Intellettuale, docente universitario, critico letterario e politico sui generis della sinistra italiana, Carlo Muscetta, con la sua figura, è stato capace di condizionare la storia culturale ed editoriale italiana. Una personalità di spicco del secolo scorso omaggiata, nei locali dell’archivio di Stato di Catania, con la presentazione del libro Il secolo lungo – Le carte, le lettere e i libri. Edito da Viella e scritto da Vincenzo Frustaci, responsabile della biblioteca romana dell’Archivio capitolino, il volume presenta documenti inediti e lettere personali, donati all’archivio romano dallo stesso Muscetta, e una bibliografia aggiornata. «È stato uno straordinario testimone del XX secolo – racconta Frustaci -. Vivendo intensamente la sua epoca storica, ha attraverso un secolo caratterizzato dalla dittatura, dalla rinascita degli anni Sessanta e Settanta, fino al pacifismo e antinuclearismo degli anni Ottanta. Con la città di Catania, dove ha insegnato per circa dodici anni, ha sempre avuto un ottimo rapporto, ed è stato capace di valorizzare molti giovani studiosi che, non a caso, oggi sono docenti universitari. Per anni – conclude Frustaci – mi sono occupato della risistemazione delle sue carte personali, perché sentivo la necessità di portare a conoscenza degli studiosi, e anche di tanti giovani, questa figura così importante».
Nato ad Avellino nel 1912, Muscetta si laurea nel 1934 a Firenze con una tesi su Francesco De Sanctis e la Francia. Qualche anno dopo si iscrive al partito fascista ottenendo un posto di insegnamento a Pescara. Si accosta successivamente al marxismo e nel 1943 viene arrestato per cospirazione antifascista insieme a Leone Ginzburg, morto durante la prigionia in via Tasso, con cui avrà un intenso scambio epistolare. Nel dopoguerra si iscrive al partito d’Azione per passare successivamente al partito Comunista, da cui si allontanerà nel 1957 per alcune divergenze con Palmiro Togliatti. Un’intera vita dedicata all’impegno politico e all’insegnamento nelle università di Catania, Roma e alla Sorbona di Parigi. «Sono stata un’allieva della prima ora di Muscetta – racconta Rosa Maria Monastra, già ordinaria di letteratura italiana dell’università di Catania -. Ricordo il suo arrivo in città e la sua prima lezione nel novembre del 1963. Il suo ruolo nella lotta contro il fascismo e la sua attività giornalistica ed editoriale erano già conosciuti dai giovani e c’era un’enorme attesa per il suo arrivo. Muscetta non ha deluso quelle aspettative, stabilendo subito un feeling straordinario con i giovani. Aveva un tono vitale quando parlava di letteratura – aggiunge la docente – ed era capace di entusiasmare chiunque lo ascoltasse. Basta ricordare che Giampiero Mughini, che si era iscritto in Giurisprudenza, cambiò facoltà per seguire Muscetta».
Dodici anni di magistero ai piedi dell’Etna che hanno lasciato un segno indelebile nell’ateneo catanese. Ironico, polemista e uomo dalla cultura sconfinata, capace di dominare tutta la letteratura italiana, dalle origini a quella contemporanea, in pieno Sessantotto contribuì al rinnovamento della vita universitaria, introducendo nuove discipline nei piani di studio, e interpretando, in maniera assolutamente innovativa, il rapporto tra docente e studente. «Io sono stata, nel 1968, l’ultima tra gli allievi siciliani – racconta Rosalba Galvagno, docente di Teoria della letteratura dell’università di Catania -. Ho conosciuto l’ultima fase di Muscetta, quella in cui si era aperto a tutte le novità parigine nel campo della teoria letteratura, che, non a caso, oggi insegno. Io fui subito attratta da questa immagine non conforme di professore che si definiva un eterno scolaro». Punto di riferimento negli anni della contestazione studentesca e dei grandi movimenti di massa, Muscetta appariva come a una sorta di ispiratore e padre spirituale. «Lui fu uno dei capi dentro l’università – prosegue Galvagno – creando scandalo, dato che tutti i professori erano schierati contro i movimenti studenteschi. Muscetta era un anticonformista e, come provocazione, in quegli anni mise in programma il libretto di Mao. Stava dalla parte degli studenti pur se rimase sempre un rigorosissimo professore di letteratura italiana. Una personalità amata e apprezzata dall’intellighenzia catanese, ma anche dalla borghesia e dall’aristocrazia etnea. È uno dei maestri dimenticati che deve essere conosciuto anche dai più giovani».
Nel 1974 Muscetta lasciò Catania per andare a insegnare alla Sorbona e nel 1976 passò definitivamente alla Sapienza. Rimase, comunque, indissolubilmente legato alla città etnea grazie a Marcella Tedeschi, italianista e sua assistente nell’università di Catania, sposata in seconde nozze, nel febbraio 1980, dopo la morte, nell’anno precedente, della moglie Lucia, che lo aveva aiutato a superare gli anni della Resistenza e della prigionia. Si stabilì in una villa sulla collina ad Aci Trezza dove morì nel 2004.
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