, una via adiacente a terreni dove le colture sono state tutte convertite in biologico e che hanno anche ottenuto prestigiosi riconoscimenti come il Best in Sicily. È l’unico fondo agricolo della cittadina del Golfo, caratterizzato fino ad ora da agrumeti apprezzati in tutto il mondo, ma già in passato minacciati da lottizzazioni edilizie, episodi di abusivismo e frammentazione delle campagne. Un luogo che mantiene ancora il fascino dell’antico agro terrasinese. Un sito insomma di prestigio per la comunità, di interesse culturale e storico. «Vogliamo turismo, non rifiuti», hanno sempre ripetuto cittadini e amministrazione comunale. Senza contare, infine, che proprio lì accanto si trova anche l’ex discarica di Terrasini, andata a fuoco nel 2012.
Intanto, prima della decisione del tribunale amministrativo e ottenuto l’ok a procedere, la Edil Ambiente annunciava l’inizio dei lavori per il 17 dicembre 2018. Lavori che non sarebbero però mai partiti. «Non esiste allo stato un provvedimento con il quale sia stato congelato il progetto della C.F. Edil Ambiente o siano stati in qualche modo sospesi i provvedimenti autorizzativi dell’impianto – chiarivano solo poche settimane prima proprio la ditta -. Attendiamo con fiducia la pubblicazione del provvedimento che il tribunale amministrativo regionale intenderà adottare, nella consapevolezza di avere sempre agito nel rigoroso rispetto delle regole». Provvedimento che, però, mesi dopo bloccherà di nuovo tutto e contro il quale adesso l’azienda si appella. La loro mission, lo ribadiscono sui loro canali ufficiali, è quella di «sfruttare i rifiuti organici e dare vita al compost di qualità. Questo è il nostro obiettivo, questa è la nostra sfida che porteremo avanti, credendo fermamente nella bontà del nostro progetto. Progetto quest’ultimo che porterà notevoli benefici a tutta la comunità».
«Gli impianti servono eccome (naturalmente non parlo di inceneritori)!», osserva sui social la consigliera comunale di Terrasini Eva Deak, da anni impegnata nella battaglia contro la realizzazione dell’impianto. «Io sono una persona molto ragionevole -prosegue -. Quello che ho contestato è il metodo approssimativo e molto opaco di gestione di tutta questa vicenda, e il Tar ha dato ragione sia al Comune che al comitato nei ricorsi fatti. Ricordo pure che il Tar ha definito la Regione addirittura «superficiale» nel dare l’autorizzazione all’impianto. Gli impianti si devono fare, ma non deve essere la Regione a decidere dove, calpestando la volontà della cittadinanza e mettendo in ginocchio attività agricole e strutture alberghiere avviate con sforzi e sacrifici e diventate fiore all’occhiello del territorio». Un territorio che ha sempre reclamato la propria vocazione turistica, che si sta impegnando a mantenere immutata e, soprattutto, incontaminata.
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