Il palazzo tolto alla mafia che aspetta di diventare caserma «Capire perché i carabinieri non ne hanno preso possesso»

Il palazzo Riela a Misterbianco è uno dei tanti beni confiscati alla mafia in Sicilia che si trovano in stato di abbandono. «È stato assegnato ai carabinieri che però ancora, nonostante siano passati anni dalla confisca e dalla destinazione, non ne hanno preso possesso». La denuncia arriva a MeridioNews da Matteo Iannitti e Giovanni Caruso de I Siciliani Giovani che, insieme ad Arci Sicilia, stanno girando l’isola a bordo di un pulmino per il progetto della carovana Le scarpe dell’antimafia. In cammino tra beni confiscati e diritti calpestati

«Qua dentro c’è una doppia sconfitta – spiegano gli attivisti – la prima è quella di avere un patrimonio immobiliare dello Stato in totale abbandono con uno spreco di risorse». Perché le forze dell’ordine, nel frattempo, si appoggiano in locali presi in affitto da privati. «Ma c’è anche una sconfitta dal punto di vista simbolico – aggiungono – perché questo bene funzionava quando era nelle mani della mafia mentre ora, invece, viene lasciato in queste condizioni». Gli attivisti adesso si sono impegnati in una interlocuzione con il comando provinciale dei carabinieri per capire il motivo. «Se il problema sono i soldi – concludono gli attivisti – potrebbero essere utilizzati quelli del fondo giustizia, ovvero proprio quelli che si confiscano alle mafie». Dall’Arma fanno sapere che l’immobile è stato consegnato dall’agenzia del Demanio nell’ottobre 2018 e che il comando ha interessato negli anni il provveditorato interregionale per ottenere il finanziamento dei lavori necessari alla ristrutturazione. Al momento però si attendono ancora le decisioni dell’ufficio scolastico. 

La carovana oggi, domani e domenica farà tappa nella provincia di Catania: da Misterbianco ad Acireale, da Militello in Val di Catania a Palagonia, da Ramacca a Caltagirone passando anche per Gravina di Catania e Pedara. «Un tour della Sicilia organizzato per fare sullo stato dei beni confiscati – spiegano da I Siciliani Giovani e Arci – tra buone pratiche, storie di abbandono e mafiosi che vi abitano indisturbati». Un viaggio che ha anche l’obiettivo finale di realizzare una legge che destini a uso sociale i soldi dei mafiosi. «Miliardi di euro oggi gestiti in maniera opaca che possono essere spesi – concludono gli attivisti – per riqualificare il patrimonio immobiliare confiscato e per dare prospettive a chi oggi è ai margini o costretto a emigrare».

Marta Silvestre

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