Il 31 maggio 2017 è ricorso il 20simo anniversario della stagione di lotta e protesta del Popolo dei cancelli, i lavoratori della base aerea di Sigonella che si mobilitarono contro i tagli occupazionali e salariali decisi dal consorzio italo-americano dell’epoca. Una mobilitazione che costò enormi sacrifici, sia fisici che psicologici, a tutti coloro che vi presero parte. Il racconto di Salvatore Ventimiglia, sindacalista e rappresentante di quel movimento, mette in risalto «quella che fu una lotta per il lavoro e per i diritti, in una terra come quella siciliana dove non esiste libertà senza diritti».
La base militare di Sigonella era stata gestita per decenni dalla società Alisud. Nell’aprile 1997, invece, avrebbe preso il suo posto una joint-venture italo-statunitense, composta da Pae, Aviation Management e Climega. Ventimiglia spiega a MeridioNews che «dopo essersi aggiudicato l’appalto, il consorzio ci fece sapere che non avrebbe applicato il contratto e che, se non avessimo accettato, avrebbe sostituito i dipendenti refrattari con oltre 400 dipendenti coreani». I primi approcci videro quindi drasticamente modificate le condizioni normative e retributive dei lavoratori: «Ragion per cui organizzammo diverse vertenze, costituendo dei collegi sindacali. Ma dopo averne vinti ben quattro, l’azienda impedì la costituzione di nuovi collegi, ostacolandoci e producendo licenziamenti».
«Il 31 maggio cominciammo un presidio – prosegue Ventimiglia – alle porte di Sigonella, che durò per ben 19 giorni». I lavoratori aeroportuali avviarono da subito, insieme alle loro famiglie e ai colleghi della base militare di Napoli Capodichino, la mobilitazione di fronte i cancelli della struttura aeronautica. Durante i primi giorni furono diversi i tentativi per scuotere l’opinione pubblica e per trovare forze pronte a supportare il Popolo dei cancelli: «Distribuivamo volantini in italiano e in inglese, cercando delle alleanze sia in città sia tra gli americani. Organizzammo anche molte iniziative, spesso culminanti con incontri con figure politiche nelle relative sedi istituzionali». A seguito di un accordo parziale e inadeguato sottoscritto con il consorzio, alla stragrande maggioranza dei lavoratori «venne permesso il rientro, su 274 ne furono riaccolti 257 circa». Nonostante quanto accaduto, tagli retributivi consistenti furono applicati e numerosi diritti lavorativi andarono perduti: «Continuammo a portare avanti e a sostenere questa vertenza, per la fondatezza delle accuse rivolte al consorzio e per la sua importanza generale». In seguito a questi scioperi a singhiozzo, si raggiunsero quasi quattromila ore complessive nei cinque anni di vigenza di quel contratto di committenza.
Una battaglia «senza precedenti nella storia delle basi americane in Europa. La straordinaria lotta di classe culminò, l’anno seguente, in una grande manifestazione a cui aderirono tantissimi esponenti nazionali e internazionali». Nel 1998 venne pubblicato il libro intitolato Popolo dei cancelli durante la manifestazione a cui partecipò il regista britannico Ken Loach, simbolo del cinema di impegno sociale, il quale aiutò i lavoratori di Sigonella devolvendo il premio ricevuto al SalernoInFestival. Tra i partecipanti c’erano anche Claudio Fava, Erri De Luca, Alfiero Grandi e una delegazione dei lavoratori portuali di Liverpool. La sentenza finale, pubblicata nel dicembre del 2001 e confermata dalla Corte di Cassazione nel gennaio 2015, riconobbe «che tra azienda cessante e azienda subentrante fosse avvenuto un trasferimento di azienda: tutto quello che era avvenuto, semplicemente, non poteva avvenire secondo le modalità decise dal consorzio» spiega Ventimiglia.
Il ventennale della battaglia del Popolo dei cancelli è stato festeggiato con un incontro conviviale, nel corso del quale sono state consegnate delle targhe ai familiari dei compagni del movimento prematuramente scomparsi. «Abbiamo voluto che l’evento fosse non politicizzato: in quel periodo cercavamo alleanza politiche, non potevamo fare altrimenti, ieri abbiamo privilegiato l’aspetto del movimento fatto di uomini e donne in carne e ossa». Sono stati vissuti dei momenti drammatici da Ventimiglia, dai lottatori e dalle loro famiglie, uniti e unite in una lotta di popolo per «garantire il nostro diritto a lavorare. La vicenda va ricordata per la giustezza delle nostre istanze e per i temi che rimangono di grande attualità ancora oggi». Quella mobilitazione fa ormai parte della storia politica del Sud: «Abbiamo tante ragioni per ritenere quella vertenza una delle più importanti degli anni ’90 nel Meridione. Auspichiamo – conclude Ventimiglia – che le nuove generazioni possano imparare e prendere spunto dalla nostra battaglia di classe contro le ingiustizie».
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