Sicilianisti, serve un bagno di umiltà…
di Francesco Giordano
Una lettura in chiave squisitamente politica dei risultati delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, del 25 maggio u.s., e nella fattispecie declinata in Sicilia riferendosi alla galassia dei movimenti e partiti “sicilianisti” (con tale termine tutti comprendiamo, dagli indipendentisti puri agli autonomisti ai federalisti alle fratellanze socialiste e socialisteggianti), può darsi solo con un preventivo bagno di umiltà, tranne per alcuni.
Il bagno d’umiltà, per coloro che credono, era l’essere “tinctus” nella vasca quindi iniziati alla novella vita religiosa del Cristianesimo (invero il rito era comune ad altre religioni) al quale millenni fa si accedeva da adulti e non da pusilli; cioè dopo, come si afferma nella lingua siciliana, “ca ccì quagghiàu a mènnula”. Poi invalse l’uso del battesimo ai bimbi, tenero per quanto si vuole, ma affatto diverso nelle significazioni.
I sicilianisti di converso, riflettano su quei 14 mila e 600 circa voti che il partito della Lega Nord ha raccolto nell’Isola, dove se è vero -come hanno già fatto notare alcuni- che ha vinto l’astensionismo, cioè coloro i quali in gran maggioranza, il 57,1 %, non si sono recati alle urne -in controtendenza con la media nazionale per cui ha votato il 58%- , e ciò fa anche seguito al 53% di astensionismo, sempre in Sicilia, alle regionali del 2012, v’ha da non dimenticare mai che gli elettori siciliani, oculatissimi ed attenti, alle elezioni nazionali votano eccome: ben oltre il 64% degli aventi diritto nel febbraio 2013 si è recato a votare. Quindi si partecipa nella maggioranza alle consultazioni politiche per il parlamento di Roma, si diserta nella maggioranza per il Parlamento di Palermo, e di Brusselle.
Così fanno i siciliani: amici sicilianisti, teniamolo sempre presente, senza rammentare ciò che conviene e obliare quel che non giova. Cento e cinquant’anni ed oltre di Unità nazionale, se si esclude la fiammata indipendentista del 1944-46 (conclusasi, come sappiamo a memoria, con lo Statuto che noi chiamiamo federale, più ampio di quanto si potesse sperare anche se inattuato, e concesso da Sua Maestà il Re Umberto II; la sovvenuta e luetica Repubblica ha obtorto collo inserito la Carta nella Costituzione del 1948), hanno lasciato il segno, checchè se ne dica. Come il sangue degli eroi siciliani morti nella prima e nella seconda guerra mondiale. E pure bisogna che la si smetta con le “minchiate” del voto orientato da organizzazioni criminali, che pure è accaduto in passato: se così era, dal 2012 le statistiche ci dicono che non c’è più, perchè si recano alle urne, in Sicilia, gli elettori convinti e motivati.
Alle nazionali invece, c’è la partecipazione maggiore, e non per sospetti scambi, ma per intima convinzione. Il fatto grave per il sicilianismo, a nostro parere, è però quel dato suaccennato: 14 mila e 600 voti alla Lega Nord qui, da noi. Se ci fosse stato, non alle Europee perchè sarebbe parso impossibile superare la soglia dello sbarramento del 4 %, un coordinamento di tutti i movimenti indipendentisti siciliani, i quali ad una sola voce avessero calcato i temi ed i toni esattamente nel modo in cui il neosegretario Salvini li ha affrontati per la Lega, anche in Sicilia vi sarebbe stato un buon risultato per un qual che sia movimento federalista.
Però ci conosciamo: ve li immaginate voi i sicilianisti, la più gran parte “infetti” dal sinistrume troskista e veteroleninista (ci perdonino, ma…) quindi diméntichi della grande tradizione del defunto MIS, che con Finocchiaro Aprile, con Lucio Tasca, con Guglielmo e Franz di Carcaci, erano tutti monarchici, conservatori, liberali, (e frammassoni), così come la più gran parte degli iscritti dell’epoca, sbraitare nelle piazze dell’Isola, contro gli immigrati, contro l’Euro, per la salvaguardia dei confini della nostra terra, per dare lavoro prima alla nostra gente? Noi no, non lo immaginiamo neppure. Per queste ragioni molti qui hanno votato Lega, mentre avrebbero votato un rassemblement sicilianista, semai vi fosse stato, conservatore e convinto delle proprie idee.
Abbiamo prima detto che il bagno di umiltà è per i sicilianisti, tranne che per alcuni. Poichè se c’è un movimento autonomista, dal nome ambiguo è vero, come Articolo 4, guidato da una “vecchia volpe” come Lino Leanza, che ha indovinato l’operazione politica del momento, raccogliendo 90 mila consensi con la candidata eletta, la collega Michela Giuffrida, piazzando il “carretto siciliano” entro le liste del PD (il quale con le percentuali d’oggi si può dire essere la nuova DC, con la differenza che allora vi erano autentici leader… e qui ci fermiamo…), è proprio il gruppo del deputato regionale originario di Maletto. Poco importa se nel suo paese un giovinotto, probabilmente per motivi locali, ha fatto il pieno di voti per la Lega: son sempre voti “sicilianisti” espressi in altre forme, probabilmente Leanza non ha curato bene la natia magione.
E’ stato più attento per la sua candidata eletta: per coloro che si meravigliano del grande pieno di voti avuti dalla Giuffrida, consigliamo di andare a verificare la ancor oggi notevole influenza dei parroci, nelle varie diocesi e rioni sia a Catania che altrove. E altro non si aggiunga. “La Chiesa” (intendendo i fedeli che frequentano stabilmente le parrocchie, non la gerarchia ecclesiastica, la quale come è giusto, non dà indicazioni elettorali) si è espressa, anche a livello nazionale in codeste elezioni, figuriamoci se non succedeva a livello regionale. E ciò non vuol dire che se Articolo 4, una formazione autonomista siciliana, ha colto nel segno, sia da lodare in quanto tale: conosciamo il percorso politico di Leanza e dei suoi, e non sono rose e fiori. Però i fatti sono questi.
Per non parlare del Movimento Cinque Stelle: si è messo contro i cosiddetti “poteri forti”, scelta che alla fine si paga. Perfino ospitato da Vespa, in prima serata, Beppe Grillo ha sottolineato che lui “non vuole massoni” tra i candidati al M5S: è vero che le massonerie presenti in Italia sono molte e divise e non hanno il peso politico che le Obbedienze riscontrano nelle altre Nazioni, però chi ha ascoltato e muove le fila, ha memoria, non dimentica, e sa come fare abbassare le creste a chi straparla come i regimi totalitari (solo il fascismo, il comunismo e il nazismo proibirono le organizzazioni massoniche o le misero al bando: infatti sia in Spagna che in Germania che in Italia, patrie di dittature di destra, le formazioni populiste non hanno vinto, seppure conseguirono buoni risultati, a fronte dei partiti di governo: mentre in Francia e Gran Bretagna, patrie della Massoneria, è il trionfo dei cosiddetti partiti “euroscettici” e nazionalisti…).
Quando nel 415 a.C. oltre trecento navi da Atene mossero “verso l’Italia e la Sicilia” (distinzione netta già allora, come era chiara la conseguenzialità della penisola con l’Isola nostra e in qualche modo, era in atto l’interscambio di idee e persone), ricorda Tucidide nella “Guerra del Peloponneso”, per fare pugna con Siracusa che era alleata di Sparta, sia Reggio che Messina che Catania chiusero le porte ai soldati dell’Attica: avvenne però che a Catania mentre Alcibiade convinceva i maggiorenti della città a schierarsi con loro, gli ateniesi da una porta entrassero “per la piazza del mercato” (oggi piano del Duomo), e così i catanesi acconsentirono a ospitare le truppe di Atene. Mal ne incolse ad Alcibiade, che dopo questa sortita dovette fuggire dalla Sicilia perchè gli ateniesi lo ricercavano, non per le sue inclinazioni sulle ginocchia di Socrate (vedasi il Simposio), ma per aver commesso atti sacrileghi e sfregiato le Erme: perciò lasciò egli il comando a Nicia.
Tutto questo per dire che sin da allora la maggioranza dei siciliani, come adesso se non si esprime nel voto tranne che per consultazioni che la fanno sentire parte integrante dell’Italia, attende e solo se subisce, accoglie. Siamo sempre gli stessi, secondo quanto capì il Lampedusa: “vengono a insegnarci l’educazione, ma non lo potranno fare, perchè noi siamo déi”.
Francesco Giordano
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