Il tornello dei dileggi è il romanzo d’esordio di Salvatore Massimo Fazio. Il volume, edito da Arkadia
all’interno della collana Eclypse, segna l’ingresso ufficiale dell’autore nel mondo della narrativa, universo
totalmente diverso rispetto a quello della saggista a cui si era dedicato finora. Non solo scrittore, Fazio è anche filosofo, giornalista, pittore e agitatore culturale. Nato a Catania nel 1974, ha vissuto tra il capoluogo etneo, Roma, Bodø (in Norvegia),
Eastbourne (nel Regno Unito) e Torino.
Nel 2005 ha pubblicato, con il poeta e scrittore Giovanni Sollima, I dialoghi di
Liotrela. L’albero di Farafi o della sofferenza. Nel 2016 è uscito invece il saggio Regressione suicida. Nel
2019 è presente nell’antologia Catanesi per sempre e, nel 2020, in Siciliani per sempre. Nel 2014, inoltre,
ha fondato il blog Letto, riletto, recensito!. Il tornello dei dileggi è uscito in libreria l’11 novembre. Dopo l’anteprima nazionale di sabato 13 novembre a Sant’Agata Li Battiati, l’autore presenterà il libro in diverse città italiane. Intanto, noi lo abbiamo intervistato.
Quanto è durata la gestazione del libro?
«Molto. Per essere precisi ci sono voluti sette anni. Non mi piaceva mai l’impostazione del testo, avevo
sempre l’impressione che avesse un taglio di tipo saggistico e non era quello che volevo. Ho trovato la
giusta via da seguire quando mi sono rivolto a un’agenzia letteraria che mi ha aiutato a creare il nuovo
Salvatore Massimo Fazio: non più solo saggista, ma anche romanziere e narratore».
Come è nata l’idea del libro?
«Il Tornello dei dileggi si ispira a Il Tinello del dileggio, un talk show vero, tra il serio e il faceto prodotto da Andrea Pennisi, che si è tenuto a
Catania anni fa. Sul palco erano presenti vari attori – tra i quali anche io – che
parlavano e litigavano partendo dalle provocazioni del pubblico. Nel libro, il talk show non è ambientato
in teatro, ma in tv e, nel racconto, vado a intaccare il sistema della cosiddetta tv spazzatura dove è
sempre tutto preparato ad hoc per intrattenere gli spettatori».
Dove è ambientato il romanzo?
«La vicenda si snoda tra Madrid, Roma, Torino e Catania, città alle quali sono profondamente legato. In
particolare, Catania è fortemente protagonista perché è il luogo in cui sono nato e cresciuto. Nel libro, infatti, si parla anche di cose che mi sono successe davvero. Anche se ammetto di essere diverso
rispetto al passato. Per esempio, sono diventato molto meno polemico».
E questo cambiamento le ha portato dei benefici?
«Decisamente sì. L’incoerenza, per me, non è un dato negativo, così come cambiare idea. A me non
interessa la stabilità e mi piace seguire tutto ciò che è in evoluzione. Io sono contento di non aver
compiuto scelte lineari nella mia vita. Ovviamente a lavoro sono molto rigoroso, ci mancherebbe, ma,
soprattutto quando scrivo, voglio fare grandi salti e capriole e non mi creo problemi nel cambiare».
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