Il Rock n’ roll: questo bambino di 50 anni

Si è svolta nei locali dell’Auditorium musicale della Biblioteca Regionale la lezione-conferenza condotta dal Dott.Roberto Milone, celebre critico musicale, dal titolo “Tra Elvis ed Eminem: l’evoluzione degli stili in 50 anni di musica popolare”. L’incontro di ieri, come tutti gli appuntamenti del progetto artistico “Cultura e Musica”, è stato concepito dall’organizzazione della Biblioteca Regionale, come valorizzazione dell’interessantissima sezione musicale dello storico archivio di via Etnea 84. Lo spazio adibito a saletta conferenze è affascinante proprio perché immerso tra libri, stampe, vinili e molti cimeli aperti alla consultazione del pubblico.

Quello di Roberto Milone è stato un viaggio all’indietro alla ricerca delle origini del rock n’ roll per poi vagare, come fosse una futuristica macchina del tempo, tra le diverse epoche storiche in cui la ‘musica leggera’ ha acquistato voci, forme, sembianze e significati ogni volta differenti.

Dal “Good Rockin’ tonight” del ’47 al grande lago-rock degli anni in cui sono confluiti i due grossi affluenti del Blues dei neri e del Country dei bianchi, fino alla mescola di entrambi le correnti nella canzone di Elvis Presley.

Milone ha anche ricordato la canzone di contenuto sociale iniziata da personaggi come Woody Guthrie e Seeger e l’interpretazione del folk da parte dell’immortale e inossidabile Bob Dylan.

E così via verso gli anni ’60 e le canzoni di protesta, fino alla Pop Music e ai giorni nostri con il decadimento artistico-culturale causato dalla tirannia dell’immagine e della fretta compositiva. Pure la radio ha partecipato all’appiattimento della proposta musicale odierna: nelle pogrammazioni radiofoniche cade l’elemento di insegnamento a favore dell’esclusivo intrattenimento.

In aiuto alle spiegazioni di Milone sono arrivati gli spezzoni musicali che meglio di ogni altra cosa potevano rappresentare i suoni, i momenti storici del Rcok n’ Roll e le sue mille trasformazioni.

 

Dopo la conferenza Roberto Milone ha risposto a qualche domanda di Step1 sul rock di oggi:

 

 

E’ in uscita il nuovo disco polemico di Neil Young, i Pearl Jam sono ritornati con un omonimo sempre molto avvelenato e Springsteen ha inciso un omaggio al grande Pete Seeger. C’è una nuova ondata di canzone di protesta negli Stati Uniti?

Beh la recente partecipazione di protesta contro Bush (Vote for Change) dei vari Springsteen, R.E.M., Vedder ecc. sottolinea il fatto che la canzone, cosiddetta di protesta, forse non si è mai interrotta nella storia americana. Dalla penna arrabbiata di Guthrie, il padre di tutti cantautori americani, cantante che si definiva comunista e che scriveva canzoni sui lavoratori a Bob Dylan e Springsteen: cantautori che all’interno del sistema facevano e fanno della protesta colta. Fino a Neil Young che da canadese si trova all’esterno del sistema americano e che da lì puo’ chiedere direttamente a Bush di dimettersi. Ma l’artista è per definizione contro il potere sempre. Non siamo agli aspetti addirittura iconoclasti e sanguinari di Frank Zappa, dei MC5 o Jefferson Airplane, ma comunque dove c’è una canzone ed un potere forte ci sarà sempre un rigetto popolare.

 

Qual è la sua valutazione del rock in Italia?

C’è un ottimo livello. Gli artisti più celebrati sono grandi perché hanno capito la ricetta vincente: avere caratura anglo-americana da fondere con l’espressione e la peculiarità dei testi in italiano. Penso a Zucchero che rubacchiato il blues, Vasco Rossi che ha interiorizzato il rock statinitense. Io credo che uno dei migliori sia Mario Venuti perché ha una capacità formidabile nell’inzuppare la sua musica in tante correnti diverse, dai Beatles alla musica esotica.

 

Come giudica l’ondata impressionante di realtà indie? Pare un paradosso ma la globalizzazione che certamente riguarda da vicino anche il mondo discografico, ha di contro creato un proliferare di realtà sotterranee

Domanda interessante questa. Io credo che oggi sia più facile incidere e mostrare chi sei. Una volta una band era tale se si poteva toccare con mano un disco. Oggi, invece, con la tecnologia, internet e molto altro è più semplice per il giovane che imbraccia una chitarra farsi conoscere. Da questo nascono le migliaia di proposte musicali. Certo poi probabilmente di cento solo uno sarà un campione.  

 

È agli occhi di tutti che gruppi del calibro di U2, R.E.M. stiano vivendo una fase di profonda decadenza sia di immagine che di creatività. Cosa differenzia quei casi ad uno come Bowie che, vuoi o non vuoi, riesce sempre a cambiar pelle e produrre grande musica?

Bowie ha un talento straordinario, punto e basta. E’ vero che l’ultimo disco degli U2 (“How to dismantle an atomic bomb” ndr) se l’avesse prodotto un qualsiasi altro gruppetto da strapazzo gli avremmo tirato le pietrate in testa, ma certi periodi servono alle band per fare anche qualcosa di diverso. Bowie, rispetto agli altri, ha una capacità individuale maggiore nell’esprimere il suo talento. Poi è una domanda un po’ complessa perché molto ancorata a parametri soggettivi. Io ti posso dire che da fan sfegatato dei Rolling Stones, l’ultimo loro disco (“A Bigger Bang” ndr) l’avrei censurato..

 

E quindi crede che siano scelte artistiche consapevoli?

No, credo che sia il carburante che rimane per i loro motori

 

Una sua opinione sul giornalismo musicale? Lo segue?

Seguo i miei coetanei, quei vecchietti di Repubblica e il Corriere: Menegoni, Castaldo, Assante. Il lavoro che fate voi, però, è quello che serve veramente. Perchè per seguire la musica di oggi giova una lucidità che possono avere solo chi è giovane e conosce certe cose.

 

Come si fa a insegnare a un giovane di non “sentire”, ma piuttosto “ascoltare” la musica

Come in ogni cosa c’è una metodologia. Io credo che una buona metodologia possa permettere di studiare fenomeni come Gigi D’Alessio e Led Zeppelin allo stesso modo, ma alla fine di valutarne le dovute differenze e le abissali distanze artistiche.

Riccardo Marra

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