Come stanno i corsi d’acqua palermitani? Male, molto male a volte. Lo certifica il monitoraggio e valutazione dello stato ecologico e chimico delle acque dei corpi idrici fluviali del distretto idrogeografico della Sicilia. Il report, curato dall’Arpa e composta da 443 pagine, si rifà al monitoraggio effettuato negli ultimi due anni dall’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. L’obiettivo è quello di arrivare a un piano di gestione delle risorse idriche «per il raggiungimento dell’obiettivo di uno stato buono per tutti i corpi idrici». Un obiettivo che al momento è una chimera, visto che nessun corso idrico ottiene al momento questo stato. Solo il bacino Pollina ha uno stato ecologico appena sufficiente. Per il resto la situazione attuale dunque è molto carente. E i motivi sono tanti: sversamenti, agricoltura invasiva, discariche dismesse, l’eccessiva vicinanza a strade ed autostrade. Col risultato che ne risentono flora e fauna, e dunque inevitabilmente anche l’essere umano.
Partiamo dal risultato migliore. Il bacino Pollina è posizionato nella parte centro settentrionale dell’Isola. «Prende origine dalla Madonie e si estende per poco meno di 400 chilometri – si legge nel report – nel territorio dei Comuni di Castelbuono, Isnello, San Mauro Castelverde, Geraci Siculo, Petralia Sottana, Pollina, Cefalù e, in piccole parti anche di Gratteri, Collesano, Scillato, Polizzi Generosa, al confine con la provincia di Messina. Per buona parte, nella porzione più ad ovest, è incluso nel Parco Naturale Regionale delle Madonie». Il bacino comprende fiumi e torrenti, e vanta per quel che riguarda i macroinvertebrati «una comunità ben strutturata». La figura migliore la fa il fiume Pollina, che ottiene in generale buoni risultati.
Tocca poi al bacino Lascari, collocato nel versante settentrionale dell’Isola e che raccoglie le acque di un’area piuttosto piccola (circa 60 kmq), interessando i Comuni di Lascari, Gratteri, Cefalù, Campofelice di Roccella e marginalmente Collesano. Qui è presente un unico torrente, che va in secca già a partire da maggio e presenta in generale «uno stato ecologico del corpo idrico che è scarso». Le cause? Molte. «Le pressioni sono identificabili nei siti contaminati (discariche dismesse di rifiuti urbani di contrada Serradise e contrada Olivazza, entrambe nel territorio di Lascari), nelle alterazioni idromorfoligiche causate dalle arginature artificiali e dalla presenza della rete viaria che attraversa il corso del fiume in più punti (la sp28, l’autostrada Palermo-Messina e la ss113), nonché nelle attività agricole e zootecniche».
Difficoltà anche per il bacino Roccella: questo corso d’acqua si estende per 58 chilometri e sfocia sul versante settentrionale della Sicilia. Interessa i Comuni di Gratteri, Campofelice di Roccella e Collesano. Anche qui scorre un solo torrente, omonimo al bacino. Ma «l’alveo fluviale è soggetto a profonde alterazioni»; ad esempio nel giugno 2017 si è verificata «un’interruzione temporanea del flusso, causata dallo sversamento di materiali inerti, probabilmente realizzato con l’ausilio di mezzi meccanici per il movimento terra». Non deve stupire, quindi, che lo stato ecologico del corpo idrico sia scarso. E anche in questo caso le ragioni sono tante: «le pressioni sono identificabili negli scarichi urbani, nella discarica dismessa di rifiuti urbani di contrada Gioppo del Comune di Collesano, nelle attività agricole e zootecniche oltre nelle alterazioni idrologiche causate dalla rete viaria».
Ben più grande, a livello di estensione, è il bacino Imera: 340 chilometri che si estendono lungo i Comuni di Scillato, Sclafani Bagni, Caltavuturo e Polizzi Generosa. Caratterizzato da fiumi e torrenti, il punto di incrocio tra essi è «la forte variabilità idromorfologica», con elevate «oscillazioni di portata» a causa delle piogge estreme di questi anni. A cambiare in parte gli equilibri sarà certamente il bypass nella sorgente di Scillato, che Amap intende realizzare per sopperire alle crisi idriche del capoluogo siciliano. La valutazione dello stato ecologico è scarso, per via della presenza di «siti contaminati». Ma non solo. «Nel corso di un sopralluogo effettuato nel 2017 – denuncia Arpa – si è verificato in corrispondenza della stazione, sul greto e sulle sponde, la presenza di scavi per la canalizzazione delle acque che, in piena, hanno allagato i campi circostanti».
Il bacino del Torto si estende per circa 420 chilometri e ricade nei Comuni di Alia, Aliminusa, Caccamo, Castronovo di Sicilia, Cerda, Lercara Friddi, Montemaggiore Belsito, Roccapalumba, Sciara, Sclafani Bagni, Termini Imerese, Valledolmo e Vicari. Una zona molto ampia, dove sono diffuse le coltivazioni agricoli estensive alternate a quelle specializzate e dove, ad appena 2,5 chilometri dal punto di campionamento Arpa, si immette lo scarico del depuratore comunale di Roccapalumba. Qui inoltre «c’è un sito contaminato». Tutte attività che «possono determinare, oltre alla contaminazione delle acque, anche l’alterazione degli habitat».
Tra i più estesi bacini d’acqua di Sicilia c’è quello di San Leonardo, che interessa i Comuni di Baucina, Caccamo, Campofelice di Fitalia, Castronovo di Sicilia, Cefalà Diana, Ciminna, Corleone, Godrano, Lercara Friddi, Marineo, Mezzojuso, Palazzo Adriano, Prizzi, Roccapalumba, Termini Imerese, Ventimiglia di Sicilia, Vicari e Villafrati. Qui il solo fiume Azzirolo «riceve lo scarico dei reflui depurati e non depurati dei Comuni di Godrano, Mezzojuso e Campofelice di Fitalia», quindi l’esito dello stato ecologico raggiunge appena la sufficienza.
E l’analisi dell’Arpa si conclude col punto più dolente, ovvero quello del bacino Nocella. Si estende per circa 98 chilometri tra i Comuni di Carini, Montelepre, Giardinello, Borgetto, Partinico e Trappeto. Sul fiume Nocella «insistono pressioni dovute a scarichi urbani non depurati e alla presenza di un sito contaminato (discarica dimessa di rifiuti urbani) e che riceve le acque del Fosso Raccuglia (noto anche come Puddastri) su cui insistono scarichi urbani, depurati e non. Pertanto il fiume Nocella è stato più volte interessato da fenomeni di forte inquinamento». Per individuare dunque le cause di questi continui sversamenti, la cui origine resta in parte ignota, l’Arpa ha fissato ben due stazioni di monitoraggio. «Inoltre dagli innumerevoli sopralluoghi effettuati sul corpo idrico, anche a seguito di segnalazioni, appare chiaro che sul corpo idrico insistono anche diverse altre pressioni, quali la stabulazione del bestiame in alveo, depositi incontrollati di rifiuti e sversamenti illeciti».
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