Il voto e il caso impresentabili, tra candidati e registi in politica «Nodo è culturale, spirito di mafia condiziona ancora i siciliani»

Impresentabili in politica. Un’etichetta per identificare chi non possiede le qualità morali oltre ad avere avuto qualche problema con la giustizia. Il tema ormai da giorni è al centro del dibatto in Sicilia, a pochi giorni dal trentennale delle stragi mafiose. Eventi che si legano alle amministrative a Palermo di giugno e alla prossime elezioni regionali, ma anche al ritrovato ruolo di primo piano di Marcello Dell’Utri Totò Cuffaro. L’ex presidente della Regione ha scontato una condanna per favoreggiamento alla mafia ed è tornato in politica con la Nuova Democrazia cristiana, nel capoluogo sosterrà con una propria lista la corsa a sindaco di Roberto Lagalla, ex rettore di UniPa ed ex assessore regionale sia di Nello Musumeci che dello stesso Cuffaro. 

C’è poi il caso di Dell’Utri e delle sue condanne, l’ultima definitiva è quella rimediata nel 2014 per concorso esterno in associazione. L’uomo, ex senatore, è stato tra i fari di Pubblitalia ’80, fondatore di Forza Italia, molto vicino a Silvio Berlusconi. A scatenare le polemiche l’incontrato, all’interno dell’hotel delle Palme di Palermo con Musumeci. Sul tavolo la ricerca dell’unità nella coalizione di centrodestra. Il faccia a faccia è finito al centro degli attacchi del presidente della commissione regionale Antimafia Claudio Fava, quest’ultimo candidato alla Regione e alle primarie del centrosinistra. Da giorni si assiste a un continuo botta e risposta, specie a mezzo social, a cui si sono aggiunte le voci di Maria Falcone e Alfredo Morvillo. Proprio la fondazione Falcone ha annunciato, attraverso una nota, che non inviterà nessun candidato sindaco alla commemorazione del 23 maggio. «Accoglieremo chiunque vorrà partecipare affermando così con la sua presenza una precisa scelta di campo», spiegano. 

«Il tema della lotta alla mafia è uscito dall’agenda politica in generale. In Sicilia abbiamo il caso Palermo, dove c’è un problema etico complessivo. Tutti i candidati non possono limitarsi a dire che la “mafia fa schifo” salvo poi accettarne il consenso. Noi ci siamo rivolti direttamente ai candidati a sindaco chiedendo loro di prendere una posizione chiara e netta. C’è poi il problema di chi è stato condannato per reati legati alla mafia, essere un politico implica l’essere al di sopra di ogni sospetto in una terra in cui il rapporto tra mafia e politica attraversa decenni di storia», spiega Vito Lo Monaco, presidente del Centro studi Pio La Torre, durante il suo intervento a Direttora d’aria, in onda su Radio Fantastica e Sestarete Tv. 

«L’antimafia è stata anche di cartone – continua Lo Monaco – usata come schermo per oscurare e nascondere affari e rapporti politici. Questo ha creato confusione. L’antimafia deve essere un oggetto di impegno quotidiano da parte della politica. Il caso di Musumeci ci preoccupa, da lui ci aspettiamo atti pratici». Un problema di legalità, garantismo oppure opportunità?. «Possono fare quasi tutto, per Cuffaro per esempio, non c’è la possibilità di candidarsi direttamente tant’è che ha rifondato un partito. Per noi giuristi, ma anche per i cittadini, la pena è inflitta per la rieducazione. La Costituzione è ottimista e pensa che le persone possano cambiare e non commettano più dei reati dopo avere scontato la condanna», spiega il docente di Diritto penale di UniPa Costantino Visconti

«Da un punto di vista dell’opportunità ai cittadini rimane di esprimere il proprio giudizio attraverso il voto. Io non saprei dire come mi sarei comportato al posto dei candidati. Mi sembra discutibile tuttavia la scelta di Musumeci di incontrare Dell’Utri. Io mi domando cosa chiediamo, da siciliani, ai nostri candidati. Per esempio Cuffaro e il suo partito possono dare un futuro ai nostri ragazzi? C’è bisogno di concretezza e fatti, abbiamo sentito troppe scomuniche antimafia che poi si sono rivelate un boomerang. Spesso ci illudiamo di sconfiggere le cosche attraverso una forte repressione ma rimane la questione dello spirito di mafia che noi siciliani, lo dico con rispetto, respiriamo e ancora e ci fa fare scelte sbagliate. Prima di giudicare gli altri dovremmo farlo con noi stessi». 

Dario De Luca

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