Il silenzio assordante sui conti della Sicilia

Non è mai abbastanza il ricordare quello che è successo alla fine di luglio alle finanze siciliane, anche perché non ne ha parlato quasi nessuno, né i giornali (tranne Link Sicilia) né tanto meno la quasi totalità dei politici siciliani.

Riepiloghiamo quindi il tutto.
L’On. Villarosa, deputato nazionale del Movimento 5 Stelle, presenta un’interrogazione al Governo al Question Time, chiedendo spiegazioni sulle mancate entrate della Sicilia di cui all’art. 36.

Stiamo parlando di un mancato gettito di circa 3 miliardi l’anno, una finanziaria statale o quasi per intenderci, e per di più crescente nel tempo.
Lo Statuto riserva solo alcune entrate allo Stato; per le altre la Regione dovrebbe deliberarne l’entità incamerandone il gettito.
Gli accordi del 1965, tradotti nei decreti attuativi in materia finanziaria, tradiscono il dettato letterale dello Statuto, riservando allo Stato la competenza legislativa sui principali tributi diretti e indiretti, ma attribuiscono alla Regione il relativo gettito, al 100 % (era il compromesso con il quale la classe politica regionale, premiata per aver defenestrato Silvio Milazzo, veniva “ricompensata” da Roma dandole solo autonomia di spesa ma non di entrata).

Nel 1972/73 si fa una grande riforma tributaria: l’IGE è sostituita dall’IVA e l’Imposta complementare ed altre imposte con IRPEF, IRPEG, ILOR, etc.
Lo Stato non modifica i decreti attuativi per la Sicilia ma decide autonomamente, e a modo suo, quali dei nuovi tributi sostituiscono i vecchi, mantenendo in teoria il gettito alla Regione. E così si va avanti sempre.

Quando, alla fine degli anni ’90 l’IRAP sostituisce ILOR, CSSN e altri tributi minori, questa viene girata alla Regione, e così via.

Però, nel tempo succede una cosa molto strana. I contribuenti siciliani dichiarano 9 e la Regione si vede attribuire dall’Agenzia delle Entrate 5. Che fine fa il resto? Non si capisce bene. Da qui l’interrogazione parlamentare.

ATTENZIONE! Non stiamo parlando dei famosi tributi “maturati” in Sicilia e “riscossi” altrove di cui all’art. 37 (e comunque di cui al comune buon senso). Quelli la Sicilia non li ha mai visti. Non stiamo parlando di tributi di imprese “NON” siciliane che hanno sedi o stabilimenti in Sicilia. Quella è un’altra smisurata partita.

Qui stiamo parlando di tributi veri e propri riscossi in Sicilia da Siciliani. E non stiamo parlando neanche degli illegittimi “Accantonamenti” a favore dell’Erario, in cui, senza alcuna copertura nel suddetto decreto del 1965, teoricamente ancora vigente, lo Stato dal 2013 si appropria d’imperio pure di qualcosa di quei 5 che l’Agenzia attribuisce alla Regione. Anche quella è un’altra partita. Qui c’è proprio una squadratura contabile.

Il Governo risponde. E risponde spudoratamente che quei soldi se li frega e basta. In pratica, intanto misconosce tutta la giurisprudenza costituzionale, prendendo soltanto alcune sentenze, interpretate come dicono loro. Poi sostiene che, del decreto del 1965, che attribuisce intanto alla Sicilia tutto il riscosso (all’art. 2) e tutto il maturato ma riscosso allì’esterno (art. 4), si deve applicare solo l’art. 2 ma non l’art. 4. Perché? Così, per sfregio, “quia nominor leo” diceva la favola di Fedro (“perché sono il leone” e faccio la parte del leone, e guai a chi parla).
Ma questo atterrebbe all’attuazione dell’art. 37, che in questa interrogazione non è in questione.

Lo Stato scolla, senza alcun appiglio giuridico, il gettito di spettanza della Regione dalla sua “capacità tributaria”, cioè dai presupposti d’imposta che si verificano nel suo territorio. Cosa gravissima, poiché la Sicilia, a differenza delle Regioni a statuto ordinario, non vive di finanza derivata dallo Stato. La Sicilia vive (o meglio dovrebbe vivere, perché infatti sta morendo) di finanza propria, cioè dei tributi che raccoglie e che maturano nel suo territorio. Se lo Stato le toglie anche quelli è morte sicura.

Qui però stiamo parlando soltanto del riscosso, e qui la faccia di bronzo arriva al culmine. Secondo lo Stato, il “riscosso” è solo quello che i contribuenti siciliani versano alla posta o in banca con gli F24. Mentre tutti i versamenti telematici, ovvero le ritenute d’acconto diverse da quelle da lavoro dipendente versate da sostituti d’imposta esterni all’Isola, quelli sono – secondo il Governo nazionale – “riscossi” fuori dall’Isola. E quindi tanti saluti.

La cosa è gravissima, perché lo Stato ci sta dicendo che se faccio un versamento bancario da casa, con il mio conto corrente, è “come se” andassi a Roma a versare i tributi di mia spettanza, e quindi “NULLA TOCCA” alla Regione. Ma il mio conto corrente è qua! E’ qua che mi tolgono i soldi! E poi, che stiamo ancora a commentare? La cosa è talmente scandalosa che non dovrebbe meritare nemmeno commento.

E quindi, secondo questo sconsiderato ragionamento, man mano che i versamenti telematici crescono, il gettito della Regione deve fatalmente diminuire, fino a zero se necessario, mentre restano a carico della Regione tutte le funzioni a suo tempo accollate dallo Stato.

Reazioni dalla Sicilia ora che la truffa statale è alla luce del sole?
Nessuna, nessuno che abbia ricordato a Renzino il Magnifico, in visita nella Provincia Sicilia, che questa infamia grida giustizia? Nessuno!

Le solite ruffianate coloniali, e anche le contestazioni, del popolo tenuto nell’ignoranza, non hanno riguardato questo problema, che è la madre di tutte le sciagure finanziarie della Sicilia.
Ineffabile poi lo schiaffo finale dello Stato nella risposta parlamentare: nelle altre regioni a Statuto speciale non facciamo così? Embè? Lì abbiamo norme diverse, non ritagliate su co….oni come voi. Per voi c’è il tram, schiavi siciliani, attaccatevi!

Non mi credete? Ve la riporto testualmente e poi ditemi se non vi ho rovinato la giornata:

“E’ altrettanto ragionevole che la quota di IRPEF spettante alla Regione, rispetto all’ammontare complessivo dell’imposta netta dichiarata, risulti mediamente inferiore all’analoga quota attribuita alle altre autonomie speciali, in quanto i rispettivi Statuti e le relative norme di attuazione contengono disposizioni distributive differenti”.

Ragionevole? Che siamo inferiori? E questo ci sarebbe scritto nel nostro Statuto?
Dedicato a tutti i Siciliani che si sentono cittadini Italiani.
La chiudo qua.

Massimo Costa

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