Il Panettone tra leggende e realtà

Sua maestà il Panettone ha fatto il suo trionfale ingresso anche quest’anno nelle case degli italiani. Il dolce natalizio per antonomasia, immancabile in tutto il periodo che va da Natale alla Befana, in perenne competizione con il Pandoro, viene prodotto ogni anno in decine e decine di versioni. Sull’origine del dolce che unisce gastronomicamente da Nord a Sud tutta la penisola italiana, isole comprese – pur rimanendo presenti le specialità culinarie tipiche locali – sono state raccontate tante leggende, ambientate quasi tutte presso la corte milanese di Ludovico il Moro, nel XV secolo. 

Una di queste leggende racconta che alla corte di Ludovico il Moro, fosse stata organizzata la preparazione di un dolce particolare e che durante la cottura in forno si fosse bruciato nella parte superiore. E nel guazzabuglio che si venne a creare, uno sguattero, tale Toni, ebbe l’idea di presentarlo ugualmente ai commensali, che aspettavano di completare il convivio con il dolce. Toni raccontò loro che il dolce era stato congegnato appositamente così, con la crosta. Il dolce ebbe successo. Un’altra leggenda, più romantica, vuole che un panettiere avesse fatto cadere per sbaglio canditi e uvetta nel contenitore nel quale si trovava l’impasto del pane e decise di regalarlo alla sua morosa, forse per ingraziarsela.
Ma se è vero che in quel periodo nasce accidentalmente questa icona natalizia, bisogna dire che già da secoli prima nelle tavole degli italiani si mangiavano dei dolci intorno al periodo in cui si celebrava il Natale.

Nel corso dei secoli le ricette del panettone hanno subito tante varianti: basti pensare che dalle cucine delle corti e dalle panetterie, si è passati alle pasticcerie e alle industrie alimentari. Il salto non è stato breve, come è facile intuire, e le modifiche apportate sono state diverse: forma, altezza, confezione e soprattutto ingredienti.
L’estate scorsa, in materia di produzione e vendita di taluni prodotti dolciari e da forno, si è espresso il Ministero delle attività produttive e il Ministero delle Politiche agricole, che con il decreto del 22 luglio del 2005  ( G.U. n. 177 del 1 – 8- 2005 ) ha voluto aumentare la trasparenza del mercato e informare adeguatamente il consumatore. 
Pazienza, per questo Natale non ci siamo arrivati, perché il regolamento entra in vigore il centottantesimo giorno successivo a quello della data della sua pubblicazione.  Vorrà dice che dall’anno prossimo sapremo meglio cosa ci mettono dentro.

La pasta del panettone si contraddistingue per la sua doppia lavorazione, che si ottiene con il lievito naturale, che gli conferisce la sofficità che dura mesi. Quello che noi mangiamo a dicembre può essere stato prodotto anche prima dell’estate. Tanto a mantenerlo soffice ci pensano i lieviti. Quali? 100 miliardi di saccaromiceti contenuti in un chilo di impasto e 2.000 miliardi di lattobacilli. Che significa tutto questo? Chiaramente che il panettone industriale che noi mangiamo in questi giorni non è certo il dolce che fa la mamma in casa. Farlo in casa è poco frequente, perché normalmente, per fare un buon panettone, la quantità di pasta che si deve lavorare supera le dosi per una famiglia. Non verrebbe bene allo stesso modo di quello fatto in pasticceria, che, se da una parte contiene meno conservanti, dall’altra costa per tre volte quello industriale.

Ma dopo tutto, i conservanti li troviamo tutto l’anno anche in altri prodotti alimentari e non. Quindi perché pensarci proprio quando mangiamo il Panettone? Comunque sia, in questi giorni sua Maestà il Panettone viene celebrato nel capoluogo lombardo con la mostra “Il grande pane di Milano. Storia e storie del panettone” inaugurata il 2 dicembre e che resterà aperta fino al 3 febbraio 2006. In alcune parti d’Italia il consumo del “pan di Toni” va oltre il periodo natalizio.
Ad esempio, per la festa di S. Biagio– che cade il 3 febbraio – nella città di Milano e nei paesi in cui si venera il santo che viene invocato contro il mal di gola, il panettone che rimane, viene consumato per smaltirlo definitivamente. Ma i catenesi per quella data saranno già con le olivette di S. Agata in mano.

Melania Mertoli

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