Il Prof Costa sulle modifiche alla Statuto: “La vigilanza sulle banche spetta alla Sicilia”

Il professore Massimo Costa (nella foto), tra i massimi esperti in tema di Autonomia siciliana, interviene con un commento, sulle modifiche alla Statuto, in materia di credito, approvate ieri dal Consiglio dei ministri, su proposta della Regione siciliana. Nel nostro articolo, che potete leggere qui, abbiamo criticato la Regione per la debolezza delle richieste fatte a Roma. In particolare sui poteri della Banca d’Italia che restano intatti per la nostra regione, in contrasto con lo Statuto. Un’alternativa sarebbe possibile, come ha scritto lo stesso Costa, componente della Consulta regionale per i rapporti con lo Stato, in questo manifesto: “La Sicilia che vorrei”. Ci pare interessante farvi leggere cosa  pensa  in merito alle modifiche di ieri (non tutti leggono i commenti). Il professore è sicuramente più ferrato di noi.

“Diamo atto all’assessore Armao che, con questo governo eurocratico, ha ottenuto per la Sicilia il massimo che poteva: le stesse potestà che la costituzione riconosce alle regioni a statuto ordinario in materia di credito e in più le connesse funzioni amministrative. Ha difeso una trincea. Ma la vigilanza resta nelle mani della Banca d’Italia è questo non è nello Statuto- sottolinea il docente universitario. Che aggiunge:

“La riforma del 2001 detta norme generali sulle competenze statali, derogabili da quelle speciali. In particolare la Regione siciliana conserva competenza concorrente sul Credito e non solo sulle banche regionali come le altre regioni a statuto ordinario. Ma si fa finta di niente. Anche la concorrenza europea una volta tanto non c’entra niente. Se vige il principio europeo dell’Home Country Control, ogni Stato vigila le proprie banche secondo le normative europee.

E se l’Italia decentra per Costituzione (art. 20 Statuto) queste funzioni alla Regione Siciliana, la stessa vigilanza dovrebbe fare la Regione per tutte le banche che hanno sede legale nell’isola e non solo per le “banche regionali” come previsto per le regioni a statuto ordinario. Poi, se si farà l’Unione Bancaria Europea (altra gran bella cosa!), eventuali “grandi” banche che avessero sede in Sicilia (ma non ce n’è), sarebbero sottoposte direttamente alla vigilanza del nuovo organo europeo e sottratte a quella della Regione, come le “italiane” sarebbero sottratte parimenti a quelle di Bankitalia.

Quindi l’Europa e i mercati sono solo un paravento per sancire, con i decreti attuativi, il sostanziale spossessamento di funzioni sul credito alla Regione.


Ma, va pure detto, che rispetto alle norme obsolete del 1952, già abbondantemente inoperative per abusi, sentenze scandalo della Corte Costituzionale e incorporazioni selvagge delle nostre banche, si è fatto un piccolo passettino avanti.
Parliamoci chiaro: le “banche siciliane” sono ormai un “bidone vuoto” a cui fare la guardia. Ma questo governo regionale è riuscito a fare passare un principio. Le banche sono regionali non solo se hanno la totalità degli sportelli in Sicilia, ma anche se hanno una “piccola” operatività al di fuori (max 5 %). In quel caso restano regionali e quindi soggette alla potestà della Regione (peraltro assai limitata).
Insomma, come detto, si è fatto quel che si poteva. Ma il vero fatto è che la Sicilia, dentro l’Italia, non può far nulla, nulla di concreto almeno.
L’impianto statutario disegnava un quadro completamente diverso, e cioè di una Sicilia che ordina un proprio sistema creditizio, per quanto aperto all’Italia e oggi all’Europa, come un paese sovrano. Immaginate cosa significherebbe la concessione di licenze bancarie e la vigilanza decisa a Palermo, anziché a Roma. La Sicilia sarebbe una piazza finanziaria di prim’ordine, che peraltro darebbe anche posti di lavoro a centinaia di nostri giovani laureati in materie economiche e finanziarie.
Però, studiando bene le nuove norme, c’è uno spazietto interessante: si potrebbe concedere licenza bancaria all’IRFIS, e avere di nuovo una banca pubblica a servizio della politica economica e finanziaria regionale. Ma anche su questo un interrogativo: che vuol dire che ci vorrebbe anche per questo il “parere vincolante” della Banca d’Italia? Francamente non capisco: è un parere o è vincolante? Sa di “avvertimento degli amici” cui non si può dire di no. Ma una fiammella di speranza rimane. E coi tempi che corrono non è poco. La soluzione però è politica, e va conquistata in altra sede”.

Statuto siciliano, il Cdm approva le modifiche. Bankitalia resta il capo
La Sicilia che vorrei
Trattativa Stato-Regione, Costa for president

Redazione

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