Il Perù e la marcia della vita

di Diego Torre

L’aborto in Perù è legale, ma di difficile realizzazione, ed il Governo vuole ampliare la possibilità di ricorrere ad esso, nonostante l’articolo 1 della Costituzione Politica nazionale affermi che “La difesa della persona umana e il rispetto per la sua dignità sono il fine supremo della società e dello Stato”. Vi è addirittura la “Giornata del Nascituro”, che viene commemorata ogni anno il 25 marzo, in base ad apposita legge, la n. 27654.

Ma la risposta del popolo peruviano è arrivata puntuale. All’annuale marcia per la vita, a Lima, stavolta erano il doppio. Tra i 250 e i 300 mila al grido: “Abbiamo tutti un bambino dentro di noi”, hanno raggiunto il Campo di Marte, dove l’evento si è concluso con un concerto.

Decine di migliaia di altre persone hanno marciato in altre città, tra cui 50.000 a Piura, oltre quelli di Trujillo, Iquitos, Huancayo e Arequipa. I mass-media ovviamente ne hanno parlato appena, come sono abituati a fare quando una notizia va nel senso opposto al politicamente corretto e al relativismo dominante. In alcuni casi hanno addirittura mostrato immagini di piccoli gruppi di persone. Il corteo era lungo circa 4 chilometri.

Papa Francesco ha espresso il suo sostegno all’iniziativa con un messaggio, in cui incoraggia i partecipanti a “fare ogni sforzo che aiuti ad accogliere la vita umana fin dal suo inizio, avendone cura, rispetto e tenerezza, e promuovendola sempre, perché la vita è il primo e fondamentale diritto di ogni uomo e donna”.

Particolarmente toccante, durante al conferenza stampa di presentazione della marcia, la testimonianza di Guillermo La Rosa, ex centravanti della nazionale peruviana soprannominato “El Tanque” (ossia, il carroarmato), per via della stazza fisica che lo aiutava a scavalcare le difese avversarie. Il goleador, autentico mito peruviano, ha dichiarato: “Dobbiamo difendere la vita del bambino indifeso. Talvolta la persona non vuole tenerlo perché vive una situazione non facile. Però quel bambino è una grazia, è un dono del Signore”.

Parlando di se stesso, si è dichiarato insoddisfatto di avere solo cinque figli. “Mio padre aveva undici figli – ha raccontato – e se lui non fosse nato, non sarei nato neanche io. I figli sono un dono di Dio”.

Ancora più toccante il racconto della sua personale esperienza per dissuadere dall’aborto una nipote. “Un giorno mia sorella è venuta da me, ero nella biblioteca di casa mia. Mi ha detto che sua figlia era incinta e che, essendo tanti in famiglia, avrebbero avuto difficoltà a sfamare un’altra bocca”. E lui prontamente replicò: “Se si mangia in due o in tre, si può mangiare anche in quattro”.

Oggi Giullermo guarda con fierezza il suo bel nipote ventitreenne.

 

Redazione

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