«Nessuna divisione nel gruppo consiliare di Forza Italia», parola del capogruppo Giulio Tantillo, fresco reduce della sconfitta elettorale al Senato che lo ha visto doppiare quanto a preferenze (oltre 60mila) la candidata del Partito democratico e soccombere solo agli 80 mila voti del candidato del Movimento 5 Stelle, Steni Di Piazza. Secondo Tantillo, che continuerà nel suo impegno a Palazzo delle Aquile, però, nonostante sia difficile poter applicare a livello locale gli esiti delle urne sul piano nazionale, è tempo per i partiti, primo di tutti il suo, di farsi delle domande per capire le motivazioni che hanno portato al boom pentastellato in Sicilia e a Palermo. «La città non ha subito lo scossone elettorale che invece si è sentito in altre parti – spiega a MeridioNews – Si aspettano però le mosse del sindaco dopo la sua adesione al Partito democratico».
Mosse di Orlando che secondo uno dei leader dell’opposizione in Consiglio, non riserveranno grandi sorprese. «Per la mia esperienza – continua – penso che in questo momento ogni forma di rimpasto o di aggiustamento all’interno dei gruppi consiliari sia stata allontanata dal risultato del Pd nella città di Palermo. Orlando non esce più forte da queste elezioni, ma di certo non si può imputare a lui il calo di consensi del partito. Di sicuro però ha scelto il momento peggiore per aderire ai Dem». Chi resta fermo sulle proprie percentuali, invece, è il centrodestra, che mantiene complessivamente il suo trenta per cento su base cittadina. «Non possiamo però non tenere conto in Sicilia e a Palermo della valanga a cinque stelle. Un quadro mutato anche rispetto alle Regionali. Devo pur dire che le elezioni politiche sono ben diverse dalle amministrative, perché quando ci sono le preferenze tutto cambia. Questa fase elettorale, però, deve fare riflettere tutti, anche quei partiti che hanno ottenuto un buon risultato».
Un risultato che per Tantillo ha delle responsabilità chiare, una su tutte la mancanza della percezione dell’azione politica nelle case e sui territori, che ha fatto crescere la sfiducia nei confronti dei partiti. «C’è stato un secco e netto 28 a zero. Questo ci dice che abbiamo il dovere di cogliere il cambiamento. Dobbiamo scendere nel territorio, ascoltare la gente, i veri problemi della gente. Questo non è stato, come si sente dire da più parti un voto di protesta, ma una richiesta d’aiuto accorata soprattutto da parte dei nuovi poveri di cui la politica non si è accorta. Si è tirato a campare sottovalutando il grande malessere che cresceva tra la gente. Forse magari i consiglieri comunali, che vivono i problemi del territorio, questo se l’aspettavano e tra questi mi iscrivo anche io».
Un input che spinge a rilanciare l’azione tra gli scranni di Sala delle Lapidi, specie per un partito come Forza Italia, che sembra avere mal digerito il risultato elettorale in una regione come la Sicilia, in cui è partito di governo. «Forza Italia ha il dovere di rimanere unita – va avanti Tantillo – ma soprattutto ha il dovere di fare un grande lavoro per capire i motivi che hanno portato così tante persone a votare M5s. Ci sono molti disoccupati, le imprese e le ditte artigianali chiudono, la burocrazia non riesce a fare più ripartire il motore produttivo della nostra terra, soprattutto qua in Sicilia e tutto questo non è stato colto e quindi dobbiamo capire come affrontare al meglio questi problemi». Da qui le perplessità sulla legge elettorale. «Sono sempre stato convinto che bisogni eleggere persone del territorio, giammai persone lontane: se chi è eletto parte e non si vede più sul suo territorio non può far altro che aggravare la situazione del partito. Di qualunque partito».
E parlamentare nazionale Giulio Tantillo lo è anche stato, per poche settimane, prendendo il posto di Riccardo Gallo Afflitto alla Camera dei deputati nell’ultima legislatura. «Pochi giorni dopo il mio insediamento alla Camera ho detto a mio figlio: “Credo che un parlamentare non incida proprio nulla sul territorio in cui vive salvo che non conosca i problemi del luogo”. È molto difficile conciliare il ruolo di deputato o senatore con la presenza sul territorio». La colpa però, il consigliere la dà ancora una volta alla legge elettorale: «Da quando sono venute a mancare le preferenze, nel 2005 – conclude – tutto è cambiato: si sono elette persone nominate sempre più lontane dal territorio e allo stesso tempo si è allontanato il territorio dalla politica. Chi vive la politica, in mancanza di un’esperienza da amministratore locale, non riuscirà mai a restare legato ai propri luoghi di appartenenza, indipendentemente da quale sia la sua forza politica».
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