«Non è solo un nanno col giubbotto blu, ma contiene una parte dell’intera umanità». È lo stesso autore Emiliano Colomasi a svelare a MeridioNews che, in realtà, quel nanno col giubbotto blu che ha ispirato e dato il titolo al suo romanzo (pubblicato da Scatole parlanti) non esiste. L’idea del personaggio, a cui i siracusani si sono affezionati già a partire dal primo periodo della pandemia, «nasce da una donna sulla cinquantina che, poco rispettosa delle prescrizioni per il contenimento del nuovo coronavirus, passava ogni giorno sotto casa mia indossando un giubbotto di colore blu».
Un indumento diventato il simbolo della voglia di evasione durante il lockdown e di una parte di mondo semideserto visto da un balcone che si affaccia sul lungomare di levante di Siracusa. Mentre tutti sono chiusi in casa, c’è una comitiva di anziani impenitenti che passeggiano, comprano pescato di frodo da altri anziani, fumano per strada e urlano infrangendo qualsiasi regola. Il loro capo è lui, il nanno col giubbotto blu. Un racconto a puntate, pubblicato con cadenza quasi quotidiana sul blog satirico Archimete Pitacorico – talmente provinciale da essere universale, che poi è diventato un libro. «Era nato come un diario di avventure viste dal balcone – racconta Colomasi – a metà tra verità e immaginazione con una narrazione surreale che, specie in quei momenti, era funzionale per stemperare la realtà che tutti stavamo vivendo».
Storie che mettono l’accento su spaccati sociali che esistevano anche prima ma che con la pandemia si sono accentuati. «Non parlerei solo di una cifra di siracusanità che, pur essendo presente – ammette l’autore – credo sia diventato ormai un termine eccessivamente abusato, anche da me. Direi piuttosto che sono dei tratti che si possono ritrovare, anche se con le dovute differenze, anche in altri luoghi e non per forza soltanto nelle città del sud». Tratti che nel nanno si trovano concentrati. «In quel personaggio è rinchiuso anche tutto il contrario di quello che siamo, l’altra faccia di ciascuno di noi ma pure tutto quello che potremmo diventare». Non proprio un alter ego, quanto piuttosto una «personalità che esiste in ciascuno di noi – conclude Colomasi – solo che nella maggior parte delle persone resta repressa perché tendiamo a nasconderla e a non mettere in atto certi comportamenti».
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