Da ieri il governo di Rosario Crocetta non conta più sull’appoggio del Partito democratico. E, inoltre, i quattro assessori del partito – Nino Bartolotta, Luca Bianchi, Mariella Lo Bello e Nelli Scilabra – sono chiamati a dimettersi. È quanto ha deciso la direzione del Pd riunita ieri che ha votato nella serata la mozione del segretario regionale Giuseppe Lupo accolta con 56 voti favorevoli e sette contrari. «Non ci sentiamo rappresentati in questa giunta di governo – ha affermato il segretario nel suo intervento – e agli assessori chiediamo liberamente di assumere le decisioni conseguenti, sapendo che comunque non rappresenterebbero più il gruppo del Pd».
A irrigidire progressivamente il clima ha contribuito la decisione dell’ex sindaco di Gela di non procedere ad un rimpasto della giunta. Immediata è giunta la replica del governatore, a Catania per fare visita agli agenti della sua scorta ricoverati dopo l’incidente di sabato: «Sono esterrefatto. In uno dei momenti più dolorosi della mia vita, con due agenti di scorta in rianimazione, mi trovo davanti al muro di gomma di un pezzo dei dirigenti del Pd – ha dichiarato ai giornalisti dell’Ansa – Mi tolgono sostegno? Si assumano responsabilità storica, io vado avanti, ho il mandato del popolo siciliano e della base del partito».
Il Pd, comunque, non voterà una mozione di sfiducia, ma si limiterà a esaminare i singoli emendamenti. Dunque, formalmente, Crocetta non ha più una maggioranza sulla quale contare. I titolari dei quattro assessorati in bilico – Infrastrutture, Economia, Ambiente e Formazione – se vorranno rimanere nella squadra di governo, lo faranno a titolo personale, incorrendo nel deferimento dal partito. La decisione di Bartolotta, Bianchi, Lo Bello e Scilabra si conoscerà solo stasera e influirà in maniera non indifferente sulle sorti di una Regione alle prese con riforme importanti e in lotta con un bilancio sul filo del rasoio.
Nella mozione del segretario Lupo è inclusa la proposta di non partecipare al vertice di maggioranza inizialmente convocato per domani. Una decisione che sembra non lasciare alcun margine al dialogo. E il segretario dà una spallata anche al Megafono, il partito del governatore: «Chi sta nel Megafono non può stare nel Pd». Ma nemmeno davanti a questo aut aut Rosario Crocetta ha mostrato segnali di cedimento: «Io non mi faccio condizionare da alcuno e non sarò il pupo di alcuno – ha affermato – Se c’è qualcuno che mi può domare è il popolo siciliano».
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